Welfare

Lega araba, la lega degli inamovibili

Un organismo sotto accusa

di Redazione

C’è un tasso di litigiosità oltre l’immaginazione.
Eppure sono sempre tutti lì. Incapaci di rinnovarsi e di difendere
i propri popoli. Almeno imparassero da quelli del G20…di Fatima El Harki
Perché il mondo arabo, nonostante la lingua, la religione, le tante tradizioni storiche comuni, non riesce ad essere unito? Quando i leader arabi smetteranno di usare la politica estera statunitense e lo sionismo come capro espiatorio? Perché i leader arabi sono in disaccordo su tutto? A cosa serve allora la Lega araba ?
Le divergenze tra i leader arabi e le loro rivalità politiche sono radicate nel sistema, fanno parte del loro dna. Le loro soluzioni per risolvere i problemi nei loro Paesi hanno solo mantenuto la gente in condizioni di povertà e di sofferenza. Anche se sulla carta, tramite l’istituzione della Lega araba, i leader arabi sono uniti, essi non sono in grado di superare l’impasse che tiene gli Stati arabi imprigionati in una situazione di perenne instabilità e che non permette loro di massimizzare le ingenti risorse naturali ed umane.
La Lega Araba non riesce a fare il salto di qualità perché soffre di mania di potere che legittima regimi illiberali nei quali si susseguono al governo i figli dei re, i parenti dei sultani e presidenti incapaci che sono lì solo per diritto di “successione” senza avere nessun merito. Una barzelletta algerina prende in giro il figlio di un potente politico che vorrebbe svolgere un ruolo importante nella vita. Il padre, grazie alle sue conoscenze, gli propone di diventare presidente, ministro, ambasciatore o parlamentare, ma lui rifiuta a causa della troppa responsabilità. Il padre sconsolato gli ribadisce che sarà dura in quanto per tutti gli altri lavori bisogna aver studiato.
Anche la politica estera è un disastro. Durante la guerra a Gaza, malgrado le manifestazioni di collera della popolazione, i leader arabi non sono neppure stati in grado di convocare un vertice straordinario della Lega, magari uno simbolico. Sono apparsi, ancora una volta, divisi e privi di peso politico, incapaci di rispondere alla guerra e alla esigenze della nascita di uno Stato palestinese. Agli occhi di molti arabi la questione palestinese è solo una scusa per evitare ogni altra decisione, per continuare a comportarsi come cani (insulto ricorrente nell’humour politico arabo, ancora più dispregiativo di asino) che abbaiano ma non mordono. Gli arabi, anche quando i loro interessi vitali vengono messi in gioco, sono incapaci di collaborare insieme come una squadra. La verità è che si odiano e si temono l’un l’altro più di quanto odino e temano Israele.
Il summit della Lega araba a Doha è finito in concomitanza dell’inizio G20 in Gran Bretagna. I leader democraticamente eletti occidentali hanno stabilito che i manager delle grandi istituzioni finanziarie se falliscono non avranno un bonus e che essi saranno scelti in base al merito. I leader arabi invece si sono accontentati di seguire il solito protocollo: governare come Allah comanda perché sono tutti casualmente discendenti diretti o quasi diretti del profeta. Più passa il tempo e più mi convinco che pensano veramente di esserlo.

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