In vacanza con

L’estate è fatta per amare. E scoprire di essere amati

Dal 2019 Avsi propone campi estivi per ragazzi, a partire dai 16 anni, per scoprire le realtà e i progetti in cui l'ong opera in Kenya e Uganda. Sono partiti già 240 giovani. Francesca Ancarani, 25 anni: «Sono partita per andare a fare volontariato, ma quello che ho avuto è stato molto di più di quello che ho dato. Sono esperienze che ti cambiano la vita: ora sto svolgendo un anno di servizio civile a Nairobi»

di Chiara Ludovisi

«Che onore! Però alle 19 italiane starò andando in aeroporto per accompagnare il gruppo di Campus Kenya che ha oggi finito l’esperienza. Meglio se ci sentiamo lunedì mattina»: è il messaggio con cui mi risponde Francesca su WhatsApp, quando le scrivo per chiederle di poterla intervistare. Il suo nome mi è stato suggerito da Chiara Savelli, coordinatrice delle risorse umane di Avsi, a cui ho chiesto di raccontarmi cosa sono e come funzionano i campi estivi che da qualche anno Avsi organizza per i ragazzi e le ragazze, a partire dai 16 anni.

Nonostante sia in ferie, volentieri si rende disponibile: anche a distanza, si percepisce l’entusiasmo e l’affetto particolare che nutre verso questo pezzetto dell’attività di Avsi, che cresce di anno in anno. «I campi sono nati nel 2019, a seguito di tanti anni di pressione da parte dei ragazzi a cui era capitato di ascoltare i nostri testimonial nelle scuole o nelle università. Dopo averli sentiti parlare dei loro Paesi, tanti ci chiedevano di poter andare a vedere con i loro occhi quello che avevano sentito raccontare, di poter vedere il lavoro di Avsi sul campo. Inizialmente, ho fatto un po’ di resistenza, perché mi spaventava l’aspetto organizzativo: non è facile mettere in piedi esperienze del genere, soprattutto se si vuole aprirle anche ai minorenni. Poi mi sono convinta che andasse fatto: in due dei Paesi in cui operiamo, il Kenya e l’Uganda, c’erano le condizioni adatte per ospitare i ragazzi: così, nell’estate 2019, sono partiti i primi gruppi. Ad oggi, sono 240 i ragazzi che hanno partecipato ai campi estivi: solo quest’anno, sono stati 85. Gli ultimi sono rientrati dal Kenya proprio pochi giorni fa. All’incontro di presentazione del campo, che teniamo online a gennaio, quest’anno erano collegati 180 ragazzi!».

I numeri crescono con il solo passaparola: «I ragazzi tornano entusiasti e raccontano l’esperienza ai loro amici, così le richieste sono ogni anno di più, tanto che stiamo pensando di strutturarli meglio», spiega Savelli. Al momento, le destinazioni sono Uganda e Kenya, due esperienze molto diverse: la prima, pensata per i ragazzi delle superiori, si svolge tra giugno e luglio all’interno di un orfanotrofio, in cui i giovani volontari condividono spazi e tempi con i bambini e le bambine. In Kenya, invece, i campi si svolgono tra luglio e agosto e i partecipanti vengono divisi in gruppi da 2 o 3 persone e ospitati presso diverse strutture e famiglie. La durata è dalle tre alle quattro settimane, i costi si aggirano intorno ai 2.500 euro, tutto compreso. «I ragazzi e le ragazze hanno la possibilità di vedere il lavoro della nostra associazione e dei nostri partner, partecipano alle attività con i bambini e fanno ciò di cui c’è bisogno. Durante il periodo, sono organizzate anche gite e safari, ma soprattutto entrano a contatto con la cultura del posto e incontrano testimoni che raccontano il contesto in cui si trovano e l’impatto dei nostri progetti. Alla fine, rientrano sempre molto contenti. Nel tempo, si sta sempre più caratterizzando come un’esperienza educativa, piuttosto che ricreativa: riceviamo anche richieste specifiche dalle scuole, durante l’anno, per svolgere campi scuola con noi».

Due partecipanti a uno dei campi di AVSI

A proposito di esperienza educativa, un altro elemento fondamentale è quello della comunicazione: «Ci sta particolarmente a cuore che i ragazzi raccontino con le parole e le immagini giuste, nel rispetto delle persone e dei contesti che incontrano: diamo loro le istruzioni e le indicazioni necessarie affinché possano condividere la loro esperienza anche sui social, ma con un linguaggio adeguato. Un’altra competenza che indubbiamente acquisiscono, durante questi campi, è quella linguistica, visto che in quelle settimane devono comunicare in inglese». Per i più grandi, naturalmente, è anche un modo per perfezionare le proprie competenze in vista di una professione: «Quest’anno, per esempio, un gruppo di nove neo-laureati in Medicina ci ha chiesto di poter fare un’esperienza di tre settimane in Kenya a settembre, presso il dispensario. Hanno fatto una colletta tra gli amici, per poter pagare il viaggio. E poi ci sono tanti figli di sostenitori, che ogni anno ci chiedono di poter andare a visitare i progetti: davvero c’è tanto interesse. Non è vero che i ragazzi sono apatici e disimpegnati: noi vediamo sempre tanti giovani pieni di entusiasmo e motivazione. L’importante è offrire loro occasioni e possibilità».

Francesca: «In quei campi estivi ho imparato a farmi amare»

Francesca Ancarani ne è la prova vivente. La chiamo alle 8.30 di mattina di un lunedì di agosto: è già al lavoro, nella sede di Avsi a Nairobi, dove è arrivata a metà giugno per il suo anno di servizio civile. Ma tutto è iniziato con un campo estivo. «Ho partecipato al Campus Uganda nell’estate 2023, dopo aver ascoltato le testimonianze di due persone, Anna e Maria, che mi avevano colpita molto. Gli occhi e il cuore mi dicevano: “Anch’io voglio farlo”. E così ho partecipato all’incontro di presentazione dei campi di Avsi: eravamo in 200 alla presentazione e i posti erano solo otto. Mi hanno selezionata e questa è stata la prima grande fortuna. Ci hanno poi detto che uno dei partecipanti sarebbe stato scelto per partecipare gratuitamente al campus in Kenya l’anno successivo. Hanno scelto me: è stato un grande onore e una grande possibilità. Anche quella seconda esperienza, pur molto diversa dalla prima, è stata bellissima. A chi mi chiede quale sia stato meglio, rispondo che è come domandarmi se voglia più bene alla mamma o al babbo».

Oggi Francesca ha 25 anni e una laurea in Scienze della Formazione primaria da poco conseguita. «Ero rientrata dal Kenya con una gran voglia di tornarci per un periodo più lungo: così ho deciso di fare domanda per il servizio civile. Per la terza volta, sono stata fortunata e sono felicissima di essere qui».

Francesca e “Mummy”

In Uganda, Francesca ha svolto la sua esperienza all’interno dell’orfanotrofio, insieme agli altri partecipanti al campo. In Kenya, invece, è stata ospitata da una famiglia. «Se dovessi dire cosa hanno rappresentato per me questi due campi estivi direi, da cristiana cattolica, che lì ho incontrato Cristo. Ciò non significa che non possa incontrarlo ogni giorno anche a Casalecchio sul Reno, dove abito. Ma lì è stato più visibile. Ero partita dicendo che andavo a fare volontariato, sono tornata dicendo che gli altri avevano fatto volontariato con me, tanto mi sono sentita amata, aiutata, arricchita».

C’è un aneddoto, in particolare, che Francesca ama ricordare, tanto l’ha colpita e segnata: «Durante il primo campo in Uganda vivevo in un orfanotrofio, in cui i bambini erano accuditi da questa “Mammy”. La chiamavo “Mammy” anche io. Un giorno ero con lei a lavare i panni fuori, mi ero tirata su i pantaloni e avevo le gambe e i piedi tutti sporchi di fango. A mezzogiorno dovevo andare a pranzo dalle sorelle comboniane, sarei tornata dopo un’ora. La “Mammy” mi ha chiesto di aspettare: me lo ha chiesto a gesti, non riuscivamo a comunicare a parole, lei non parlava l’inglese, ma in qualche modo riusciamo sempre a capirci. È tornata con una bacinella di acqua pulita e del sapone, si è abbassata e ha iniziato a lavarmi i piedi. Io mi sono sentita molto a disagio, vedendo quella donna di 50 anni, nera, che stava inginocchiata ai piedi di una 23 enne bianca per lavarli. L’ho pregata di smettere, di fermarsi, ma lei mi ha rivolto uno sguardo così dolce e sereno che ha messo a tacere il mio disagio: ho capito che quello che stava facendo era bellissimo, perché lei stava esprimendo il suo amore. E mi stava toccando e amando nel mio punto più sporco. Mi sono sentita amata. E quell’amore mi ha segnata per sempre. Penso che per un ragazzo o una ragazza un’esperienza del genere sia preziosa e auguro a  tutti di poterla vivere». 

Proprio sabato scorso, Francesca ha riaccompagnato in aeroporto i ragazzi e le ragazze che, per 25 giorni, hanno partecipato al campo estivo in Kenya. «Ho trascorso insieme a loro i primi quattro giorni, prima che si dividessero in gruppi e raggiungessero le diverse destinazioni. Poi li ho sentiti più o meno due volte a settimana, per sapere come stessero vivendo l’esperienza. Infine, li ho reicontrati l’ultimo giorno e abbiamo condiviso qualche riflessione. Erano tutti molto contenti e d è stato bello poter vivere con loro queste settimane: ha aiutato anche me a rendermi conto di tanta bellezza che vivo ogni giorno, pur nella consapevolezza delle fatiche e le difficoltà, che non possono mancare». Francesca resterà qui ancora dieci mesi, ma dice già: «Se potrò, resterò ancora di più. Casa non mi manca, perché qui sto così bene che mi sento a casa. Non so se la mia strada sia segnata: so per certo che queste esperienze stanno lasciando in me segni che non potrò e non vorrò mai cancellare».

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La foto di apertura e le foto interne sono fornite da Avsi e da Francesca Ancarani

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