Mondo
Kenya, ancora scontri: la polizia uccide “indiscriminatamente”
Sarebbero una decina, secondo l'agenzia Misna, le vittime per mano delle forze dell'ordine. 1000 invece gli uccisi dall'inizio dei disordini e 200mila gli sfollati verso l'Uganda
di Redazione
L’intervento della polizia e dei reparti speciali del ministero dell’interno hanno insanguinato con almeno dieci vittime la partecipazione in varie città del Kenya alle manifestazioni di protesta proibite dal governo che l’opposizione aveva promosso per tre giorni, a partire da mercoledì scorso, contro la rielezione di Mwai Kibaki alla presidenza della repubblica. Due persone sono state uccise dalla polizia nella baraccopoli di Mathare, a Nairobi, durante una manifestazione e diverse persone sono state intossicate da gas lacrimogeni lanciati dalla polizia nella baraccopoli di Kibera a Nairobi. Secondo testimoni, la polizia antisommossa ha anche aperto il fuoco in maniera indiscriminata a Kisumu, città natale del leader dell’opposizione Raila Odinga, uccidendo almeno tre persone – riporta l’agenzia Misna. La polizia, accusata di violazione dei diritti umani dalle organizzazioni specializzate, non ha esitato a caricare anche cameraman e fotografi. Le manifestazioni erano state convocate dopo che martedì scorso si è riunito per la prima volta il parlamento.
L?opposizione di Raila Odinga, capo del partito d?opposizione ‘Orange democratic movement’ denuncia l?uccisione di 1.000 persone dall?inizio dei disordini e sarebbero oltre 200mila gli sfollati verso l’Uganda, in maggioranza residenti in centri dell’ovest. “La gente è stanca di questo clima di violenza e di paralisi del paese e, oltre alla manifestazioni dell?opposizione, sempre più cittadini e gruppi della società civile si stanno organizzando per manifestare il proprio dissenso al clima politico attuale in Kenya prendendo le distanze dai due schieramenti che stanno mettendo in ginocchio il paese” – ha detto alla Misna padre Gigi Anataloni, missionario della Consolata a Nairobi. Le elezioni in Kenya “non sono state conformi alle norme internazionali” nella fase del conteggio dei voti ha dichiarato il segretario generale del Commonwealth, Don McKinnon, nel corso della pubblicazione del rapporto della sua organizzazione sul processo elettorale nell’ex colonia britannica.
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