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Inclusione

Per ascoltarmi, dovete aprire gli occhi

di Paolo Puddu

Per parlare, Paolo Puddu sposta gli occhi su una tavoletta con l'alfabeto. Con questo tipo di comunicazione, è stato il primo in Italia a laurearsi e oggi è impegnato nel turismo accessibile. Questi traguardi, raccontati ora in un corto, li ha raggiunti anche grazie ai piani personalizzati, per cui la Sardegna è un modello

La mia famiglia è composta da quattro persone: mio babbo è medico, mia mamma è farmacista, mia sorella Elena è una studentessa e poi ci sono io, che sei anni fa mi sono laureato in operatore culturale per il turismo. Quando io sono nato, i miei genitori erano giovani e impauriti, ma si sono subito impegnati al massimo per farmi vivere una vita ricca di esperienze e di tante avventure. Insieme facciamo molte cose: andiamo in barca a vela (…io sono il capitano!), viaggiamo, andiamo a teatro e al cinema, usciamo con amici.

Da bambino ho sempre avuto una vita normale, solo con molti impegni in più. Voi da bambini giocavate, guardavate i cartoni in tv, andavate all’asilo… Anch’io ci sono andato, però solo la mattina, perché fin da piccolissimo avevo un allenamento speciale da svolgere tutti i giorni, la terapia Doman. I miei principali “allenatori” erano i miei genitori, con molti amici che li aiutavano: in questo modo ho conosciuto persone veramente simpatiche e divertenti. Ogni giorno dovevo fare moltissimi schemi, cioè esercizi che duravano 5 minuti l’uno: per esempio io stavo sul tavolo sdraiato pancia in giù e intorno avevo tre persone, una mi girava la testa e le altre due muovevano le braccia e i piedi e tutti insieme cantavamo. Ho vissuto in un clima molto allegro, ogni giorno era una festa, tutti scherzavano e cantavano…

Alla scuola elementare ho avuto una maestra molto brava, che trovava un sacco di strategie perché io potessi giocare con tutti i miei compagni! Maestra Nuccia – questo il suo nome – è ancora nostra amica e grazie a lei ho un bel ricordo delle scuole elementari. Anche alle scuole medie è andato tutto abbastanza bene, ho avuto un bel rapporto con docenti e compagni, ma purtroppo a volte ho visto che le mie competenze non erano riconosciute: per esempio la professoressa di sostegno voleva che l’accompagnassi ogni giorno a fare la spesa, per imparare a conoscere i soldi. Ma io i soldi li conoscevo già bene e non sapevo più come farlo capire a lei! Io preferivo di gran lunga lavorare in classe con tutti i miei amici e i professori.

Ho sostenuto l’esame di maturità e mi hanno promosso con 80: niente male per uno che secondo l’insegnante di sostegno delle medie doveva solo imparare a conoscere i soldi e accompagnarla a fare la spesa!

Dopo le scuole medie mi sono iscritto al liceo classico: un’esperienza terribile! In questa scuola non hanno minimamente creduto in ciò che io potevo fare. Ad aprile ho deciso che non volevo più studiare lì neanche sotto tortura… non erano abbastanza preparati per starmi dietro. Mi sono iscritto all’istituto per i servizi sociali Sandro Pertini di Cagliari, sono stato sempre contento perché studiavamo molto ma facevamo anche stage interessanti. Ho sostenuto l’esame di maturità e mi hanno promosso con 80: niente male per uno che secondo l’insegnante di sostegno delle medie doveva solo imparare a conoscere i soldi e accompagnarla a fare la spesa!

In generale ho avuto un bel rapporto con i professori e i miei compagni. Se ancora oggi, a tanti anni dal diploma, sono in contatto con diverse mie compagne, significa che siamo riusciti a costruire un bel rapporto. Anche se devo dirvi la verità in qualche momento ho sofferto di solitudine… non sempre i compagni mi includevano nella vita di classe. Per cui, ragazzi, vorrei consigliarvi di aiutare i vostri compagni con disabilità e coinvolgerli il più possibile nei vostri discorsi e nei giochi, quando andate in gita rendeteli partecipi dell’esperienza che insieme state vivendo, state vicino a loro non lasciateli soli con l’insegnante di sostegno, con l’educatore o con il genitore che lo sta accompagnando. Ragazzi, ve lo dico per esperienza personale, io l’ho vissuto sulla mia pelle… questo atteggiamento fa soffrire!

Non sempre i compagni mi includevano nella vita di classe. Per cui, ragazzi, vorrei consigliarvi di aiutare i vostri compagni con disabilità e coinvolgerli il più possibile nei vostri discorsi e nei giochi, quando andate in gita state vicino a loro non lasciateli soli con l’insegnante di sostegno, con l’educatore o con il genitore che lo sta accompagnando. Ragazzi, ve lo dico per esperienza personale, io l’ho vissuto sulla mia pelle… questo atteggiamento fa soffrire!

Dopo le scuole superiori, non avevo nessuna intenzione di far rattrappire il mio cervelli, quindi mi sono iscritto all’Università nella facoltà di Lettere ad indirizzo turistico. Dopo tantissimi esami, con il supporto di un’assistente alla comunicazione che mi aiutasse a comunicare con la tavoletta con chi non la sa usare, mi sono laureato con il massimo dei voti. È stata una giornata molto emozionante per me e per tutte le persone che mi vogliono bene e che sempre mi hanno sostenuto. Era la prima volta che in Italia si laureava un ragazzo con una disabilità grave come la mia e che usa il mio tipo di comunicazione. La mia laurea mi ha fatto diventare molto famoso: tutti erano affascinati dal fatto che usando solo gli occhi potessi aver raggiunto un così importante traguardo. Ragazzi, mi conoscete da poco, ma penso che abbiate già capito che sono un gran chiacchierone: anche se non parlo con la voce come fatte voi, in realtà non sto mai zitto!

Io uso i piedi per indicare la direzione, la testa per dire sì e no, e basta guardarmi in faccia per capire ciò che mi frulla in testa. Da piccolo per me era una vera tortura non poter rispondere per le rime a quei bambini che mi indicavano e dicevano che ero sulla sedia a rotelle. Quando avevo 15 anni ho conosciuto la tavoletta che vedete e che ancora oggi mi serve per comunicare. Sapete come la chiamo? L’ho ribattezzata I-Puddu (Puddu è il mio cognome). In realtà la tavoletta è un semplicissimo ed economico pezzo di plastica, che però per me ha un valore inestimabile perché mi permette di esprimermi e dire tutto ciò che penso! La tavola è una specie di magia: un pezzo di plastica rettangolare trasparente, con scritte sopra le lettere dell’alfabeto, io guardo le lettere appiccicate alla tavoletta e la persona con la quale sto parlando deve leggerle a voce alta. Per me significa moltissimo, perché mi permette di comunicare con tutti e grazie a questo il mio rapporto con le persone è decisamente migliorato! Quindi se una persona vuol parlare con me, non deve aprire le orecchie, ma gli occhi! E capite bene che per mettere nelle condizioni di comunicare anche chi non parla, come me, non servono tanti soldi.

Un aspetto molto importante della mia vita è lo sport. Da circa quattro anni ho iniziato a praticare uno sport: gioco a boccia paralimpica. Lo sport per me è libertà. Anche una persona con una disabilità grave come la mia può praticare sport, basta solo scoprire quali sono gli interessi e cercare le strategie e gli ausili necessari per praticarlo. Ho necessità di un assistente per compiere le azioni di gioco, ma chi decide la strategia di gioco sono io! Il mio assistente non vede il campo di gioco (gli dà le spalle) e deve solo aiutarmi a posizionare la canaletta nella direzione e all’altezza che io ho ritenuto giusta, dove io poi farò scivolare la pallina.

Lo sport per me è libertà. Anche una persona con una disabilità grave come la mia può praticare sport, basta solo scoprire quali sono gli interessi e cercare le strategie e gli ausili necessari per praticarlo.

Un altro progetto in cui sono impegnato si chiama “Officina per la vita indipendente”. Ogni martedì ci incontriamo con i ragazzi più grandi dell’ABC Sardegna, l’associazione di cui faccio parte. Sono talmente contento di questo progetto che già dal lunedì sera sono felicissimo al solo pensiero di incontrare i miei amici e di fare insieme a loro tante cose interessanti! Lavoriamo insieme per costruire una nostra vita, quanto più possibile autonoma. Ogni attività del gruppo è decisa tutti insieme, perché tutti noi abbiamo il desiderio di essere protagonisti nella vita del gruppo e nella nostra vita personale. L’esperienza che mi piace di più è il pranzo in autonomia: organizziamo tutto noi ragazzi, pensiamo al menù, cerchiamo su internet le ricette, facciamo la spesa, poi cuciniamo e mangiamo tutti insieme.

Con un gruppo di amici inoltre abbiamo fondato un’associazione, Futuribile (acronimo di futuro turismo accessibile): insieme ai ragazzi dell’ABC Sardegna testiamo personalmente i percorsi accessibili da proporre all’interno della manifestazione “Monumenti aperti”.

Vi ho raccontato la mia esperienza di vita per farvi capire che il vostro sguardo deve andare oltre la carrozzina sulla quale io sono seduto. Il vostro sguardo deve essere attento a guardare proprio me, a vedere Paolo come persona! Io sono Paolo, un ragazzo che ha necessità di tanti supporti, ma come tutti voi desidero vivere la mia vita al massimo: studiando, facendo sport, viaggiando, andando al cinema e in pizzeria, giocando, usando Fb… e divertendomi tantissimo!


Questo brano è una sintesi di un testo redatto da Paolo Puddu in occasione di un convegno. Paolo domani porterà la propria testimonianza di vita durante il convegno Partecipare, coprogettare, includere, organizzato a Cagliari dalla Federazione ABC- Associazione Bambini Cerebrolesi. Paolo interverrà nel workshop dedicato all'educazione nell'ottica dell'articolo 24 della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità. Il Convegno ha 900 iscritti da tutta Italia. Il video nell'articolo è il trailer del corto "La leggerezza di esserci" prodotto da ABC con il supporto di alcuni partner sociali, che verrà presentato in anteprima questa sera al Cinema Odissea di Cagliari: il corto parla delle esperienze di alcuni ragazzi con disabilità nell'ambito dei piani personalizzati realizzati grazie alla legge 162, per cui la Sardegna è modello in Italia. Paolo è al minuto 0:49.


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