Contrasto alle mafie
L’arte confiscata alle mafie torna a essere bene comune
Sono state sequestrate a Gioacchino Campolo, il "re dei videopoker", e a Gennao Mokbel, boss vicino alla Banda della Magliana, le collezioni esposte per la prima volta a "Trame, il festival dei libri sulle mafie", di cui VITA è media partner. Opere acquisite col malaffare, restituite alla comunità, che aprono una nuova stagione che mette al centro l’arte e la cultura per contrastare la criminalità e l’illegalità
Ammirarle tutte insieme, l’una dietro l’altra, in un simbolico allineamento di temi e obiettivi, provoca prima di tutto una piccola morsa allo stomaco, un moto di stizza, subito dopo arriva un senso di sollevo, quasi di rivalsa, perché le 44 opere che compongono la mostra “Visioni civiche – L’arte restituita. Dalle opere confiscate alle mafie al bene comune”, inaugurata a “Trame, il festival dei libri sulle mafie” di Lamezia Terme, sono il frutto di sequestri ad alcune organizzazioni criminali attive in Italia, attualmente nelle disponibilità dell’Agenzia dei beni confiscati e della Città Metropolitana di Reggio Calabria, in una parte non fruibili.
Rendere permanente la collezione Mokbel qui a Lamezia rafforzerebbe il percorso da noi avviato per dimostrare come pian piano riusciamo a sottrarre pezzi alle mafie
Nuccio Iovene, presidente “Fondazione Trame”
Promossa da Fondazione Trame e associazione MetaMorfosi, con il Patrocinio del Ministero degli Interni ed il sostegno della Fondazione CDP, ente no profit del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti nell’ambito della prima edizione del bando Ecosistemi Culturali, l’esposizione ci fa riflettere sul fatto che i criminali hanno da sempre debole per l’arte, ma senza un reale fondamento rispetto al fatto che, chi era in possesso di queste opere, fosse consapevole della loro importanza dal punto di vista artistico. Chiaro che si tratta di mero frutto di affari, che nulla ha a che vedere con la capacità di esprimere un reale giudizio critico.
Anche i mafiosi facili prede di truffatori che sfruttano la loro ignoranza
«Raramente» è la riflessione che ci aiuta a fare il curatore, Lorenzo Canova, «riuscivano a resistere alla tentazione di aggiungere un pezzo pregiato alle collezioni private. Il percorso espositivo comprende, così, una serie di lavori che ci parlano anche del gusto personale dei mafiosi-collezionisti o del loro desiderio di accumulare arte di artisti affermati o di autori emergenti, opere uniche o tirature di grafiche, passando dalla pittura alla scultura, fino a opere installative o polimateriche. È interessante notare come, nelle confische, ci siano non solo lavori di importanti maestri dell’arte italiana e internazionale tra Ventesimo e Ventunesimo secolo, ma anche dei quadri falsi come quello, esposto in mostra, che vuole contraffare un dipinto di Giorgio Morandi. Un documento paradossale che ci fa capire come anche i criminali possano, con ogni probabilità, essere vittime di una truffa».
A fare bella mostra di se, in attesa di trovare collocazione in un altro spazio cittadino, per consentire ad altre persone di ammirarle una volta spenti i riflettori sul Festival, ci sono le opere sequestrate a Gioacchino Campolo, il noto bosso mafioso , “re dei videopoker” , esposte al Palazzo Crupi di Reggio Calabria, e quelle sequestrate nel 2010 a Gennaro Mokbel, finanziere vicino alla Banda della Magliana, quindi “Mafia Capitale”, mai esposte finora. Tra la quarantina di opere quelle di alcuni tra i più grandi maestri del Novecento tra cui Giorgio De Chirico, Antonio Ligabue, Paul Kostabi, Michele Cascella, Michele Cassinari, Cesare Berlingeri, Massimo Catalani, Luca Dall’Olio, Marco Lodola, Max Marra, Paolo Porelli, Pietro Annigoni, Franz Borghese e Bruno Caruso.
Una proposta nuova per Trame che dimostra di sapere guardare oltre
«Le collezioni sono del tutto diverse tra di loro», spiega Nuccio Iovene, presidente della Fondazione TRAME «ma entrambe molto importanti. Quella in possesso di Mokbel è ancora più importante in quanto tra il suo patrimonio c’era anche una galleria d’arte in via Margutta. Per la prima volta siamo nelle condizioni di ammirare questo immenso e importantissimo patrimonio artistico sottratto alle mafie, ma che appartiene a tutti noi. Dopo il Festival le opere di Campolo torneranno a Reggio Calabria, mentre per le altre ci siamo proposti di ospitarle in uno spazio dedicato. Crediamo di avere dimostrato di essere in grado di proporre un percorso critico e di riflessione capace di mantenere alta l’attenzione sulla pericolosità delle mafie. Lo abbiamo fatto attraverso le tantissime proposte editoriali, ma lo facciamo quotidianamente, durante tutto l’anno, dando concretezza ad azioni volte al contrasto dell’efferatezza mafiosa. Attendiamo risposta rispetto alla nostra proposta».
In apertura opera di Marco Lodola, Gita, Collezione Mokbel (tutte le foto sono state fornite dall’ufficio stampa di TRAME)
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.