Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Attivismo civico & Terzo settore

La quarantena in casa di chi ha un disturbo mentale

Olga, Chiara, Martina, Riccardo... in tanti giovani caregiver stanno raccontando la loro quarantena di figli di persone con un disturbo mentale. L'idea è di Stefania Buoni, presidente dell'associazione COMIP, che per anni ha vissuto la medesima esperienza. «In un momento in cui la solitudine è amplificata, vogliamo far sentire ai tanti giovani caregiver la nostra vicinanza»

di Sara De Carli

Chiara ha 30 anni. Sua madre ha un disturbo psichico e stanno vivendo il lockdown insieme. «Alti e bassi ci sono sempre, ma nella normalità l'avere la libertà di uscire dalla propria casa è una ventata di aria fresca. In queste settimane ci sono stati episodi forti, di crisi, che non ho saputo controllare. Mi sento dire: “Lo sai com'è fatta”. Sì, lo so… ma purtroppo nei suoi momenti no, dove tutto diventa una persecuzione e un delirio. So com'è fatta, ma non so aiutarla né aiutarmi. La seguo a ruota e tutto viene scompensato. Poi, dopo il mio cedimento, la guardo, rifletto e mi si stringe il cuore. E allora non esco, ma scendo in cortile e respiro… Riprendo le energie, torno su e provo a starle vicino come posso. “Mi insegni a fare i panzerotti come ti ha insegnato la nonna?”, le chiedo. E forse in fondo le strappo un sorriso».

Olga invece di anni ne ha 44 e da quando ne ha 8 è la caregiver di sua madre. «Io sinceramente non ce la faccio più. L'unico momento di tranquillità è quando va a dormire e io mi posso chiudere in camera. Quando hai una madre che non accetta in modo critico la propria malattia e rifiuta di proseguire le cure è praticamente come lottare con i mulini a vento. Sono una caregiver dall'età di 8 anni e ora ne ho 44. Ora sono veramente stanca».

C’è una ragazza che non si firma, ma racconta di una madre che ogni sera le racconta al telefono di «un mondo che fa di tutto per accerchiarla con la storia del virus. La gente che è sempre uscita non esce. I servizi di farmacia su cui lei contava, molti negozi, i bar, i parrucchieri si sono improvvisamente e inspiegabilmente arrestati. La risposta del virus non la vuole nemmeno sentire, è una scusa. La lontananza che abbiamo non è un caso: è voluta, è conquistata. Cadere nel buco nero dei suoi pensieri ossessivi, delle sue paranoie, del suo pensiero controverso è per me qualcosa di troppo pericoloso per convincermi a diminuire le distanze. Per questo, ogni giorno, mi accerto che mangi e che respiri, ma non tento mai di risolvere le cieche questioni nelle quali vorrebbe incatenarmi».

Sono tre testimonianze fra tante. Storie di giovani caregiver in quarantena, di figli di persone con malattie mentali che con il lockdown hanno perso anche quei momenti di “altro” che l’uscire di casa permetteva. A tratteggiarle è Stefania Buoni (in foto), presidente e fondatrice dell’associazione "CHILDREN OF MENTALLY ILL PARENTS-COMIP”, che a sua volta aveva raccontato la sua storia nel libro "Quando Mamma o Papà Hanno Qualcosa Che Non Va – miniguida alla sopravvivenza per figli di genitori con un disturbo mentale".

Già a marzo l'associazione ha lanciato l'iniziativa "COMIP per COVID": per stare vicino ai tanti ragazzi, giovani adulti e adulti che in piena emergenza Coronavirus convivono con un genitore affetto da un grave disturbo psichiatrico (disturbo bipolare, depressione, schizofrenia, disturbo schizoaffettivo) o vivono lontani dalla propria madre o dal proprio padre affetti da un problema di salute mentale, Stefania ha pensato di inviare gratuitamente una copia del libro a tutti i figli che per difficoltà economiche non hanno la possibilità averla tramite una donazione all'associazione. Basta scrivere un'e-mail con oggetto "Comip per Covid" a info@comip-italia.org, comunicando l'indirizzo al quale si desidera ricevere il libro. L'iniziativa nasce dal desiderio di far sentire ai "giovani caregiver" figli di genitori con un disturbo mentale la vicinanza dell’associazione, in un momento in cui la solitudine è amplificata dalla quarantena. «Anche se la mia famiglia ed io stiamo molto meglio da anni, non dimentico quanto ho sofferto anni fa e nel mio piccolo desidero tendere una mano a chi vive adesso quello che ho vissuto io. Le richieste che ci stanno arrivando da tutta Italia ci confermano che anche un gesto apparentemente piccolo, scalda il cuore ed aiuta a lenire la sofferenza e il senso di abbandono», dice Stefania Buoni. «Insieme al gruppo di auto mutuo aiuto online, è il nostro modo di restarci vicini rispettando le misure di sicurezza da Coronavirus, in attesa di ritrovarci e proseguire con i nostri progetti. Chiediamo l'aiuto di tutti per non lasciare indietro né questi figli, né le loro famiglie».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA