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La tortura? E’ legale

Novembre 1988, l’Italia ratifica la convenzione internazionale ma “dimentica” di modificare il suo codice penale. Così un reato atroce come la tortura non è neppure perseguibile.

di Cristina Giudici

Strano Paese il nostro. Mentre la polemica sui paracadutisti infuria, il comandante Bruno Loi offre la propria testa all?opinione pubblica e i vari filoni d?inchiesta frantumano le indagini sulle torture effettuate dai militari italiani in Somalia nel 1993, siamo stati ?folgorati? da una strabiliante notizia: In Italia torturare non è reato. Il nostro è l?unico Paese che dopo aver sottoscritto e ratificato la Convenzione Internazionale contro la tortura nel 1988, una volta tornato a casa si è dimenticato di introdurre nel codice penale la norma per punire i torturatori. L? ordinamento si rifà ancora al codice Rocco e prevede solo i reati di lesione, percosse e maltrattamenti. Nient?altro. La denuncia è arrivata in redazione dalla Lega dei diritti dei popoli, un?associazione che da sempre si occupa dei diritti civili e politici e ha redatto un appello per chiedere la modifica della legge. L?appello è stato firmato da alcuni penalisti, fra cui anche Gaetano Pecorella, il presidente dell?Unione delle Camere penali, Ettore Masina, Valerio Pocar e i genitori di Ilaria Alpi. «Ogni Stato metta al bando la tortura» La Convenzione Internazionale contro la tortura o trattamenti degradanti, crudeli e disumani firmata a New York nel 1984 è diventata legge nel novembre del 1988 dopo la ratifica ed esecuzione della convenzione nello stesso anno ( la firma della ratifica di un trattato internazionale diventa automaticamente legge per il governo che l?ha sottoscritta). E con riferimento alla Somalia va segnalato che tale legge prevede fra l?altro che l?ordinamento italiano punisca chi commette un atto di tortura all?estero. Secondo la Convenzione , « …ogni stato deve adottare misure legislative, amministrative e giudiziarie per impedire che atti di tortura siano commessi in qualsiasi territorio sotto la sua giurisdizione… L?ordine di un superiore o di un?autorità pubblica non può essere invocato a giustificazione della tortura?». E l?Onu sapeva già tutto La questione era già nota, però, alle Nazioni Unite che, durante l?ultima riunione della Commissione dei diritti umani del 1994, aveva espresso delle severe critiche nei confronti dell?operato del nostro governo: «La Commissione vede con enorme preoccupazione l?incremento di aggressioni e maltrattamenti compiuti da pubblici ufficiali nei commissariati e nelle carceri» si legge nel documento. «Il Governo italiano non fa indagini accurate e, visto che il reato della tortura non è stato codificato dall?ordinamento giuridico, spesso i colpevoli non vengono puniti…». Queste parole non dovrebbero affatto stupirci, visto che il rapporto del Cpt, Comitato Europeo per la prevenzione e la tortura, del 1992 (curato da Adriano Sofri per la Sellerio editore Palermo – ndr) aveva già denunciato i numerosi casi di maltrattamenti e tortura nei confronti dei detenuti, fra cui quella di un cittadino somalo recluso nel carcere di Regina Coeli, legato e picchiato in un sotterraneo del carcere romano. Nell?ultimo rapporto 1996 del Cpt, redatto dagli ispettori europei dopo aver compiuto alcune visite negli istituti penitenziari italiani, la tendenza viene confermata: le vittime dei maltrattamenti continuano ad aumentare, le offese sono gravi e gli obbiettivi sono quasi sempre gli stranieri. Il rapporto integrale, nelle mani dal governo da quasi un anno, non è ancora stato pubblicato, ma dagli stralci pubblicati dall?associazione Antigone si legge: «Il Cpt è pronto a far ricorso contro le autorità italiane per inadempienza, (dei trattati internazionali.ndr). Uno strumento utilizzato fino a ora solo due volte nei confronti della Turchia!». Nelle carceri, ma anche nelle strade Anche per Amnesty International la tortura in Italia c?è e si vede. Nel suo ultimo rapporto presentato 18 giugno scorso il nostro Paese si è meritato ben tre capitoli dove i pubblici ufficiali delle forze di sicurezza vengono mesi all?indice: «La violenza che fino all?anno scorso era circoscritta alle carceri, ora viene esercitata anche in luoghi pubblici o nelle strade», dice il presidente di Amnesty Daniele Scaglione , «ma la cosa più grave è che le denunce di maltrattamenti e tortura non servono a nulla perché le inchieste non vengono mai aperte. C’è un problema di impunità sociale, non c?è dubbio. Ci vuole una legge che preveda il reato specifico. Per la sua valenza simbolica e politica e perché ci vuole un deterrente». Il generale dorme sonni tranquilli E difatti gli avvocati difensori del maresciallo Valerio Ercole, ripreso dalle foto pubblicate da Panorama il 12 giugno scorso mentre si cimentava a applicare una scarica elettrica su un prigioniero somalo, hanno ammesso candidamente di non aver timore dell?accusa: «Non conosciamo ancora i capi di imputazione, ma per Ercole non andranno oltre alla lesione prevista dal codice ordinario» ci ha detto il suo avvocato De Gregorio «e se non interviene il reato di lesione aggravata può essere che la questione si fermi in Pretura. Le posso assicurare che il nostro cliente non rischia il carcere». Un certo imbarazzo è anche stato espresso dall?ex presidente della Consulta, Ettore Gallo, che presiede l?inchiesta ministeriale sulle torture in Somalia. Alla domanda: «Ci scusi, ma a cosa servono le inchieste se nessuno pagherà?» ha dovuto mordersi la lingua e rispondere a mezza bocca: «Avrebbe dovuto chiedermelo prima…» Ma perché l?Italia non ha inserito nel codice penale la legge n.498 del 3 novembre del 1988? Se Gaetano Pecorella non ha escluso l?eventualità che la decisione possa essere stata di ordine interno perché nel 1988 l?Italia era in piena legislazione di emergenza e le autorità avevano bisogno di avere le mani libere per combattere il terrorismo, secondo un giurista di Amnesty, Antonio Marchesi, si tratta solo di un?ennesima vicenda dell?Italietta: «Ci sono volute tre legislazioni per abolire la pena di morte dal codice militare…. e poi l?Italia è inadempiente rispetto a molti trattati internazionali, come per esempio quello di Ginevra sui conflitti armati, perciò non mi stupisco». Morale: viva l?Italia, l?Italia derubata e colpita al cuore, per dirla alla De Gregori. Un?Italia che vara leggi garantiste e poi non le applica. Che va ai fori internazionali per firmare i trattati internazionali e si ubriaca di intenzioni, ma poi preferisce affidarsi al codici fascisti. Ora sono in corso tre inchieste: militare, civile e ministeriale. Si devono appurare le responsabilità dei ?maltrattamenti ? per opera dei nostri militari in Somalia che in missione di pace sono andati a fare la guerra. Quindi? Viva l?Italia che si può permettere un ministro della Difesa come Beniamino Andreatta, che prima afferma :«Fra goliardia e tortura il confine è labile» e poi (sicuramente godendosela) aggiunge: «…Non ci saranno né tentennamenti, né incertezze né coperture…». E neanche reato. Viva l?Italia che tortura. L?opinione Due possibili interpretazioni. Una benigna: i nostri legislatori hanno ritenuto che la tortura appartenesse al passato. Una maligna, a cui sono più incline: nell?epoca in cui il nuovo codice penale è stato approvato, hanno pensato che non fosse opportuno introdurre una norma che potesse colpire pubblici ufficiali. E infatti negli anni del terrorismo sono state aperte delle inchieste sui maltrattamenti (in alcuni casi si trattava di vera e propria tortura) per mano di pubblici ufficiali nei confronti di detenuti che non sono mai state portate a termine. Nonostante l?Italia abbia sottoscritto la Convenzione Internazionale contro la Tortura nel 1988, il nostro codice penale non è mai stato adeguato. Nel caso delle torture in Somalia, bisognerà vedere se il codice militare di pace punisce reati compiuti da italiani all?estero visto che il reato della tortura non è previsto neanche da quello.Ho firmato l?appello della Lega dei diritti dei popoli perché credo che si debba assolutamente introdurre il reato della tortura nel nostro codice. Il reato del maltrattamento prevede pene molto lievi mentre quello della tortura è un reato molto grave: non so se questo possa risolvere il problema dell?impunità, ma almeno servirebbe come deterrente.

di Gaetano Pecorella presidente dell?Unione delle Camere penali


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