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Nazioni Unite

La Corte internazionale di giustizia si è espressa su Israele e Ucraina, ma …

Negli ultimi giorni la Corte Internazionale di Giustizia si è occupata sia della guerra a Gaza che di quella in Ucraina. Fa un certo effetto lo strabismo militante e fazioso che affligge parte dell'opinione pubblica italiana. Chi reclama con forza il rispetto delle decisioni della Corte da parte di Israele sorvola su quelle nei confronti della Russia e viceversa.

di Paolo Bergamaschi

L'Aula della Corte internazionale di giustizia

La Corte Internazionale di Giustizia è il massimo organo giudiziario delle Nazioni Unite. Le sue decisioni sono vincolanti anche se spesso, purtroppo, non vengono rispettate. D’altronde l’ordine mondiale è nelle mani dell’Onu che, tuttavia, manca degli strumenti necessari per agire efficacemente esercitando i suoi compiti. Una condanna da parte della corte dell’Aja macchia inequivocabilmente la reputazione internazionale di uno Stato ma non cambia la situazione sul terreno perché nessuno è in grado di farla rispettare a meno ché il Consiglio di Sicurezza dia mandato ad uno o più stati membri di intervenire. Si può anche avere ragione sul piano del diritto internazionale ma se il verdetto rimane solo sulla carta serve a poco se non ad alimentare i saggi di politica estera e le tesi degli studenti di scienze politiche. Negli ultimi giorni la Corte Internazionale di Giustizia si è occupata sia della guerra a Gaza che di quella in Ucraina.

La Corte su Israele

Nel primo caso è stato il Sudafrica ad accusare Israele di genocidio nei confronti del popolo palestinese, nel secondo è stata la stessa Ucraina a denunciare la Federazione Russa per avere violato, tra le molteplici accuse, anche la Convenzione sul Finanziamento del Terrorismo. E’ noto che Nelson Mandela ha sempre avuto un occhio di riguardo per la causa palestinese considerandola sovrapponibile alle vicissitudini della lotta di liberazione del popolo sudafricano. L’iniziativa giuridica del Sudafrica alla corte dell’Aja è, così, un atto dovuto nel solco dell’eredità di Mandela. Pur non intimando a Israele di arrestare i combattimenti a Gaza i giudici hanno respinto la richiesta da parte dello stato ebraico di archiviazione della denuncia chiedendo allo stesso tempo a Tel Aviv di adottare misure efficaci per permettere la fornitura dei servizi di base e l’assistenza agli abitanti della striscia travolti da un cataclisma umanitario. Alle autorità israeliane è stato dato un mese di tempo per riferire alla corte sui provvedimenti presi. Va sottolineato che già nel luglio del 2004 la Corte di Giustizia aveva stabilito che Israele avesse l’obbligo di fermare la costruzione del muro di separazione nei territori occupati e di smantellare i tratti già costruiti offrendo compensazione per il danno provocato in violazione dei diritti umani e di quello umanitario. Il muro, però, oggi è ancora in piedi e integro perché al governo israeliano dell’opinione della Corte importa poco o nulla e, comunque, non è mai stato chiamato a rispondere per il mancato rispetto. D’altronde basta leggere le dichiarazioni di alcuni dei ministri dell’attuale governo per capire come l’atteggiamento nei confronti delle istituzioni internazionali non sia mutato o si sia addirittura radicalizzato. Il ministro degli esteri Israel Katz, ad esempio, ha proposto la costruzione di un isola artificiale di fronte a Gaza dove eventualmente trasferire la popolazione della striscia; Amihai Eliyahu, ministro della cultura, ha invocato l’uso della bomba atomica per risolvere il conflitto; Itamar Ben-Gvir, ministro per la sicurezza nazionale, spinge per l’espulsione di tutti i palestinesi e il ritorno dei coloni ebraici nella Striscia; altrettanto dice il ministro delle finanze Bezalel Smotrych che propone l’esodo “volontario” di tutti gli abitanti di Gaza.
Non so quanti fra i diplomatici internazionali che rilanciano la soluzione dei due stati siano intimamente convinti che questa opzione sia ancora possibile nelle odierne condizioni anche se, purtroppo, il miraggio in politica è un fenomeno frequente.

La Corte sull’Ucraina

Passando al conflitto in Ucraina la Corte di Giustizia ha stabilito che la Russia ha violato i suoi obblighi internazionali fornendo assistenza sia finanziaria che militare a gruppi armati illegali coinvolti in atti di terrorismo nell’ex repubblica sovietica. Nulla di nuovo, si può obiettare, non fosse che sono in tanti in Italia a sostenere la narrativa che il conflitto ucraino sia una guerra per procura mossa dagli Stati Uniti alla Russia. La realtà dice, invece, che la vera guerra per procura è quella iniziata da Mosca nel 2014 sobillando e infiltrando i separatisti nel Donbass contro Kiev.

Fa un certo effetto lo strabismo militante e fazioso che affligge una parte dell’opinione pubblica del nostro paese. Chi reclama con forza il rispetto delle decisioni della Corte da parte di Israele sorvola su quelle nei confronti della Russia e viceversa. Urge un oculista. 


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