Welfare
Lo stratega made in usa
droga Parla Antonello Bonci, neo presidente del Comitato scientifico sulle dipendenze
di Redazione
Neurologo formato a Roma, da dieci anni lavora a San Francisco. «Non ho interessi in Italia, per questo la mia nomina è una garanzia per tutti». Obiettivo numero uno: «La lotta alla cocaina e all’alcol». Le comunità terapeutiche? «In Italia sono un modello» S arà un cervello in fuga il playmaker delle politiche antidroga in Italia. Il sottosegretario Carlo Giovanardi ha infatti scelto di affidare al neurologo della Ernst Gallo Clinic and Reaserch Center University of California, Antonello Bonci la presidenza del Comitato scientifico per le politiche mirate. Un organismo che, nel progetto dell’esponente azzurro, avrà il compito di fornire «indicazioni, pareri e criteri su cui orientare le politiche e i piani di intervento contro l’uso delle sostanze stupefacenti». Una sorta di cabina di regia, insomma, che dovrà guidare, ma anche valutare, le attività del Dipartimento antidroga di Giovanni Serpelloni.
Vita: Bonci, in Italia sono in pochi a conoscerla, si può presentare?
Antonello Bonci: Ho studiato medicina alla Cattolica di Roma. Specializzazione in neurologia. Nel 98 mi sono trasferito a San Francisco per un anno sabbatico. L’anno dopo ho vinto il concorso per ricercatore. Dal 2007, infine, sono professore ordinario e gestisco un laboratorio con un sacco di finanziamenti. In particolare studio i meccanismi che, a partire da uno stato di stress, portano al consumo delle sostanze.
Vita: Lei insieme a Serpelloni ha lavorato al vaccino anti cocaina. Ritiene che anche in Italia sia questa la prima emergenza?
Bonci: I dati che recentemente ho letto sull’alcol fanno spavento. Anche su questo aspetto occorre lavorare a fondo.
Vita: Lei da dieci anni studia e lavora negli States. Ora dovrà collaborare alla stesura del piano italiano, dove i numeri e le dinamiche sono molto differenti rispetto all’America. Questa distanza non rischia di essere un ostacolo?
Bonci: Non vedo il problema. Anzi, non è detto che alla fine avere un punto di vista esterno non sia un vantaggio.
Vita: In che senso?
Bonci: Chi lavora all’estero non ha alcun tipo di interesse personale per spingere in una direzione piuttosto che in un’altra, come potrebbe accadere stando in Italia. Voglio dire, in altre parole, che, in un certo senso, la distanza è un’assicurazione di autonomia del nostro lavoro.
Vita: Le piace la Fini-Giovanardi?
Bonci: So che il sottosegretario sta pensando di apportare qualche modifica. Credo sia la strada giusta.
Vita: Mi dice un’altra cosa da fare subito per migliorare il sistema italiano?
Bonci: Non posso entrare nel dettaglio, ma credo che la prima cosa da fare sia incominciare a lavorare di squadra.
Vita: Il suo è un profilo strettamente medico. Cosa pensa delle comunità terapeutiche?
Bonci: Chi pensa che la lotta alla droga si possa vincere esclusivamente con strumenti farmacologici, senza avere un supporto sociale ed educativo, è un pazzo. Dirò di più: il sistema integrato pubblico-privato sociale italiano è un modello che dovremmo seguire anche noi qui in California. Da noi, infatti, nella maggior parte dei casi le comunità e il sistema sanitario sono in competizione fra loro. Una concorrenza che, secondo me, è profondamente nociva e controproducente.
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