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Liberi di volare

di Franco Bomprezzi

Sì, c’è anche il numero del letto: 15. Un piccolo progresso dal letto 14 dell’Unità Spinale di Niguarda, da dove vi ho scritto qualche anno fa piccole cronache di degenza e di umanità. Questa volta mi trovo al Centro Clinico Nemo, sempre a Niguarda. Ho scelto di ricoverarmi qui per capire bene che cosa stesse succedendo al mio organismo, che non sta funzionando a dovere, e non solo per le conseguenze di un’embolia polmonare. Avevo ragione, c’era altro, problemi per così dire di funzionamento nientemeno che del pancreas e del fegato. Lo hanno capito in poche ore di day-hospital e quindi non mi hanno lasciato andare a casa, ma sono stato accolto subito in questo reparto luminoso, caldo, dai colori pastello della speranza e della serenità: i colori del pesciolino Nemo. Perché qui c’è una rete che spinge verso l’alto, con affiatamento e competenze elevatissime. Dicevo del numero del letto. In realtà la camera nella quale mi trovo ha un nome: “Liberi di volare”, e dentro è piena di fumetti che rappresentano aerei in volo, e persino sul pavimento sono tracciati aeroplanini color arancio.

E’ un centro specializzato nato dall’incrocio di tante volontà e di personaggi tenaci: Alberto Fontana, Mario Melazzini, Renato Pocaterra, come dire Uildm e Telethon, Aisla, Famiglie Sma (atrofia muscolare spinale). Il tutto convergente nella Fondazione Serena, un modo concreto di coniugare ricerca e assistenza, e offrire un servizio di eccellenza a tante famiglie che non avevano fino a pochi anni fa un riferimento unico al quale rivolgersi con fiducia.

Ecco, è qui che sto combattendo una nuova battaglia per ritrovare salute e qualità della vita. Coccolato dalle Oss e dagli infermieri, curato con attenzione certosina dall’équipe medica, sento già i primi segni della riscossa. Ma sono anche giorni nei quali il pensiero è davvero libero di volare. Il pensiero di ciò che ho fatto sino ad ora, di ciò che vorrei continuare a fare a lungo, l’analisi serena dei progetti che mi spingono a guarire in fretta, perché c’è tanto da fare.

In un Paese nel quale sembra che nulla funzioni, ho trovato la conferma che non è vero, non c’è da disperarsi. Volevo per ora condividere con voi questa mia sensazione di serenità. Ne scriverò ancora.


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