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Giustizia

Luca Attanasio, senza processo quale verità?

Il 13 febbraio, davanti al Gup, udienza decisiva: se verrà accettata l'immunità diplomatica dei funzionari del Programma alimentare mondiale Onu, accusati di non aver garantito la sicurezza dell'ambiasciatore ucciso in Congo, il giudizio finirà prima di cominciare. Le Acli guidano una campagna di sensibilizzazione perché ciò non avvenga. Parla il presidente Emiliano Manfredonia

di Alessio Nisi

No, la battaglia perché la Farnesina non invocasse l’immunità diplomatica non sottintendeva il volere a tutti i costi accusare qualcuno, piuttosto era la strada che più di tutte poteva portare alla verità sulla morte il 22 febbraio 2021 in Congo dellʼambasciatore Luca Attanasio e del suo carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci, durante un trasferimento diplomatico. In circostanze mai del tutto chiarite. Invece no. Il ministero degli Esteri ha chiamato in causa l’immunità diplomatica per i due funzionari dell’Onu accusati di omicidio colposo per non aver garantito la sicurezza del trasferimento in un territorio a rischio. Due giorni fa il Giudice per l’udienza preliminare ha predisposto l’acquisizione del documento della Farnesina, nonostante la contrarietà della Procura. Vuol dire che i due funzionari del Programma Alimentare Mondiale, agenzia delle Nazioni Unite, potrebbero non andare mai a processo. Tutto rimandato alla prossima udienza, il 13 febbraio, quando il giudice deciderà nel merito. 

Mantenere viva l’attenzione

Le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani – Acli si sono mobilitate in questi mesi con presidi e convegni per mantenere alta l’attenzione sul processo e hanno sperato fino all’ultimo in un esito diverso dell’udienza preliminare. Invece la Farnesina ha sostenuto la tesi della consuetudine dell’immunità diplomatica.

Per avere una verità su quello che è successo a Luca Attanasio ci deve essere un’imputazione

Emiliano Manfredonia – presidente delle Acli

Da qui al giorno dell’udienza Acli, sottolinea il presidente Emiliano Manfredonia, «continueremo a sollecitare l’attenzione della politica, delle istituzioni e dell’opinione pubblica su questa vicenda». Acli ha intrapreso questo cammino insieme all’associazione “Amici di Luca” e a Salvatore Attanasio, il padre di Luca, che «sta veramente dando tutto se stesso in questa battaglia per la verità», con «grande dignità e pacatezza».

Giorni drammatici

«L’impegno di Acli», ricorda Manfredonia, «nasce nei giorni di quel fatto drammatico in cui sono morti due servitori dello Stato e in cui ha perso la vita anche l’autista del mezzo», Mustapha Milambo. Manfredonia ricorda come Luca Attanasio fosse una figura particolare. «Aveva un suo modo speciale di fare l’ambasciatore», sempre vicino alle persone, e fra i riconoscimenti aveva ricevuto il Premio internazionale Nassiriya per la Pace nel 2020.

Un lavoratore cristiano

«Era un lavoratore cristiano, ha dato onore all’Italia e al suo lavoro», precisa ancora Manfredonia. «Il cammino per la verità è un impegno concreto per tutti noi, soprattutto  in questo periodo dove si perpetuano violenze in varie parti del mondo, nascoste dalla voragine della guerra: nessun atto, nessuna violenza sarà mai dimenticata e la giustizia, presto o tardi, deve arrivare». L’auspicio? «Lo Stato italiano dovrebbe alzare la voce su questa vicenda».

La mancata costituzione di parte civile

In questo quadro, lamenta però il presidente delle Acli, «né l’associazione Carabinieri né l’associazione degli Ambasciatori, né la Farnesina, né il ministero della Difesa, si sono voluti costituire parte civile».

Nella foto di apertura, di Claudio Furlan per LaPresse, la camera ardente dell’ambasciatore a Limbiate (Mb) il 26 febbraio del 2021.


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