Il libro
La libertà è un albero: il conflitto nord-irlandese in un romanzo
Sullo sfondo ci sono i “troubles”, i disordini, fra cattolici e lealisti protestanti, che hanno insanguinato l’Ulster nel 1969. Ma al centro della storia c’è il mondo dei ragazzi, lontano da ingiustizie e violenza. “L’albero della libertà”, romanzo dello scrittore e poeta William Wall, è appena uscito per Aboca. «Noi irlandesi ci sentiamo molto vicini al popolo palestinese, perché abbiamo vissuto il colonialismo e la carestia, nel nostro passato», dice l’autore, che sarà a Pordenonelegge.it il 21 settembre

Un grande albero arenato sulla spiaggia, in balia delle maree, è il mondo dei ragazzi: un piccolo paradiso, libero dalle ingiustizie e dalla violenza. Lontano, l’universo degli adulti è segnato dallo scoppio dei troubles, i disordini nell’Irlanda del Nord, l’estate del 1969. È tra queste due dimensioni che si sviluppano le vicende narrate ne L’albero della libertà, romanzo dello scrittore e poeta irlandese William Wall, appena uscito per Aboca. L’autore, che vive tra l’Irlanda e la Liguria, sarà ospite al festival Pordenonelegge.it domenica 21 settembre.

Com’è nata l’idea del libro?
Un giorno, passeggiando con i miei due nipotini in riva al mare, abbiamo trovato lo scheletro di una balena… Ho ripensato a quando ero ragazzo e un albero enorme si era fermato sulla spiaggia, nel Sud dell’Irlanda. Da allora era diventato il centro dei nostri giochi: a volte si trasformava in un vascello, altre in un aeroplano. Nel 1969 avevo 14 anni e ricordo bene l’arrivo di una famiglia di rifugiati dal Nord. Nel romanzo, ho voluto raccontare come io e i miei amici abbiamo vissuto quel periodo. Vedevamo quella lotta attraverso il racconto di un amico fuggito dalla sua casa.
Perché proprio il 1969?
Quello è stato il primo anno dei troubles. Sull’onda del movimento per i diritti civili per i neri d’America guidato da Martin Luther King, anche nell’Irlanda del Nord un gruppo di attivisti aveva iniziato a manifestare contro le disparità di trattamento dei cattolici e dei protestanti. Venivano attaccati dai lealisti. Non mi piace molto parlare di “cattolici” e di “protestanti”, perché c’erano anche protestanti che stavano dalla parte dei diritti civili, nella Repubblica d’Irlanda. La definirei più che altro una lotta di classe. È molto complicato… L’Irlanda del Nord è stata fondata come Stato per i protestanti, con meccanismi che garantivano loro il potere. Per esempio, aveva diritto di voto solo chi possedeva una casa. E se ne avevi tre, votavi tre volte.
E adesso come vanno le cose?
Molto meglio. Il solo problema rimasto è che siamo ancora divisi, ma credo che non durerà a lungo. Presto saremo un’isola unita. È cambiato moltissimo, da allora. Ci tengo a dire, e lo racconto nel romanzo, che la Repubblica d’Irlanda non era affatto un paradiso per gli adulti, vista l’egemonia della Chiesa cattolica che non lasciava libere le persone. Lo era, però, per noi bambini, un paradiso semplice come un albero su una spiaggia.

Il romanzo ha anche una sua “colonna sonora” e, tra le canzoni, c’è Cill Chais, cioè il lamento di Kilcash…
Amo questo canto antico, che risale alla fine del XVIII secolo, e tra le altre cose piange la distruzione dei boschi da parte degli inglesi, per farne navi, una ricchezza incredibile che hanno sfruttato. Ci piace ricordare che l’inno della marina militare britannica è Heart of oak, cuore di quercia, ma le querce sono irlandesi.
La marea, assieme al grande albero, fa da sfondo al libro. In alcuni momenti sembra diventare la vera protagonista.
Il mare è sempre un elemento fondamentale, nei miei libri. Vivo tra l’Irlanda e la Liguria, ma lì la marea non c’è. È difficile da spiegare, per chi non la conosce. Una spiaggia lunga cinquecento metri con la bassa marea, si riduce a qualche metro, con l’alta. Per un ragazzo, è un vero e proprio mistero, un pezzo del fondo del mare che si può esplorare. Il mondo sottomarino che emerge e svela segreti da scoprire. Poi ci sono le maree eccezionali, solo in alcuni periodi dell’anno, le spring tide, meravigliose.
Che significato ha, in questo momento storico, scrivere un romanzo che ha al centro un conflitto?
Noi irlandesi ci sentiamo molto vicini ai palestinesi, perché come loro abbiamo sofferto il colonialismo, la grande carestia dell’Ottocento, con un milione di morti in tre anni. Ma quello palestinese non è un conflitto, è un genocidio, una cosa orribile, insopportabile. Noi siamo impotenti, come persone, cosa possiamo fare? Quando scrivevo L’albero della libertà avevo in mente anche queste cose, perché la battaglia per i diritti civili non si ferma mai. C’è sempre un luogo al mondo dove si lotta ancora.
In apertura, i luoghi in cui è ambientato il romanzo. Le foto sono di Liz Kirwan
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.