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Inclusione

La cultura è di tutti. Anche di chi non può sentire

Una rete di quasi 60 musei ha avviato un progetto di formazione organizzato da Kid pass con la collaborazione dell'Ente nazionale sordi per organizzare attività inclusive anche per i ragazzi e i bambini con disabilità uditiva

di Veronica Rossi

Alcuni bambini a terra davanti a un quadro, mentre ascoltano una storia

La cultura è un patrimonio che appartiene a tutti e, per questo, deve essere accessibile a chiunque voglia usufruirne. È per questo motivo che sempre più musei si stanno interessando all’accessibilità per persone con disabilità, attraverso diversi progetti pensati per rendere spazi,esposizioni ed eventi più inclusivi. È in questa direzione che vuole andare l’iniziativa di Kid pass, organizzazione che da dieci anni lavora sul territorio nazionale per avvicinare i più piccoli alla cultura, all’arte e allo sport, che intende formare quasi 60 musei in tutta Italia sulle strategie di inclusione per i bambini e i ragazzi sordi, in collaborazione con l’Ente nazionale sordi – Ens.

«Nella vita sono storica dell’arte, ma sono specializzata nell’accessibilità museale e le attività educative partecipate che coinvolgono persone – adulti e bambini – con disabilità all’interno dei musei e degli istituti culturali», dice Valeria Bottalico, che sta curando il progetto. «L’iniziativa è nata dalla collaborazione e dall’amicizia con Marianna Vianello, fondatrice di Kid pass, che negli anni ha creato una cospicua rete museale. Abbiamo pensato, in occasione delle due iniziative principali su scala nazionale, i Kid pass days e le Avventure tra le pagine, iniziativa dedicata alla lettura animata nelle sale dei musei, di provare a immaginare qualcosa che accelerasse un processo di inclusione dei bambini».

Valeria Bottalico in piedi mentre parla con un gruppo di bambini

È così che quindi è nata l’idea di coinvolgere famiglie e bimbi che di solito vengono esclusi da attività di questo tipo. «A volte i musei lo fanno in autonomia», continua Bottalico, «ma non sono molti, per tanti motivi, perché servono competenze, risorse e personale». Per questo motivo sono stati organizzati due momenti formativi – un webinar è già stato realizzato a marzo, l’altro verrà organizzato a giugno – per dare alle realtà culturali la possibilità di rendere fruibile il patrimonio culturale anche a chi ha una disabilità uditiva. Si è cominciato dalla Lingua italiana dei segni – Lis, una lingua a tutti gli effetti, con la sua grammatica e le se regole precise. Lo scopo è arrivare all’organizzazione di due o tre giornate a novembre in tutte le realtà museali aderenti – quindi su scala nazionale – in cui le attività siano anche a misura dei bambini sordi, per esempio tramite il servizio di traduzione da parte di un interprete. «Vogliamo che siano momenti di inclusione vera», commenta Bottalico, «quindi non eventi a parte, ma iniziative che coinvolgano contemporaneamente tipi diversi di persone. Vogliamo renderci acceleratori di un processo che appare in atto nei musei, che però ha bisogno di una spinta importante».

Una delle realtà che aderiscono convintamente all’iniziativa è l’Ocean space di Venezia, per cui Bottalico lavora come responsabile dei servizi educativi e accessibilità; il museo, che promuove l’alfabetizzazione critica sull’oceano, è già molto attivo sulla questione, ma per quest’anno vuole espandere le attività inclusive anche ai bambini. «Abbiamo aperto cinque anni fa», racconta Marco Zappalorto, direttore  sviluppo e partnership di Tba21, di cui Ocean Space è la casa veneziana, «e subito abbiamo avuto un’attenzione molto forte ai temi dell’educazione, ma soprattutto dell’inclusione e dell’accessibilità: fin dall’inizio ci siamo resi conto che non c’erano segni della Lis che ci permettessero bene di parlare di oceani, non c’era un segno univoco per “laguna”, per esempio, che è un termine importantissimo, soprattutto qui a Venezia. Quindi abbiamo deciso di lavorare con artisti per inventarne di nuovi e per diffonderli». Dall’anno scorso è partito anche un progetto – Ocean for all – che comprende visite guidate in lingua dei segni, ma anche percorsi tattili. «Ovviamente è importantissimo sviluppare delle collaborazioni», conclude Zappalorto, «non farlo da soli, ma appoggiarsi a esperti del settore, come l’Ente nazionale sordi, in questo caso, che ci ha sostenuti nel mettere in campo strategie per diffondere l’utilizzo e la conoscenza dei nuovi segni».

Le immagini nell’articolo sono state fornite dall’ufficio stampa


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