Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Inclusione

Le politiche migratorie mettano al centro l’uomo 

Lo dicono le Acli, commemorando i minatori italiani morti a Marcinelle, nell'anniversario della strage. Furono migranti e lavoratori vittime delle mancata sicurezza

di Alessio Nisi

lavoro

L’8 agosto 1956 un’esplosione dovuta a un errore umano uccise 262 persone, di cui 136 lavoratori italiani, nella miniera di carbone del Bois du Cazier, alle porte della cittadina belga di Marcinelle. Sono passati 67 anni da quel dramma, ma morti bianche e infortuni sul lavoro continuano ad essere una piaga, soprattutto nel nostro Paese. I dati sono tutt’altro che confortanti. «Mentre il dibattito nazionale sul lavoro torna al centro dell’attenzione, tra salario minimo e le trasformazioni del Reddito di Cittadinanza, non dobbiamo dimenticare che ogni anno le morti bianche sono più di 1000, già 500 quelle ufficiali di questa prima metà del 2023, in aumento e, ogni mese, l’Inail riceve una media di 250mila denunce di infortuni», ricorda Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani – Acli, che ha partecipato di persona alla commemorazione del più grande disastro sul lavoro che abbia mai coinvolto cittadini italiani.  «Questi minatori», ricorda Manfredonia, «furono “moneta di scambio” del nostro governo di allora: uomini in cambio di carbone».

Al centro Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli intervenuto alla cerimonia in onore dei lavoratori morti nella miniera di carbone del Bois du Cazier, alle porte della cittadina belga di Marcinelle

Lavoro e immigrazione, ieri come oggi

Oggi come allora il tema del lavoro è avvitato su quello dell’immigrazione. «Oggi l’Italia è divenuta a sua volta un paese di immigrazione, senza che sia cessato, però, il flusso dei nostri connazionali che vanno all’estero a cercare lavoro (90mila l’anno, soprattutto giovani secondo le ultime stime)», sottolinea sempre Manfredonia. 

Sicurezza, dignità e politiche migratorie non miopi

«Il lavoro deve essere sinonimo di dignità per la donna e per l’uomo. Per questo non dobbiamo trascurare il tema dei migranti economici, spesso stigmatizzati per la loro scelta rischiosa quando arrivano in Europa attraversando deserti e mari» dice Manfredonia. «Ricordiamo che il Mediterraneo è ormai il più grande cimitero a cielo aperto di persone che fuggono dalla povertà per cercare un futuro migliore per sé e per le proprie famiglie: la loro sicurezza deve essere garantita da politiche migratorie più organiche e che guardino al lungo periodo, che mettano al centro la persona e la sua dignità». 

Infortuni sul lavoro? Si faccia di più e meglio

Una presenza quella del presidente delle Acli che è anche volontà di «testimoniare che le Acli non abbandonano gli emigranti italiani, vecchi e nuovi. Le nostre numerose sedi all’estero, proprio nei paesi più interessati dall’emigrazione italiana, provano l’impegno dell’associazione nel seguire tutti i lavoratori, italiani, immigrati ed emigranti». Manfredonia, ha anche evidenziato il costante impegno delle Acli per contrastare la piaga degli infortuni sul lavoro, «sollecitando costantemente le autorità e i datori di lavoro a rafforzare le condizioni di sicurezza sul posto di lavoro».

La foto in apertura è di Umit Yildirim per Unsplash. Nel testo le immagini della cerimonia di commemorazione dei minatori morti a Marcinelle in Belgio, credits Ufficio Stampa Acli


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA