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La missione impossibiledegli anti Mugabe Due oppositori tentano di scalzarlo. Ma lui imbavagliala stampa e blinda la Costituzione. E all’Europa che loaccusa risponde: «Siete nemici dell’Africa» di Emanuela Citterio

Zimbabwe al voto Un Paese al collasso e senza diritti

di Redazione

«Vota per Simba». «Non credi di aver sofferto abbastanza? Morgan è la soluzione». La campagna elettorale 2008 in Zimbabwe si combatte anche così, a colpi di sms. Una specie di mania, un modo semplice e poco costoso per fare campagna elettorale a favore dei propri candidati. Del resto, le elezioni del 29 marzo in Zimbabwe – presidenziali, politiche, amministrative – indette in modo unilaterale dall’attuale capo di Stato Robert Mugabe, lasciano poche alternative.
In cerca del sesto mandato, dopo 28 anni ininterrotti alla presidenza, Mugabe si è rifiutato di varare una nuova costituzione democratica prima delle elezioni, come chiedevano i partiti di opposizione, diversi leader religiosi e la società civile, decretando il fallimento di un lungo negoziato che ha visto in campo come mediatore il presidente sudafricano Thabo Mbeki per conto del Sadc (l’organizzazione che riunisce 14 Paesi dell’Africa australe).
Tra gli analisti c’è chi presenta la sfida elettorale del 2008 come la più incerta degli ultimi 28 anni, vale a dire da quando Mugabe è salito al potere. Per il momento è soprattutto imbavagliata, con i pochi media indipendenti che lottano per sopravvivere e 300 giornalisti stranieri che aspettano da mesi una risposta dal governo per l’accredito indispensabile per poter raccontare le elezioni. Il ministro degli Esteri dello Zimbabwe, Simbarashe Mumbengegwi, ha dichiarato di non accettare osservatori provenienti dall’Occidente (unica eccezione, la Russia), solo quelli inviati da Paesi africani e da Cina, Iran e Venezuela.

Corsa a tre
Gli oppositori più quotati sono Simba Makoni, membro fuoriuscito del partito al governo, lo Zanu-Pf, e Morgan Tsvangirai del Movimento per il cambiamento democratico (Mcd), sconfitto nel 2002 durante elezioni svoltesi all’insegna di brogli e irregolarità, secondo le denunce sia dell’opposizione che degli osservatori internazionali di allora.
Una delle poche certezze è che il vincitore delle elezioni (il favorito resta Mugabe) dovrà governare un Paese al collasso economico: 20 euro è lo stipendio di un infermiere, 15 quello di un insegnante. A raccontarlo dalla capitale Harare è Marcos Villalta, cooperante del Cesvi, responsabile della Casa del sorriso, centro di accoglienza per i ragazzi di strada. «La moneta si svaluta ogni giorno, e con essa la capacità di acquisto della popolazione, che non ha più i soldi per i beni di prima necessità. In questi giorni si fatica a trovare anche il miglio per fare la polenta, il cibo base dei poveri».
Il governo zimbabwano ammette un’inflazione del 27mila%. Secondo i dati del Fondo monetario internazionale è del 150mila%. Il prodotto interno lordo nel 2007 ha segnato -6%, -50% dal 2000, anno in cui Mugabe ha espropriato le terre degli agricoltori bianchi, con lo scopo dichiarato di distribuirle ai contadini neri senza terra (secondo i critici di Mugabe, il presidente avrebbe assegnato le terre ai suoi uomini, incapaci peraltro di farle fruttare). Indicatori che, secondo molti Paesi europei, Gran Bretagna in testa, sono frutto della politica isolazionista e demagogica di Mugabe.
Il 10 marzo a fare appello al presidente perché garantisca «elezioni libere e trasparenti» è stata l’intera Ue, attraverso i ministri degli Esteri. Il presidente dello Zimbabwe è uno dei 131 personaggi che non possono entrare nell’Europa unita «a causa delle costanti violazioni dei diritti umani», come ha rilevato la cancelliera Angela Merkel. Mugabe ha risposto che «lei è una nemica della nuova Africa».

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