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Attivismo civico & Terzo settore

La co-programmazione tra pubblico e privato sociale diventi prassi quotidiana

«La co-progettazione è essenziale per immaginare un nuovo servizio per il sostegno alla genitorialità e la prima infanzia o di accompagnamento nel percorso di crescita di un minore straniero giunto in Italia da solo», scrive Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children. «Se ci guardiamo intorno, di fronte a sfide come l’attuazione del Piano nazionale Ripresa e Resilienza o del nuovo Piano Garanzia Infanzia, dobbiamo costatare un drammatico deficit nell’esercizio di queste forme di governo condiviso»

di Raffaela Milano

Sono più di centomila gli enti che, ad oggi, hanno completato l’iter di iscrizione al Registro Unico degli enti del Terzo Settore. Ora tra questi c’è anche Save the Children. Non abbiamo vissuto l’iscrizione al Registro Unico come un mero adempimento formale. Questo passaggio per noi significa voler prendere parte a pieno titolo ad un processo di complessivo rafforzamento del ruolo del terzo settore nelle politiche pubbliche. A partire da quanto afferma uno degli articoli più significativi del Codice del Terzo settore, l’articolo 55, che valorizza il ruolo di questo attore nella co-programmazione e nella co-progettazione.

Dal nostro osservatorio sul campo, al fianco di tante organizzazioni locali impegnate per la tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, emerge con forza la necessità che la co-programmazione diventi prassi quotidiana, con l’attenta lettura dei bisogni, la trasparenza e la condivisione dei dati, l’ascolto delle comunità locali e delle persone, a partire da quelle più difficilmente raggiungibili. La co-progettazione è, poi, a sua volta essenziale, si tratti di immaginare un nuovo servizio per il sostegno alla genitorialità e la prima infanzia o di accompagnare nel percorso di crescita un minore straniero giunto in Italia da solo. Co-programmazione e co-progettazione sono indispensabili per far avanzare i diritti sociali ed educativi. Ma a condizione che non restino formule astratte, generino nuove prassi e nuovi dispositivi amministrativi, siano messe al centro di un processo di apprendimento condiviso che coinvolga rappresentanti delle istituzioni, del terzo settore e della cittadinanza attiva.

Se ci guardiamo intorno, di fronte a sfide come l’attuazione del Piano nazionale Ripresa e Resilienza o del nuovo Piano Garanzia Infanzia dobbiamo costatare un drammatico deficit nell’esercizio di queste forme di governo condiviso. Più in generale, vediamo in molti casi tradito il dettato costituzionale che impegna le istituzioni, a tutti i livelli, nel favorire “l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.” Dall’altro lato, tuttavia, spuntano sul territorio esperienze avanzate – penso solo a titolo di esempio a tanti “patti educativi di comunità” per contrastare la povertà educativa – che fanno breccia e aprono la strada. Una strada che dobbiamo percorrere.

*Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children

Credit Foto: Francesco Alesi per Save the Children


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