Agricoltura sociale

I Tre Santi che diedero il nome all’olio prodotto nel bene confiscato

di Gilda Sciortino

Nasce su 42 ettari di un uliveto sottratto alla mafia, l’olio biologico che unisce la bontà con le radici di un territorio come Collesano, in provincia di Palermo. In tutto 1.950 i litri della prima produzione, presentata in questi giorni a “Fa la cosa giusta”, dove il “Consorzio network dei talenti” sta raccontando un progetto di economia circolare che, attraverso l’agricoltura, fa anche inclusione sociale

Buono lo è non solo perché le cultivar ventennali sono la Biancolilla (detta anche Biancuzza, Bianchetta, Buscarono), la Nocellara del Belice, Carolea e l’Ogliarola messinese. Un insieme di aromi e profumi che inebria i sensi. Buono, l’olio extravergine di oliva biologico “Tresanti”, lo è anche perché, dietro, c’è una visione di economia circolare, di sostenibilità ambientale, di salute degli alimenti, di rinnovamento delle comunità locali nel segno della giustizia sociale, dell’inclusione e della valorizzazione dei talenti.

Un olio che proviene dai terreni che sorgono nelle contrade Garbinogara e Cottonaro del Comune di Collesano, in provincia di Palermo, confiscati ai Baratta affiliati alla cosca di San Mauro Castelverde, che ha come capomafia della zona la famiglia Farinella. Quarantadue ettari di uliveti affidati per 16 anni alla cooperativa sociale “Consorzio network dei talenti”, che ha dovuto chiedere l’intervento della locale amministrazione comunale per allontanare Baratta dai terreni in quanto continuava a svolgere la sua attività di agricoltore indisturbato.

Questa, però, è anche una storia che ha un aspetto in un certo senso mistico.

«Cercavamo un nome da dare al nostro olio – racconta Luciano D’Angelo, presidente della cooperativa sociale – e improvvisamente abbiamo scoperto che Collesano ha dato i natali a tre monaci – San Cristoforo, San Saba il Giovane e San Macario – venerati come santi. Erano due figli, nati intorno ai primi due decenni del X secolo, e un padre che decise di dedicarsi alla vita ascetica. Tutta la famiglia lo seguirà, compresa la moglie Kali, di origine islamica, che poi formerà una piccola comunità femminile. Siamo nei primi nei primi nel periodo della dominazione araba in Sicilia. Ci siamo subito innamorati di questa storia, decidendo di chiamare “Tresanti” un prodotto profondamente legato alle radici del territorio».

Già imbottigliato e pronto per la vendita diretta, avendo deciso di non avere intermediari, “Tresanti” sta conquistando il pubblico che sino a domenica farà la conoscenza della storia di questa cooperativa, nello stand che la ospita a “Fa la cosa giusta”, in corso a Milano.

«Circa 20mila gli alberi che, quest’anno, come prima produzione di sperimentazione, ci hanno regalato 1.950 litri di olio che abbiamo imbottigliato in confezioni da 1, 2,5 e 5 litri, pensando alle famiglie. Dopo Pasqua consegneremo 600 litri al Comune di Collesano, secondo un protocollo che ci obbliga a dare ogni anno all’amministrazione comunale questa quantità di olio più il 5,5 per cento di fatturato. Non è normale perché per legge i beni confiscati devono essere assegnati a titolo gratuito e capite bene che, soprattutto all’inizio, è un balzello pesante. Abbiamo provato a contestare questa clausola, ma senza successo. Ci fa piacere e ci consola sapere che l’olio verrà distribuito alle scuole del territorio».

Otto i soci del ”Consorzio Network dei Talenti” che, con diverse competenze e mansioni si sono imbarcati in questa avventura, partita in maniera abbastanza singolare, dal momento che è stata l’unica realtà a partecipare al bando per l’assegnazione dell’uliveto.

«La gara era aperta a tutti, ma siamo stati gli unici – prosegue D’Angelo -. Eravamo anche gli unici a sapere che il mafioso era ancora sulla terra. Ovviamente, i locali l’hanno disertata. Una volta entrati in possesso definitivo del bene, siamo stati subito operativi e oggi diamo lavoro a un giovane straniero, a uno affidatoci dal Tribunale con un lavoro di pubblica utilità e un tirocinante di comunità. Tutti del luogo, quindi con un ritorno concreto per il territorio».

Una cooperativa sociale a vocazione bio-agricola, il “Consorzio network dei talenti”, il cui obiettivo principale è lo sviluppo e l’aggregazione sociale, seguendo i principi di legalità e solidarietà, quindi operando per il riconoscimento del bene confiscato alla mafia quale bene della comunità.

«Proprio in questa ottica – conclude Luciano D’Angelo -, non avendo scopo di lucro, reinvestiremo il frutto del raccolto. Abbiamo pensato ad avviare attività finalizzate all’acquisto di abitazioni per dare una risposta allo spopolamento delle aree interne di questa zona della Sicilia, ma anche alla scoperta dei beni culturali del territorio. Senza dimenticare le borse di studio che pensiamo di istituire per ragazzi e giovani che desiderano approfondire i temi della rigenerazione, della sostenibilità, del rispetto dell’ambiente e dell’innovazione agricola. Percorsi virtuosi che creano aggregazione e condivisione».


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