Mondo
La pagella di Oxfam che boccia i vertice
Un tre in pagella, questo il voto che Oxfam international e Ucodep assegnano al vertice alimentare mondiale
di Redazione
Un deludente tre in pagella. È il voto che Oxfam International e Ucodep assegnano al Vertice Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite che si conclude oggi alla Fao. Mentre i delegati fanno le valigie senza aver affrontato molte delle più grandi sfide della sicurezza alimentare, il vertice lascia in eredità un solo motivo di ottimismo: tutti i paesi hanno deciso di avviare un processo di riforma della governance alimentare globale. «Un vertice, da solo, non può risolvere il problema della fame mondiale, ma ci aspettavamo di più», afferma il portavoce di Oxfam International, Gawain Kripke. «La risposta dei governi riuniti alla Fao non è adeguata al problema della fame. La quasi totale assenza dei leader dei paesi ricchi ha mandato un messaggio di sfiducia già dall’inizio e il vertice ha raggiunto pochi apprezzabili risultati».
Oxfam e Ucodep hanno valutato i risultati del vertice secondo cinque obiettivi chiave: «Nessuno di questi è stato raggiunto in modo pieno: tuttavia la decisione di rafforzare il Comitato per la sicurezza alimentare mondiale della Fao potrebbe rivelarsi un risultato importante. Ma c’è ancora molto da fare», commenta Elisa Bacciotti, portavoce di Oxfam e Ucodep.
1) Coordinamento degli aiuti: voto 6 meno (ma può migliorare)
Il vertice doveva migliorare il coordinamento di tutti gli aiuti contro la fame, ancora troppo frammentati, sotto l’egida dell’Onu. Il vertice ha sancito la riforma del Comitato per la sicurezza alimentare (Cfs), ma non ha introdotto alcun meccanismo per assicurare che i governi rispettino le loro promesse. “Finché questo non succederà, il Cfs resterà debole. Oxfam e Ucodep continueranno a chiedere la riforma del Cfs, perché è la sede dove tutti i governi, le Ong e le istituzioni hanno voce in capitolo e possono chiedere il rispetto degli impegni”, spiega Kripke.
2) Stanziamento di fondi: voto 2,5
Il summit avrebbe dovuto dare il via a un piano d’emergenza per stanziare almeno 40 miliardi di dollari l’anno: cifra necessaria per dimezzare la fame entro il 2015 tramite il sostegno dei piccoli contadini e un nuovo modo di rispondere all’emergenza. Invece, i governi non hanno stanziato un centesimo: nessun riferimento nemmeno allo stanziamento dei 20 miliardi in tre anni promessi al G8 dell’Aquila. “L’Italia doveva far seguire alle parole i fatti. Invece ha sprecato un’occasione. C’è ancora tempo per invertire la rotta, a partire dalla Finanziaria 2010”, spiega la Bacciotti.
3) Piani specifici e risorse finanziarie: voto 4
Per dimezzare la fame sono necessari piani d’azione specifici, coperti finanziariamente. Invece la dichiarazione è vaga e si limita a promettere azioni decise per sradicare la fame “il prima possibile”. C’è però un elemento positivo: al vertice è stato affermato in modo chiaro che i soldi dovranno essere destinati a piani nazionali gestiti ed elaborati direttamente dai paesi che soffrono la fame.
4) Cambiamenti climatici: voto 3
Sul clima, il linguaggio della dichiarazione è vago e poco ambizioso. Roma doveva invitare Copenhagen a prevedere sufficienti risorse – addizionali agli impegni APS – per l’’adattamento dei piccoli agricoltori al cambiamento climatico, invece di chiedere semplicemente che “vengano presi in considerazione”. Detta cosi, rimane un pio desiderio.
5) Agricoltura sostenibile: voto 2
Il vertice doveva aumentare il sostegno all’agricoltura sostenibile, fattore chiave per la sicurezza alimentare degli agricoltori. “Non è successo, e forse questo è il fallimento peggiore del summit”, dice Gripke. Sul commercio, la dichiarazione è incoerente con il diritto alla sicurezza alimentare. “Viene invece data molta enfasi al ruolo delle nuove tecnologie per aumentare la produttività agricola. Le innovazioni tecnologiche hanno un ruolo da giocare, ma ci sono modi molto più efficienti e meno costosi per aiutare i contadini poveri, come l’agricoltura ecologica.
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