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L’Italia delle armi un business esplosivo

Il settore pesa quasi il 10% dell'intero export tricolore. E ora con l'elicottero Agusta ha conquistato anche la Casa Bianca (di Riccardo Bagnato e Benedetta Verrini).

di Benedetta Verrini e Riccardo Bagnato

Una galassia da 50mila addetti per oltre 10 miliardi di euro l?anno di fatturato: sono le cifre delle imprese nazionali della difesa fotografate nella Relazione di esercizio 2003 dell?Aiad, l?Associazione industrie per l?aerospazio, i sistemi e la difesa. L?Aiad è una sorta di Confindustria del settore difesa, un?associazione industriale che rappresenta e promuove gli interessi dei suoi componenti. Con i suoi novanta associati (tra cui si trovano le maggiori realtà italiane come Fincantieri, Oto-Melara, Finmeccanica e Beretta), rappresenta una perfetta cartina di tornasole per comprendere il ruolo del settore armamenti nell?economia italiana. Non si tratta, ovviamente, di un comparto qualunque. La nostra industria per la difesa è la quarta in Europa ed è considerata la punta di diamante del made in Italy tecnologico. Dal 2000 in poi, in anni difficili per tutto l?export italiano, ha conosciuto una costante crescita di fatturati, passando da 7.437 milioni di euro nel 2000 a 10.300 milioni nel 2003. Il peso del settore aerospaziale e della difesa sul Pil del nostro Paese è dell?1% circa, e contribuisce al saldo attivo della bilancia commerciale nazionale nella misura dell?8-10%, con 3.750 milioni di euro. […] Il settore è leader nella produzione di elicotteri, velivoli da addestramento, telecomunicazioni, radar civili e militari, sicurezza e trasformazione degli aerei. Inoltre, con oltre 900 milioni di euro investiti in ricerca e sviluppo, è in prima linea anche nell?ambito aerospaziale. Il progetto Galileo, ad esempio, è un protocollo a cui partecipa anche l?Italia con una flotta di 30 satelliti: è il terzo polo mondiale del Global positioning system, accanto al Gps americano e al Glonass russo. […] Con pochi addetti e dunque una scarsa rappresentatività sociale (e ancor meno conflittualità e contenziosi sindacali), le consociate Aiad sono un volano agile e potente, posizionato a reggere i rami più strategici della nazione: armamenti, aeronautica, aerospazio, comunicazioni. Un Golia con le fattezze di Davide, che fattura molto, molto più di quanto la Relazione 185 sull?esportazione delle armi possa rilevare. Di fatto, dopo aver tanto parlato dell?importanza della legge 185 come strumento di trasparenza, viene naturale stupirsi della sproporzione tra il valore delle esportazioni di armi registrato dalla Relazione – che nel 2003 è stato pari a 1.282 milioni di euro – e il fatturato prodotto nello stesso anno dalle aziende Aiad, pari a 10.300 milioni di euro. […] Per poter comprendere, quindi, la dimensione del settore di cui stiamo parlando, non basta la legge 185, dato che il mercato effettivo è ben più vasto di quel che emerge dalla Relazione annuale. I contratti conclusi dalle aziende Aiad toccano cifre inimmaginabili. Nell?estate del 2004, di fronte alla commissione Difesa della Camera, il generale Giuseppe Bernardis, capo del IV reparto della segreteria generale del ministero della Difesa, ha presentato un breve rendiconto della situazione. Limitandosi al giro d?affari con Washington (senz?altro favorito dalla politica filoamericana del governo Berlusconi), Bernardis ha spiegato che le imprese italiane avevano già stipulato «contratti per 138 milioni di dollari e ottenuto impegni per ulteriori contratti per altri 515 milioni di dollari». Insomma, le nostre industrie aeronautiche (Alenia e altre controllate Finmeccanica) impegnate nello sviluppo del nuovo supercaccia americano F-35, conosciuto con il nome di Joint Strike Fighter, nel 2004 hanno ottenuto contratti per oltre 600 milioni di euro. L?idillio con la Casa Bianca potrebbe continuare con la fornitura, da parte di Agusta-Westland, di una ventina di elicotteri per il presidente degli Stati Uniti: un affare estremamente rilevante non solo da un punto di vista finanziario, ma anche in termini di prestigio e di immagine. In campo europeo, la partita centrale è quella che si svolge attorno al consorzio Eurofighter. Si tratta di una colossale cooperazione tra industrie europee, che devono procedere alla produzione di 236 velivoli da combattimento. La posta in gioco è enorme, visto che la commessa vale poco meno di 23 miliardi.

Info: In uscita Istruzioni di massa

Seconda al mondo nell?export di armi leggere e settima in quello di armi da guerra. Impegnata in coproduzioni transnazionali e nell?Agenzia Ue degli armamenti. Partner privilegiato degli Usa che l?hanno appena scelta come fornitrice degli elicotteri del presidente (e forse anche della flotta aerea dell?esercito americano). Tutto questo è l?Italia, che pure è stata culla delle migliori leggi per la trasparenza nel campo delle armi e per la messa al bando delle mine. Ne fa un approfondito ritratto il libro Armi d?Italia di Riccardo Bagnato e Benedetta Verrini, con prefazione di Sandro Calvani (Fazi, 300 pag – 17,50 euro).

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