#Covid19

L’Oasi di Troina e il gioco degli abbracci a distanza

di Alessandro Puglia

In Sicilia, in provincia di Enna, nella struttura da sempre in prima linea nella cura e nella ricerca del ritardo mentale quasi la metà dei pazienti e degli operatori hanno contratto il virus. Due delle ospiti sono morte. Dalla fortezza dove sono barricati sin dal primo giorno i medici si inventano giochi per i loro “bambini”

L’ultimo gioco che si sono inventati medici e operatori sanitari per i loro “bambini” è quello dell’abbraccio a distanza. «Perché loro sono come degli angeli, non conoscono il male, non sanno cos’è il pericolo», racconta Maria Schillaci, 62 anni, da oltre 40 anni volontaria dell’Oasi Maria Santissima di Troina.

Qui, in questa struttura nata nel 1953 per volere del suo fondatore, padre Luigi Ferlauto, che in quegli anni, dall’esigenza di dare un ricovero ai tanti “bambini” disabili, andava in giro chiedendo «un mattone per l’oasi», il virus da un semplice fiammifero è esploso. Ed ora, stando all’ultimo bollettino aggiornato sono 135 su 376 persone presenti all'interno della struttura i casi positivi, 80 pazienti e 55 operatori, 7 le persone ricoverate, mentre si attende l'esito di altri 40 tamponi. Due donne di 51 e 52 anni sono morte nei giorni scorsi all’ospedale Umberto I di Enna.

Perché il virus attacca tutti, ma attacca soprattutto chi è più fragile e le due “ragazze”, come le chiamano qui, avevano un quadro clinico già complicato. Perché la disabilità porta con sé diversi tipi di patologie. «L’ultima delle ragazze che se ne è andata ad esempio aveva subito un drastico peggioramento negli ultimi giorni tanto da finire in carrozzina, il virus è stato fatale», racconta Maria che oggi cerca di aiutare come può i suoi colleghi con cui riorganizza spazi e stanze e mette in pratica protocolli di sicurezza: perché qui alla fine sarà il virus che morirà.

«E tu chi sei?», chiede uno dei “bambini” a Pippo che con tuta e maschera protettiva sembra un marziano. Pippo Calabrese è un medico di lungo corso qui all’Oasi di Troina. Quando è cominciata l’emergenza ha fatto le valigie e si è barricato dentro, non rientrando più a casa per proteggere la sua famiglia e per svolgere al meglio la sua missione. «Sua moglie gli prepara la biancheria, cerchiamo di non far mancare nulla ai nostri medici e operatori, dal cibo al caffè», racconta Maria.

Pippo come Donatella, come Aurelio. Medici che oggi giocano a Indovina chi con i loro bambini. Alcuni dei dottori e degli infermieri hanno aggiunto il loro nome a penna nella tuta protettiva.

Nell’oasi quanto mai lontana sono arrivati anche 16 infermieri della Marina Militare e 3 ufficiali della “Brigata Aosta” dell’Esercito Italiano. Anche loro stanno imparando a conoscere i ragazzi e a socializzare con loro. Ma nel loro immaginario quegli uomini in divisa fanno pure parte del gioco. «Quando li hanno visti arrivare hanno detto sorridendo: sono arrivati anche i soldatini!».

L’Oasi. La fortezza. Luoghi remoti che nel racconto collettivo di questa strage piombano sulle nostre case: «La vicenda di Troina è paradigmatica di come il coronavirus sta portando via da queste terre tante persone, spesso le più fragili e indifese. Quello che sta accadendo in tante strutture in cui sono state consegnate all’oblio persone anziane, disabili, con dipendenza, immigrate, è un modo brutale per farci comprendere cosa voglia dire che nessuno va lasciato solo, che non è giusta né civile una società che emargina la sua parte più fragile dentro luoghi inaccessibili, fingendo che quella parte non esista», commenta Dino Barbarossa, presidente di Fondazione Ebbene.

Troina, la zona rossa della Sicilia, si è ormai chiusa in sé stessa. Ma l’amore per quei bambini continua a viaggiare in modalità diverse, perché non deve mai mancare. A dare il suo contributo per sconfiggere il virus è arrivato Fabrizio Pulvirenti, l’infettivologo all’epoca medico-soldato di Emergency che è guarito dall’Ebola dopo 39 giorni di isolamento allo Spallanzani di Roma.

Ad esprimere grande vicinanza alla sua comunità è anche il sindaco Fabio Venezia, sotto scorta per le sue battaglie contro la mafia dei pascoli ora in quarantena nella sua abitazione per combattere una nuova battaglia. Dall’ospedale di Enna è invece arrivato l’audio di Padre Silvio Rotondo, presidente dell’Oasi di Troina: «La cosa importante – ha detto – è che ne veniamo fuori insieme. Nessuno potrebbe seguire i ragazzi come noi, non perché siamo eroi, ma perché sappiamo che dobbiamo aiutare persone che dallo sguardo ricevono vita».

Lo sguardo di medici e operatori che presto si spera tornerà a splendere per i propri bambini, al di là del gioco di un abbraccio a distanza.

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Padre Luigi Ferlauto

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