Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Razzismo

«Sono torinese, mi spiegate dove dovrei andare?»

di Luigi Alfonso

Lei è di origine maghrebina, ma questo non basta a giustificare le decine di commenti beceri che accompagnano i reportage su Instagram di questa ragazza e del suo fidanzato in giro per il mondo. Hind riflette su una situazione paradossale, ma non troppo. Vanlife come stile di vita, ma anche un'attività imprenditoriale che sta riscuotendo un certo successo

È una colpa avere genitori originari del Marocco piuttosto che italiani? Non affrettatevi a rispondere, magari in maniera annoiata, dando per scontato che no, non può essere una colpa. In un Paese (il nostro) che ogni giorno di più si accorge di attraversare un’epoca di grandi trasformazioni sociali, ma anche che nella pancia di molti nostri connazionali ribollono rigurgiti razzisti, nulla può essere dato per scontato. La storia di Hind è emblematica. Lei ha 25 anni, è nata a Torino, dunque è italiana a tutti gli effetti. È fidanzata con un coetaneo, Michele, dal 2017. Un viaggio in Sardegna, a bordo di un van, ha cambiato le loro vite: in quell’occasione si sono resi conto di volerci vivere, in un van, anche se non potevano permetterselo. Hanno investito i loro risparmi per acquistare un furgone Peugeot Boxer che hanno modificato e trasformato in un camper. La restante parte dei soldi è servita per comprare un capannone che oggi consente loro di portare avanti un progetto imprenditoriale innovativo: progettare e costruire van interamente alimentati con energie rinnovabili, convertendo veicoli nati per un’altra funzione, cioè il trasporto di persone o merci. C’è chi li utilizza per fare dei viaggi, chi ci vive. Esattamente come fanno loro due. Il vanlife è uno stile di vita, se vogliamo, alternativo rispetto a quello abituale per i più. Ma non è rarissimo.

Che ci azzecca tutto questo con il razzismo? Tutto parte dai racconti che Hind e Michele hanno iniziato a scrivere sui loro canali social, in particolare su Instagram (sul profilo ringosaround: alcuni video hanno superato i 3,6 milioni di visualizzazioni, tanto per capirci). Parlano dei loro viaggi on the road, di esperienze straordinarie ma, in fondo, comuni a tante altre fatte da persone di mille Paesi. Forse, per il solo fatto di avere radici nel Maghreb (qualcuno per questo la definisce mulatta), Hind ha attirato l’attenzione di parecchi imbecilli oltre che di numerosi followers sinceramente interessati ai contenuti che propongono. Parecchie persone li hanno apostrofati (lei in particolare) nei modi più beceri e volgari possibili.

Ieri i due giovani hanno deciso di postare un reel, nel quale Hind chiede molto serenamente: «Che cosa succede nel 2023 quando decidi di condividere sui social media il tuo viaggio in giro per il Marocco a bordo di una Panda 4×4? Questo». E mostra alcuni messaggi che si commentano da soli: “Morti di fame”, “Va là che a te marocchina è andata bene… hai trovato la manna qua”, “Restaci in maroco” (sì, con la M minuscola e una sola C: evviva l’ignoranza cosmica).

«Sono nata a Torino e sono cresciuta per 25 anni in Italia e in giro per il mondo», spiega lei, con un’aria decisamente sconsolata. «È il 2023 e io devo ancora spiegare che, quando mi dicono “Tornatene nel tuo Paese” oppure “Vattene via”, in realtà non mi offendono: mi confondono. L’Italia è il mio Paese, adoro la lasagna, il gelato, la parmigiana. Qui ho le mie amicizie, qui ho i miei affetti e qui ho il mio ragazzo. Dove altro dovrei andare? Qual è il mio Paese?».

Poi perfeziona in un post il suo pensiero, già chiarissimo per la verità. «In questi ultimi mesi, da quando sui social media abbiamo raggiunto un pubblico sempre più numeroso di persone, oltre al tanto affetto abbiamo iniziato a collezionare sempre più insulti: alcuni soft, altri più pesanti… tanto più pesanti. Un misto di odio, razzismo, misoginia, xenofobia: commenti ripugnanti, squallidi, orribili e impensabili nel 2023. Eppure… Vorrei fare una riflessione più lunga in merito a ciò, ma la verità è che non ho parole. Non so cosa dire. Cosa si può dire di fronte a così tanta ignoranza? Come si risponde all’odio e ai commenti razzisti? Ho 25 anni ormai e queste parole le ho sentite pronunciare più volte dalle persone, rivolte a me o ai miei familiari. Le ho sentite e non lette, ai tempi in cui i leoni da tastiera non esistevano ancora, perché la cattiveria la potevi sputare in faccia alle persone, senza nasconderti dietro ad uno schermo: al mercato, nei negozi, alle poste, sul pullman. Scivolano. Con il tempo non ci si fa più caso (oppure si finge di farci caso?) sebbene comunque facciano male. Un attimo sei pienamente cosciente della tua identità, e un attimo dopo ti dicono che non è così: e allora chi sei?».

«Cosa fare? Rispondere o tacere?», prosegue Hind. «Quali sono le parole giuste con le quali rispondere? C’è una cura al razzismo? Come si cura la xenofobia? In questi 25 anni non ho mai capito cosa sia meglio fare: ho semplicemente taciuto. Per “curare” l’ignoranza c’è la scuola, ma per la xenofobia cosa c’è?». Domande che forse non troveranno risposte. Non tutte, per lo meno.

A vederli, sono una bella coppia di giovani. E forse questa è un’altra chiave di lettura. Fanno invidia a tanti. Probabilmente a chi trascorre una vita anonima, senza un guizzo, un’idea da portare avanti, un sogno da raggiungere, l’ambizione di andare fuori dai cliché e dall’ordinario. Il fascino innegabile di Hind probabilmente dà fastidio a quanti vorrebbero trovarsi al posto di Michele, ma non lo confesseranno mai. Contrariamente a quanto si possa pensare, molti dei “leoni da tastiera” citati da Hind non si nascondono dietro un nickname o uno pseudonimo: ci mettono nome, cognome e persino la foto del profilo. Perché non si vergognano più di uscire allo scoperto. Gente di tutte le età, non solo ragazzini alle prese con turbamenti o confusioni adolescenziali. Ma tra i commenti che compaiono nell’ultimo reel (insieme alle 274mila visualizzazioni collezionate in appena ventiquattr’ore), ce n’è uno che sintetizza bene il pensiero della stragrande maggioranza di follower: “Quei commenti indicano i loro Limiti, NON I VOSTRI. Per ognuno di quei commenti ne avete altri 100 di persone che vi invidiano in modo sano e che ispirate❤️. Fateci vedere il deserto”. Sì, Hind e Michele, continuate a fateci vedere il deserto e le altre bellezze del Marocco, a proporci i reportage tra le cime innevate di un Paese asiatico piuttosto che le tante mete visitate in Italia. Il nostro, il vostro Paese. Tutto da scoprire. Continuate a stupirci, e a stupirvi dello straordinario mondo che ci circonda. Ma mettete nel conto che, in questo mondo, vivono pure tanti cretini. Purtroppo.

Se volete seguire il profilo YouTube dei “Ringos Around” Hind e Michele, cliccate qui.


La rivista dell’innovazione sociale.

Abbònati a VITA per leggere il magazine e accedere a contenuti
e funzionalità esclusive