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La legalità è vana senza la carità

L'editoriale/ Il tema del rapporto tra legalità e carità, al centro di una recente dichiarazione di Emanuele Severino, ha rilanciato articolesse, editoriali e non solo...

di Redazione

Il filosofo Emanuele Severino, nei giorni scorsi, se n?è uscito a più riprese con una serie imbarazzante di dichiarazioni a mezzo stampa e tv. Chiamato a commentare la serie di tre delitti che a Brescia hanno visto protagonisti gli immigrati, il filosofo ha inanellato riflessioni come questa: «Non intendo attribuire agli extracomunitari in quanto tali comportamenti criminali, però senza pensare ai reati penso alla quotidianità. In tram lo straniero non si alza per cedere il posto alla vecchietta. Per strada, la donna anziana è costretta a lasciare il passo alla famiglia cingalese e a scendere dal marciapiede perché loro non si spostano. Non lo fanno apposta, sono poco abituati al galateo». Considerazioni razziste («sfugge che il bresciano medio è quello più a ridosso con questa gente»; «il grosso industriale ha la capacità di separarsi e tutelarsi»), che, speriamo, non avrebbero accesso il dibattito se il filosofo non se la fosse presa anche con la Chiesa bresciana: «Trovo incomprensibili certi atteggiamenti caritativi della Chiesa bresciana verso gli stranieri. Encomiabili, ma forse non si rendono conto delle conseguenze».

Un?uscita che ha rilanciato il tema del rapporto tra legalità e carità con tanto di articolesse ed editoriali. Un tema a cui, del resto, Benedetto XVI ha dedicato la sua prima enciclica Deus caritas est che sottolineava, come ha opportunamente ricordato il vescovo ausiliare di Brescia, Francesco Beschi, che se la legalità vede il cittadino impegnato a costruire ed applicare un sistema di leggi che rappresentano il riferimento della convivenza di tutti, la carità è quello specifico cristiano per cui la considerazione della persona non si ferma soltanto alla sua dignità o al suo bisogno, ma si spinge là dove lo Stato o la società non sa o può dare una risposta. Scrive nell?enciclica Benedetto XVI: «Non c?è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell?amore. Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone a sbarazzarsi dell’uomo in quanto uomo. Lo Stato che vuole provvedere a tutto, che assorbe tutto in sé, diventa in definitiva un’istanza burocratica che non può assicurare l’essenziale di cui l?uomo sofferente ? ogni uomo ? ha bisogno: l’amorevole dedizione personale».

Una capacità di accoglienza e di amore al prossimo che, in questi anni e proprio a Brescia, ha dato frutti intelligenti e perciò utili. Ricordiamo solo come tre anni fa, promossa da una rete di cooperative si è costituita l?Immobiliare sociale bresciana con la finalità di realizzare immobili industriali, commerciali e case da assegnare alle cooperative associate in un?area industriale alla periferia Est di Brescia: 11mila metri quadrati con il vincolo di cedere le strutture solo a cooperative sociali che fanno inserimento lavorativo di persone svantaggiate. In soli due anni l?intervento immobiliare è stato realizzato e il 40% dello spazio assegnato in servizi e case per i soggetti deboli tra cui gli immigrati. Ci si può stare dai sei ai 12 mesi, poi, un progetto di accompagnamento aiuta a trovare alloggi definitivi in città. Evitando così il rischio del ghetto.

Ecco l?alternativa: o la secessione dei benestanti (il ricco industriale che, come dice Severino «sa come separarsi e proteggersi da quella gente») o l?accoglienza intelligente, cioè piena di carità e perciò di prospettiva; o il muro di via Anelli a Padova o l?Immobiliare sociale bresciana. Scegliete voi. Ma, per favore non impediteci la carità perché, parafrasando San Paolo, la carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto. E spesso è pure intelligente.

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