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Salute

La medicina oggi? Va adattata al paziente

La medicina personalizzata, spiega Elena Masselli, docente dell'università di Parma, consente di affrontare meglio le malattie conoscendo le caratteristiche individuali, genetiche e ambientali, dei singoli individui e scegliendo quindi farmaci, dosaggi e tempistiche corretti. Sarà ospite del Festival del Pensare contemporaneo (Piacenza, 21-24 settembre)

di Veronica Rossi

Mettere al centro del percorso di cura la singola persona e le sue caratteristiche specifiche. È questo che fa la medicina personalizzata, approccio che consente di tarare farmaci e terapie sulle esigenze del paziente, dettate dai suoi geni e dal suo ambiente di vita. Si tratta di una conquista di salute fondamentale, che permette di affrontare anche malattie fortemente invalidanti in maniera mirata e diversificata – quindi più efficace – per il singolo malato. Lo sa bene Elena Masselli, docente dell’università di Parma e medico dell’Unità Operativa di Ematologia e CTMO dell’Ospedale della stessa città, che studia il modo in cui una medicina personalizzata può affrontare le neoplasie del sangue. La dottoressa sarà ospite al Festival del pensare contemporaneo di Piacenza, rassegna curata da Alessandro Fusacchia e Andrea Colamedici, dove il 23 settembre terrà un panel dal titolo «A ciascuno la sua cura. Da dove arriva, e dove va, la medicina personalizzata», assieme alla giornalista scientifica Silvia Bencivelli.

Dottoressa, da quando si è iniziato a parlare di personalizzazione delle cure?

La medicina personalizzata è il frutto dell’avanzamento delle tecnologie in ambito medico; se n’è iniziato a parlare, quindi, quando la nostra conoscenza delle patologie è scesa nel dettaglio della genetica, della biologia molecolare e di quelle che oggi definiamo scienze «omiche».

Cioè?

Genomica, proteomica e metabolomica. La prima studia i geni, la seconda le proteine della cellula, che sono espressione dei geni, e la terza le proteine coinvolte nel metabolismo. Sono tecniche che ci hanno consentito di indagare e conoscere la fisiopatologia delle malattie in modo estremamente preciso e soprattutto ci hanno fatto capire che le patologie possono avere sfumature diverse nel singolo paziente proprio in base alle sue caratteristiche individuali. L’obiettivo è di tenere in considerazione questa individualità nel momento in cui affrontiamo la diagnosi, l’iter della cura e ne valutiamo la risposta.

Quindi la stessa malattia può essere diversa a seconda della persona che ne è colpita?

Certo. Facciamo l’esempio del mio ambito, che è quello delle patologie tumorali del sangue. La malattia si genera sempre da un’interazione tra una cellula che si ammala – perché muta, mettiamo, quindi inizia a dividersi e dare origine a una proliferazione tumorale – e l’organismo. È in questa interazione che entra in gioco la sfumatura individuale che determina il modo in cui poi si manifesterà clinicamente la malattia, che può essere molto diverso tra soggetto e soggetto.

Elena Masselli, foto personale

Da cos’è influenzata la diversità che si riscontra tra i pazienti?

I fattori sono tanti, legati sia al nostro codice genetico sia a fattori ambientali. Sappiamo, infatti, che gli stessi geni in ambienti diversi possono dar luogo a diversi fenotipi di malattia. Si possono avere delle vere e proprie mutazioni genetiche che danno luogo a delle patologie, ma anche dei polimorfismi, cioè varianti geniche non patologiche, che tuttavia danno una variabilità individuale con cui il medico si trova ad avere a che fare. Questo non lo sapevano 30 anni fa, ma ora ne dobbiamo tenere conto: una stessa medicina può essere metabolizzata in modo diverso, proprio sulla base delle varianti individuali. Devo pensarci quando scelgo il farmaco, le dosi e le tempistiche.

Un’analisi genetica non si fa certo ogni giorno. Come si fa a capire quali sono le caratteristiche individuali dei pazienti?

Nell’ambito oncologico ed ematologico questo tipo di analisi stanno entrando sempre più nella routine medica per caratterizzare completamente la malattia. Indubbiamente non tutto rientra nella routine, quindi abbiamo studi, ricerche, protocolli proprio per cercare di valutare l’impatto di un approccio personalizzato e la sua sostenibilità da parte del sistema sanitario. Sono esami che hanno un costo elevato, anche se negli ultimi anni, per esempio, le analisi genetiche che vengono fatte per studiare i tumori hanno un prezzo minore.

Parlava anche di ambiente come fattore che può influenzare il modo in cui una malattia si manifesta e la risposta alle cure. Quindi significa che, a parità di geni, abbiamo la possibilità di influenzare con nostro stile di vita la nostra risposta ad alcune patologie e alle medicine per curarle?

L’ambiente, come ho detto, può avere un impatto sull’espressione dei nostri geni. Una persona, dunque, ci può mettere del suo per modificare in modo positivo i fattori ambientali che la circondano.

La medicina personalizzata vale solo per le patologie oncologiche?

Effettivamente le malattie oncologiche hanno giovato molto della medicina personalizzata, ma ce ne sono anche altre, come quelle infiammatorie croniche, comprese le autoimmuni. Si tratta di patologie in cui la componente genetica è ben riconoscibile, spesso molto invalidanti. I campi di applicazione sono i più disparati e riguardano tutta la medicina.

In apertura, foto di Alex Socha da Pixabay


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