Volontariato
La rigenerazione urbana a base culturale in cerca di alleanze
Il position paper de Lo Stato dei Luoghi che sarà presentato a Milano domani: «Dobbiamo passare dal pulviscolo delle tante inclinazioni locali alla costruzione di coalizioni per la progettazione e l’attuazione di programmi di rigenerazione urbana»
La rete Lo Stato dei Luoghi è un ente di terzo settore composto da più di cento organizzazioni e persone che agiscono sull'attivazione di luoghi, gestione di spazi culturali e sociali, esperienze di rigenerazione a base culturale disseminate in modo capillare in tutto il Paese. La rete è nata nel 2020 dopo un percorso di tre anni e riunisce soci e socie protagonisti/e di iniziative di rigenerazione promosse e gestite da soggetti privati spesso in collaborazione con istituzioni pubbliche ed enti locali. La rete vuole affermare un nuovo ruolo della cultura e dei centri culturali indipendenti, innovare le pratiche culturali e artistiche, educative e di welfare, favorire le produzioni artistiche contemporanee di ricerca e contrastare le disuguaglianze per favorire la partecipazione culturale.
Ci sono tante storie di bellezza e resistenza dentro Lo Stato dei Luoghi, storie di spazi abbandonati trasformati in luoghi di comunità, ex “qualcosa”, ex caserme, ex stazioni, ex fabbriche, ex macelli che diventano spazi di vita e di produzione culturale, spazi di apprendimento, spazi di nuovo welfare.
Sono molti i risultati ottenuti in questo primo anno e altrettanti i percorsi avviati da sviluppare nel tempo: LSdL ha condotto azioni di advocacy e interlocuzione istituzionale a diversi livelli, sia sul nazionale che in alcune regioni, ha partecipato alla stesura di una proposta di legge che, insieme ai piccoli teatri e ai live club, riconosca la natura dei nostri centri ibridi (depositata in parlamento, con Matteo Orfini come proponente), è divenuta partner europea della New European Bauhaus.
La rete ha inoltre sviluppato progetti artistico-culturali come l’alfabeto pandemico, un vocabolario corale di parole per il post pandemia nato durante i lockdown come atto di coraggio e di resistenza; partirà da gennaio inoltre La Scuola dei Luoghi, un programma di mutualismo formativo espanso rivolto ai soci e alle socie per favorire la circolazione di conoscenze e pratiche tra i diversi centri.
In occasione del suo primo incontro "fisico" a Milano (10/11 dicembre, presso Base a Milano), Lo Stato dei Luoghi lancia un position paper (curato da Claudio Calvaresi con i contributi di un gruppo di lavoro interno), che in anteprima offriamo qui alla lettura e alla riflessione, per costruire nuove visioni e spunti per nuove alleanze.
La rigenerazione urbana a base culturale
Contributo alla costruzione di una politica pubblica per la rigenerazione urbana attraverso le pratiche culturali
1. Siamo un’associazione che si occupa di luoghi. Luogo è una parola pesante, che richiama nozioni ingombranti, come identità, radicamento, comunità. Per noi, i luoghi sono, più laicamente, sperimentazioni che fanno incontrare, emergere, coagulare e consolidare energie sociali presenti nelle mille realtà del nostro Paese. Sono spazi di circolazione, encounters, dove persone (iperdiverse) incrociano percorsi e scambiano pratiche, che intendono essere rigenerative.
I luoghi sono l’uso che se ne fa. Il loro stato non è una condizione data, ma un processo. Sono zone di scambio, che innescano comunità a venire. Per questo, quelli che rappresentiamo, sono community hub.
2. Le pratiche sono ciò che le persone fanno.
Quelle che rappresentiamo sono pratiche che avvengono in un territorio, che intrattengono una relazione con lo spazio che le ospita. Definiscono il loro profilo in una conversazione riflessiva con il proprio contesto. Sono fatti sociali formati nello spazio. Possono affermare la loro presenza anche nello spazio digitale, non in sostituzione della (casomai insieme alla) presenza fisica. Rappresentiamo le pratiche mosse da intenzionalità progettuale, che sono veicolo di cambiamento. Le consideriamo pratiche culturali, perché incorporano riflessività, scambio, elaborazione di significati nel corso dell’azione.
Lavoriamo per affermare un nuovo ruolo delle pratiche culturali e artistiche, connettendole con progetti educativi e di welfare, e favorendo le produzioni artistiche contemporanee di ricerca, con l’obiettivo di contrastare le disuguaglianze e a favore dell’inclusione sociale. I luoghi della rete sono frutto di progetti culturali permeabili e innovativi, terreni fertili dove germogliano nuove idee e si produce cultura, facilitandone una fruizione estesa, aperta, generativa.
3. Le pratiche che rappresentiamo sono progetti collocati in uno spazio.
Sono progetti urbani, nel senso che si mettono in connessione con i territori che abitano, interpretando le molteplici varietà dell’urbano: dai poli urbani maggiori ai piccoli centri delle aree interne.
In quanto urbani, sono progetti integrati, in grado di fornire risposte innovative ai problemi pubblici, perché superano l’organizzazione “per silos” delle politiche di settore, attraversando cultura, welfare, educazione, transizione ecologica e digitale, ecc. Sono multidimensionali, oltrepassando i confini delle discipline e dei saperi.
Operano dentro campi di azione transcalari, dando luogo a reti di attori che vanno dal livello locale a quello internazionale.
4. L’innovazione non sta solo nel contenuto delle cose che si fanno, ma nel modo in cui le si fa. Lo Stato dei luoghi promuove co-creazione e city making, attivazione diretta e forme di co- progettazione tra cittadini e istituzioni. Lo scopo è costituire nuovi attori delle politiche pubbliche, oltre l’idea della partecipazione come pura facilitazione dei processi decisionali.
5. Siamo attori di policy. Abbiamo capitale relazionale, alleati e soggetti a noi vicini e interessati. Abbiamo costruito un patrimonio di credibilità e siamo interlocutori di altri attori di policy: amministrazioni pubbliche e fondazioni, developer e terzo settore.
Programmi pubblici ci vedono come riferimento. Siamo oggetto di studio e collaboriamo alla disseminazione di nuove idee.
6. La rigenerazione urbana è di norma descritta come l’impatto atteso di una serie di interventi di natura edilizio-urbanistica per trasformare spazi degradati. Per essere legittima, la rigenerazione ha bisogno del degrado. Noi scegliamo una definizione che guarda ai processi, alla cura delle interazioni tra le persone e gli spazi, prima che alle opere. Non abbiamo bisogno del degrado per orientare le nostre pratiche. Non esiste il degrado, esistono condizioni di esclusione, marginalità, povertà, che si riflettono in divari sociali e spaziali. Lo Stato dei luoghi lavora per trattare queste condizioni, ma anche per cogliervi risorse, segnali di innovazione, capacità e aspirazioni. Siamo intraprendenza e cura, making e misericordia, artigiani di alleanze.
7. Tuttavia, dobbiamo riconoscere che non è un buon momento per le idee complesse, che necessitano di tempo e cura. Le semplificazioni sono preferite: si dice che occorre aprire i cantieri, decidere in fretta, spendere rapidamente. Disegni di legge sulla rigenerazione urbana riaffermano il linguaggio del degrado e dell’azione pubblica come risanamento. La nostra opzione è a favore dell’investimento sugli spazi della cultura, come campi di sperimentazione e strumenti a sostegno della transizione giusta.
8. Di fronte a sé, Lo Stato dei Luoghi ha la sfida di un salto di scala. Dobbiamo passare dal pulviscolo delle tante inclinazioni locali alla costruzione di coalizioni per la progettazione e l’attuazione di programmi di rigenerazione urbana. Tuttavia, anche le politiche pubbliche devono cambiare, investendo sul management, sui modelli organizzativi per la loro attuazione, sugli attori in grado di farsene carico. Nei bandi nazionali di rigenerazione urbana è necessario che le azioni di accompagnamento e innovazione sociale vadano di pari passo con la riqualificazione fisica degli immobili e degli spazi aperti, con una congrua posta di risorse. Per implementare tali programmi, occorre definire veicoli organizzativi, in grado di gestire misure di intervento integrate: ad esempio, nei quartieri difficili delle città, potrebbero essere le “regie sociali di quartiere” (come proposto dalla Commissione parlamentare sulle Periferie); nelle città piccole e medie e nelle aree interne, “partenariati strategici locali”. Di questi dispositivi di pilotaggio, le realtà che lo Stato dei luoghi rappresenta possono essere componente fondamentale e innesco di alleanze inedite.
*per Lo Stato dei Luoghi
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