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La mia missione possibile

Il Cimic, l’unità di cooperazione con i civili, ha realizzato oltre 300 interventi nel settore dei servizi essenziali, spendendo più di 8 milioni di dollari. Intervista a Marco Longo.

di Redazione

Girano armati, ma costruiscono ospedali. Vestono la divisa, ma potabilizzano l?acqua. Sono militari, ma ?fanno? l?umanitario. Sono quelli del Cimic (Civilian military cooperation), il braccio del contingente italiano a Nassiriya che si occupa di garantire alla popolazione i servizi essenziali, come appunto l?acqua, l?energia elettrica e la ristrutturazione di scuole e municipi. Dal luglio 2003 al giugno 2004, il Cimic ha completato 308 progetti, spendendo 5 milioni e 211mila dollari. Altri 2 milioni e 956mila sono già impegnati in 58 attività umanitarie in via di ultimazione. Nella cabina di comando del Cimic c?è il capitano Marco Longo, originario di Bari (anche se vive fra Udine e Forlì), 33 anni, sposato da appena 6 mesi. Questa per lui è la seconda missione in Iraq, ma nel suo palmares spiccano l?Albania, la Bosnia e il Kosovo, sempre però con incarichi operativi. Quella irachena è la sua prima esperienza da ?umanitario?.
Vita: Quanti uomini dirige?
Marco Longo: Direttamente 15, ma il contingente ha ben chiaro che tutti siamo qui per contribuire a risollevare questo Paese.
Vita: Come si stabiliscono gli obiettivi umanitari?
Longo: Le linee le dettano le autorità locali e i comandi militari. Noi ci avvaliamo della collaborazione di un gruppo di specialisti, ingegneri, elettrici, medici, veterinari che quotidianamente si confrontano con i colleghi iracheni. Che, per capirci, sono gli analoghi dei nostri assessorati all?Istruzione o alla Salute.
Vita: Nelle scelte umanitarie quindi intervengono anche logiche di strategia militare?
Longo: Sì, la nostra attività serve anche a far guadagnare consenso alle nostre truppe.
Vita: Da dove provengono i fondi che utilizzate?
Longo: Fino a oggi abbiamo speso o impegnato 8 milioni e 167mila dollari nei settori dell?educazione, elettricità, salute, servizi pubblici, sicurezza, ricostruzione, interventi sociali, trasporti e acqua. Questi sono fondi internazionali della coalizione che arrivano tramite la divisione inglese. In questo secondo semestre, invece, fino a dicembre, utilizzeremo 4 milioni di dollari stanziati ad hoc da Roma per la ricostruzione.
Vita: Lavorate in proprio o vi appoggiate a imprese esterne?
Longo: La nostra policy, anche se non è tassativa, è di affidarci a imprese locali. Emettiamo periodicamente dei bandi per gare d?appalto, e chi fa l?offerta migliore vince. L?importante però è che siano irachene. Tengo a dire che fino ad oggi non solo la manodopera, ma anche i materiali sono reperiti in loco. In questo modo, oltre a contribuire direttamente alla ricostruzione, creiamo anche posti di lavoro.
Vita: I rapporti con le ong italiane però sono quasi inesistenti. Il capo della missione, generale Dalzini le ha addirittura accusate di assenteismo. Ma voi sareste davvero disposti a collaborare?
Longo: Sì, da parte nostra c?è la massima apertura. Ovviamente saremmo disposti a riconoscere loro l?indipendenza operativa, ognuno, questo è pacifico, con il proprio budget. Noi ci occuperemmo del coordinamento delle attività, in modo da non duplicare gli interventi. Dirò di più. Se loro ci richiedessero un impegno per garantire la sicurezza, noi non ci tireremmo indietro. Già un anno fa abbiamo fornito questo tipo di supporti ad altre organizzazioni non governative con cui abbiamo collaborato.
Vita: Un?ultima domanda: il personale Cimic è riconoscibile rispetto agli altri soldati?
Longo: No, siamo equipaggiati come i militari operativi.

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