A parecchie settimane dall’inquinamento da idrocarburi, il Delta del Po, uno degli ambienti più ricchi di biodiversità d’Italia per le sue estensioni di zone umide e lagune, è al centro delle cronache ambientali e, ancora una volta, emerge la sua estrema vulnerabilità. La moria di vongole segnalata a fine marzo dai pescatori del Delta del Po, associata ad insoliti spiaggiamenti di ricci e stelle marine, ha fatto scattare l’allarme.
Il WWF sottolinea come a un mese di distanza dall’emergenza Lambro-Po, con lo sversamento di circa 2.800 tonnellate tra gasolio e olii combustibili, si è ancora in attesa dell’ordinanza che avrebbe dovuto sbloccare e avviare un piano di monitoraggio per valutare le conseguenze sull’intero ecosistema.
Ai proclami rassicuranti della Protezione civile e del ministero dell’Ambiente, non sono seguite le urgenti azioni necessarie e non è dato sapere se siano disponibili o meno i 12 milioni che avrebbero costituito una prima tranche di contributi per coprire le spese delle prime azioni di bonifica, le indagini supplementari, l’avvio di un piano di monitoraggio integrato e la redazione del piano di bonifica. Il WWF ha proposto un piano di monitoraggio che preveda analisi chimiche delle acque e dei sedimenti, e lo studio per verificare eventuali bioaccumuli di inquinanti nei tessuti di molluschi, pesci, piante acquatiche.
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