Cooperazione
Luci e ombre del Piano Mattei spiegate in 12 punti
L'associazione Link2007 ha elaborato un testo dal titolo “Il Piano Mattei con l’Africa può avere successo?" legando passato e futuro, in modo da giungere a una valutazione del suo valore politico e delle sue reali possibilità di successo. Una cosa è certa: cooperazione non predatoria implica affermazione dello Stato di diritto. Anche per questo nei partenariati tra Stati il ruolo e la vigilanza della società civile sono fondamentali
di Redazione
«Com’era prevedibile, l’annuncio di un’iniziativa di vasta portata come il Piano Mattei ha dato luogo a reazioni contrapposte: da una parte quanti vi intravedono opportunità concrete; dall’altra coloro che, concentrandosi sugli aspetti più controversi, esprimono sfiducia», scrive Link2007, un’ associazione di coordinamento consortile che raggruppa 15 tra le più importanti e storiche Organizzazioni Non Governative italiane. «Per offrire un contributo il più possibile imparziale e di ampio respiro, abbiamo elaborato un’approfondita analisi del Piano Mattei, legando passato e futuro, in modo da giungere a una valutazione del suo valore politico e delle sue reali possibilità di successo».
Il testo, con il titolo “Il Piano Mattei con l’Africa può avere successo?”, è stato sviluppato da Nino Sergi, fondatore dell’organizzazione umanitaria Intersos e policy advisor di Link 2007, ed è stato condiviso con le organizzazioni della rete. Il testo è suddiviso in 12 capitoli: 1. Africa, Italia, Europa, destini interconnessi. 2. La cooperazione non predatoria dell’Italia. 3. Cenni sull’attuale cooperazione allo sviluppo con l’Africa. 4. Il Vertice Italia Africa. 5. Coinvolgimento del governo e del Paese. 6. Carenze che vanno superate. 7. Risorse finanziarie nazionali e prime iniziative. 8. Gli organi istituzionali e il rischio di sovrapposizioni. 9. Risorse europee e internazionali e partenariati pubblico-privato. 10. Le regole del gioco. 11. Piano Mattei e sicurezza energetica. 12. Piano Mattei e migrazioni. Lo condividiamo, convinti che un tema così importante debba nutrirsi di un costante approfondimento e confronto, in Italia, in Europa e soprattutto con i partner africani ai livelli istituzionali e delle molteplici realtà della società civile. Qui una sintesi in sei punti realizzata da Link2007.
Per una cooperazione tra pari serve una strategia complessiva
Per cominciare, occorre salutare con favore il fatto che l’Africa sia per il Governo italiano una priorità politica. Nel corso del recente vertice Italia-Africa, la premier Meloni ha auspicato che il Piano possa «rappresentare una pagina nuova nella storia delle nostre relazioni, una cooperazione da pari a pari, lontana da qualsiasi tentazione predatoria». Non si intravede per ora alcuna strategia complessiva che possa chiarire cosa si intenda per cooperazione da pari a pari, non predatoria. La novità sta comunque – e non è poco – nella piena e risoluta assunzione tra le priorità governative di uno speciale partenariato con un continente che confina con l’Italia e l’Europa attraverso le sponde del condiviso Mediterraneo. Si tratta di un partenariato prioritario che richiederà il coinvolgimento delle competenze presenti nel sistema Italia: università, imprese, enti della società civile, enti territoriali, organizzazioni delle diaspore africane che rappresentano un ponte privilegiato tra l’Italia e i paesi di origine, ong di cooperazione allo sviluppo.
L’Africa ha bisogno dell’Europa, l’Europa ha bisogno dell’Africa
Tante sono le ragioni per costruire nuovi rapporti tra Europa e Africa. I singoli Stati europei perderanno ulteriormente il peso che rimane loro se non riusciranno a superare l’attuale approccio intergovernativo trasformandolo in un’aspirazione all’unione federale, con il peso politico ed economico che avrebbero gli “Stati Uniti d’Europa”. Un peso che troverebbe credibilità anche nei rinnovati rapporti con il continente africano. Non solo. La crescente esigenza di differenziare le fonti di approvvigionamento nel processo di transizione energetica vede nella cooperazione con l’Africa un reciproco vantaggio. Ma il comune interesse può e deve essere ben più ampio. Basti ricordare che, secondo le stime delle Nazioni Unite, nel 2050 la popolazione subsahariana sarà cresciuta di oltre 900 milioni e raggiungerà i 2,1 miliardi con un’età media intorno ai 20 anni, mentre nello stesso periodo l’Europa e l’Italia vivranno un declino demografico. Saranno quindi necessari centinaia di migliaia di lavoratori, molti dei quali arriveranno dall’Africa attraverso ingressi regolari. Dall’altro lato, la crescita demografica africana reclamerà la creazione di posti di lavoro dignitosi nel continente stesso. Per dare risposte concrete al fenomeno dell’immigrazione è quindi necessaria un’analisi scevra da ideologie e interessi di parte, che consenta di elaborare linee guida condivise e strategie efficaci per una gestione dei flussi ordinata, regolare e sicura. Per questo Link 2007 ha chiesto a più riprese alla Presidenza del Consiglio di convocare una Conferenza nazionale che metta a frutto le competenze e le esperienze maturate sul campo, con l’obiettivo di formulare proposte adeguate sui tanti problemi aperti. Se l’Africa ha bisogno dell’Europa, l’Europa ha bisogno dell’Africa: ed è bene rendercene conto.
Il ruolo fondamentale della società civile
Lo «schema classico Stato donatore – Stato beneficiario» è scomparso da tempo dal linguaggio e dalla cultura della cooperazione allo sviluppo italiana. La legge 125/2014 usa sempre la formula “Paese partner”, esprimendo proprio l’idea meloniana che «ci sono Nazioni che lavorano insieme per crescere insieme». C’è quindi una positiva continuità italiana nell’idea del Piano Mattei, Una cosa è certa: cooperazione non predatoria implica affermazione dello Stato di diritto. Anche per questo nei partenariati tra Stati il ruolo e la vigilanza della società civile sono fondamentali.
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La questione delle risorse
Decine di migliaia sono i progetti realizzati negli anni, con validi partenariati tra Italia e paesi africani, nonostante le risorse finanziarie siano rimaste sempre molto inferiori all’impegno internazionale di devolvere lo 0,7% del reddito nazionale lordo (rnl) all’assistenza pubblica allo sviluppo (aps). A dispetto dei tentativi di “gonfiare” le cifre, nel 2022 l’Italia rimane, con erogazioni pari allo 0,33% del Rnl, al 21° posto nella classifica Ocse. Il Piano Mattei dovrà presto reperire strumenti finanziari che assicurino risorse ben più consistenti dei pur significativi 5,5 miliardi di euro annunciati per il primo quadriennio, ricavati dagli stanziamenti del Fondo italiano per il clima e della Cooperazione allo sviluppo. La strada migliore per farlo è costruire un partenariato con l’Africa che coinvolga l’intera Unione europea. L’auspicio è che una maggiore attenzione per l’Africa possa influire anche sulle scelte delle istituzioni finanziarie internazionali e favorire il potenziamento delle istituzioni finanziarie africane per lo sviluppo.
La crescita ha senso solo se è sostenibile
L’approvvigionamento energetico e il contenimento dell’emigrazione verso l’Italia hanno indubbiamente rappresentato la principale spinta per la promozione di un rapporto più stabile e lungimirante con il continente africano. Il reciproco interesse si è poi ampliato ad altri settori emersi nei rapporti bilaterali e nei mesi di preparazione del Piano, che la Premier ha focalizzato su istruzione e formazione, salute, agricoltura, acqua ed energia con progetti che interessano nove Paesi africani. La narrazione governativa intorno al Piano Mattei lascia tuttavia trasparire una visione della transizione energetica di corto respiro, ancorata ancora a scelte che non sembrano portare lontano né dal punto di vista della sostenibilità né della convenienza economica, che non sia quella miope, limitata ad interessi immediati e di breve termine. Eppure, l’Italia ha l’occasione di delineare una strategia che favorisca la crescita economica sostenibile e di lungo periodo del continente africano, nel pieno rispetto dell’ambiente e dei diritti umani. Emerge cioè, per l’Italia l’opportunità rappresentata dalla crescita verde e dalla transizione energetica, rispondendo alle richieste della maggioranza dei Paesi africani e puntando sulle energie rinnovabili, così come sulle materie prime critiche.
Riscrivere le regole del gioco
Un modello di cooperazione paritetica e di mutuo beneficio potrà essere attuabile anche a condizione di rivedere radicalmente le regole del gioco, cioè quei meccanismi della finanza speculativa e del commercio internazionale che in questi anni hanno generato sofferenze indicibili a tutti i Paesi a basso reddito. Se non attentamente valutati e corretti, questi meccanismi potrebbero annullare gli effetti del Piano Mattei. Sotto il profilo più strettamente amministrativo, sarà invece essenziale evitare sovrapposizioni tra la nuova Cabina di regia a Palazzo Chigi e gli organi che già hanno competenze nella gestione delle risorse della cooperazione. Occorre inoltre semplificare le procedure per l’utilizzo del Fondo per il clima gestito da Cassa depositi e prestiti (CDP) e per i fondi della Cooperazione allo sviluppo. Sono insomma ancora tante le condizioni da soddisfare. Ma certamente il Piano Mattei con l’Africa avrà tanto più successo quanto più sarà il risultato di un’azione dell’intero Paese e non solo del Governo, sia a livello italiano che dei partner africani.
Credit foto: senato_italiafrica_Immagini messe a disposizione con licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT
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