Non profit

Ledha, un esempio che dura da 30 anni

di Redazione

Trent’anni ma non li dimostra. La Ledha – Lega per i diritti delle persone con disabilità festeggia in questi giorni un anniversario importante. Nata a Milano nel 1979 per intuizione di un imprenditore lombardo padre di un ragazzo disabile, Edoardo Cernuschi, quella che allora si chiamava Lega dei diritti degli “handicappati” ha fatto molta strada, non solo con le parole, ma soprattutto con i fatti, con una concretezza tutta connaturata al welfare ambrosiano. È per questo che sono orgoglioso di esserne oggi il portavoce, scelto per questo incarico da un direttivo giovane e dinamico, specchio fedele di due aspetti dell’associazionismo, il radicamento nel territorio, la piena integrazione di familiari e di persone con disabilità.
Trent’anni di battaglie avendo in mente i diritti, non solo i bisogni. I diritti: fin dall’inizio, come a sottolineare, ancor prima che esistesse una legge quadro (bisognerà arrivare al 1992), che non esiste solo una dimensione assistenziale, solidaristica, benefica, come in fondo era abituale nella filantropia milanese. Il diritto a conoscere le leggi e a essere tutelati ha fatto nascere a Milano uno dei primi servizi legali a disposizione non solo degli iscritti, ma di qualsiasi cittadino, gratuitamente. Il diritto alla salute ha fatto nascere il Dama, il servizio di corsia preferenziale all’ospedale San Paolo, per indirizzare subito le cure dei pazienti che fanno fatica ad esprimersi e richiedono dunque una diagnostica veloce e competente, con l’aiuto dei volontari familiari. E poi il diritto al tempo libero e alla cultura, con la realizzazione, unica in Italia, di una mediateca con il meglio della cinematografia e dei cortometraggi sull’handicap. Nasce «Lo sguardo degli altri», un festival di cinema di grande qualità, pionieristico, ben prima che Rain man sdoganasse a Hollywood il tema della disabilità. Dedico volentieri queste righe a Ledha, perché è questa l’Italia che merita voce e spazio.

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