Welfare
L’equilibrio dei cattolici
Alla conferenza sull'Immigrazione del Movimento Cristiano Lavoratori, il Card. Sepe ha auspicato di «Cercare soluzioni che tengano conto dei diritti naturali e dei doveri»
di Redazione
Bisogna trovare un modo per gestire l’immigrazione, che è la vera questione delle società del nostro tempo. Bisogna trovare un modo per contemperare le esigenze di accoglienza e valorizzare le nuove e fresche risorse umane, trovando gli strumenti per assicurare una vita dignitosa a chi viene da noi, anche per allontanare gli immigrati dalle tentazioni della criminalità. E’ il filo conduttore emerso a Napoli, nel corso della prima Conferenza nazionale del MCL sull’immigrazione, intitolata “Immigrazione nella legalità: identità e incontro”, che si è svolta lo scorso venerdì e sabato. Ospite d’onore della mattinata il Cardinale Crescenzio Sepe. Arcivescovo Metropolita di Napoli, che ha esortato la platea di oltre 250 dirigenti del Movimento Cristiano Lavoratori impegnati nel settore a “non tenere occhi chiusi, ad affrontare il problema. «Anche la Caritas in Veritate – ha ricordato il Cardinale – focalizza gli aspetti piu’ rilevanti sottolineando la complessità di gestire il problema. Il punto è che non tutti hanno solo diritti e non tutti hanno solo doveri. Abbiamo davanti una sfida drammatica, che oggi dobbiamo assolutamente affrontare, e lo vediamo anche in queste ore». Per l’Arcivescovo di Napoli è però necessario «evitare soluzioni Sbrigative», ma bisogna cercare «soluzioni equilibrate che tengano conto da una parte dei diritti naturali dall’altra anche dei necessari doveri». «Papa Giovanni Paolo II – ha ricordato ancora il Cardinal Sepe – ha sottolineato spesso l’unità della famiglia umana: esiste una sola famiglia umana che poi si incarna in diverse popolazioni, nazioni, culture. Da questo punto centrale si debbono snodare tutte le considerazioni che si possono fare». Ma è essenziale «collaborare tutti insieme per dare un filo di speranza».
Il Presidente nazionale del MCL, Carlo Costalli, ha esortato a «evitare l’assistenzialismo piagnone. Delle barriere di ingresso, o meglio dei ‘confini’, ci vogliono – ha detto – però esse devono anche rispondere ad esigenze umanitarie di accoglienza di chi è perseguitato ed in ogni caso, davanti a un immigrato, anche clandestino, non cessano i doveri che si hanno nei confronti di ogni persona umana». Sabato è intervenuto anche Mons. Giancarlo Perego, Direttore della Fondazione Migrantes: «tra i fenomeni del cambiamento c’è la mobilità», ha detto. «Un fenomeno complesso alimentato dalla globalizzazione e dalla comunicazione, che interessa in prevalenza aree geografiche caratterizzate da insufficienti risorse economiche e/o da economie in transizione». Impressionanti i numeri che Mons. Perego ha snocciolato: «Ogni anno nel mondo si mettono in moto un miliardo di persone: 800 milioni all’interno del proprio Stato, 200 milioni che lasciano il proprio Paese per altri. Si tratta di 100 milioni in più rispetto a dieci anni fa. Questi dati ci devono indurre a leggere la mobilità all’interno di un discorso di cooperazione internazionale». «La mobilità che ha avuto protagonista per diversi secoli l’Europa, vede oggi protagoniste altre nazioni. L’Italia sta vivendo anch’essa già dagli anni ’80 il fenomeno dell’immigrazione. E’ diventata, insieme agli Stati Uniti, il più grande Paese di pressione migratoria. Una realtà migratoria molto forte: 5 milioni di persone, 1 persona su 12, con 198 nazionalità diverse, 140 lingue diverse». Insomma, l’immigrazione sta cambiando la nostra vita, sta strutturando diversamente la vita della città, delle famiglie e delle persone «soprattutto in cinque ambiti: il mondo del lavoro, la famiglia, la scuola, la nazione, la comunità cristiana». Allora come affrontare questo cambiamento? Per il Direttore della Fondazione Migrantes «le piste di lavoro sono numerose: dall’identità/incontro-relazione agli strumenti come il Patronato, centrale nell’attività del MCL. La strada che insieme siamo invitati a percorrere è quella della interculturalità, che passa anche da una consapevolezza nuova di incontri, relazioni, legami che comprendono persone, storie e popoli nuovi, che toccano la nostra vita nei luoghi della quotidianità, dello sportello, del laboratorio, dove sperimentare una santità laicale» ha concluso Mons. Perego.
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