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Kenya, aids: i “nostri bambini” provano a volare

Un medico italiano, Gianfranco Morino, sta progettando un centro sanitario per bambini in baraccopoli, a Nairobi.

di Redazione

Un centro sanitario pediatrico tra le baraccopoli di Nairobi-Nord est, 700 mila persone per la metà sotto i 15 anni. E’ il progetto di un medico italiano che da 20 anni vive in Africa, Gianfranco Morino, fondatore dell’associazione World Friends, in partnership con Africa Rafiki (Thione) e Cisp (Roma). Il centro si sta costruendo a Nairobi, in Kenya, sull’area ceduta in comodato gratuito dalll’Arcidiocesi e ha già parte del finanziamento dalla Provincia di Trento, dalla Caritas di Padova e dalla Diocesi di Acqui (meno di 1 milione di euro). Il costo complessivo della prima fase (sono 3) è oltre 2 milioni e mezzo; prevede pronto soccorso, centro diagnostico e amministrativo. Riportiamo di seguito il progetto spiegato dal medico italiano.

Gli unici esseri viventi che volano ancora sono i grandi marabù della discarica, che planano sulla montagna di rifiuti. Tutti gli altri, uomini, donne e bambini, topi e serpenti, strisciano tra i vicoli delle baracche. Nel fango o nella polvere a seconda della stagione, secca o delle piogge. Questa è la storia di “watoto wetu”, dei “nostri bambini” che provano a volare. Sono gli orfani dell’Aids, i ragazzi di strada di Nairobi, città dagli abissi sociali immensi dove due terzi delle persone vivono in baracca. Megalopoli estremamente estesa ma dove il 90% degli abitanti vive sul 10% della superficie. Più di metà della popolazione non si rivolge agli ospedali perché non puo’ pagare. È la storia di Paul, 10 anni, sieropositivo, completamente fatto di colla e di acidi, per non sentire il dolore, per non provare la fame. Seduto su un cumulo di rifiuti canta a scuarciagola. Conclude con un salmo, e poi si adagia su un fianco senza più muoversi. Non riesce a rialzarsi. Devo farmi aiutare da Sara, l’infermiera dei bambini delle baracche. Lo trasportiamo al nostro ambulatorio. Ha una gamba fratturata da quattro giorni. Gli altri ragazzi di strada lo hanno raccolto in una via di Nairobi, investito da un’auto mentre mendicava. Ora Sara si prenderà cura di lui. Applicherà un gesso e Paul comincerà a frequentare il centro di riabilitazione e si sottoporrà agli esami necessari per iniziare la terapia antiretrovirale nell’ambito del nostro programma per i pazienti delle baraccopoli.

Sono gli ammalati invisibili, di cui nessuno parla nei congressi medici internazionali e che non hanno accesso ad alcun tipo di servizio sanitario. È la povertà che fa male alla salute. In tutta l’Africa la sanità si paga. In piena epidemia di HIV/Aids i poveri non hanno che peggiorato la loro condizione di malattia permanente ed il diritto alla salute viene loro sistematicamente negato. “Watoto Wetu” è un sogno che a poco a poco si sta realizzando con la collaborazione di tante persone. Pensare insieme ad un approccio globale al problema Aids e più in generale alla salute dei bambini delle baraccopoli, alle loro disabilità. Un progetto integrato che garantisca il diritto alla salute come diritto primario e fondamentale con attività molteplici: 1) potenziamento dei programmi di educazione sanitaria e prevenzione; 2) realizzazione di un nuovo ospedale dedicato ai pazienti più poveri delle baraccopoli; 3) creazione di un centro per la formazione ed il training. Lo stato di sviluppo di una nazione dipende dallo stato di salute dei suoi abitanti e dalle capacità della società civile di non perdere i propri cervelli migliori. Un antico detto swahili dice “Chi corre da solo, corre veloce. Chi cammina insieme, arriverà lontano”.
* Medico, Mbagathi Hospital, Nairobi

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