Non profit

L’ultima tentazione, istituzioni senza più società

di Redazione

Molti commentatori guardano a quello che sta accadendo in Italia, ma anche in Europa, come se fossimo alla fine della fase tradizionale della politica organizzata sui partiti e sulle istituzioni rappresentative. Come se fossimo davanti a un nuovo ciclo, caratterizzato da una dialettica diretta fra il capo, decisore in ultima istanza dei conflitti, e il popolo che si autoconvoca per mettere in scena direttamente le proprie pretese e le proprie aspettative. Gli uomini e le donne, i ragazzi e le ragazze non credono più nella funzione dei partiti e della rappresentanza politica ma neppure nella magistratura, nella pubblica amministrazione e persino nella Chiesa cattolica. Una nuova forma di democrazia diretta che tende ad istituire le manifestazioni dirette delle mobilitazioni popolari come espressione di una nuova forma di partecipazione alla vita collettiva.
Ciò che in questa prospettiva, che viene delineata nei termini di un’apparente e maggiore democrazia popolare, è assolutamente omesso è cosa nel mondo attuale può continuare a indicarsi col termine “società”. La società non può in verità intendersi come un puro presupposto sociologico al quale lo Stato e le istituzioni forniscono strumenti e meccanismi per l’organizzazione e la gestione dei bisogni collettivi.
La società è in realtà la prima istituzione dalla quale tutte le altre traggono poi la rispettiva legittimazione e le rispettive funzioni. Come è stato giustamente osservato, non può esistere società senza istituzioni, giacché è la stessa società che si dà istituendosi e producendo contestualmente le forme e l’articolazione delle diverse funzioni che sono essenziali per il suo funzionamento.
Una società astratta in cui gli uomini entrano in relazione soltanto esteriormente per i loro comportamenti economici ? produttori, consumatori e mercanti ?, e in cui il sistema di soddisfazione dei bisogni è sottratto ad ogni decisione collettiva, è in realtà una società senza contenuto sociale, giacché non vengono messi in rilievo gli aspetti sostantivi delle relazioni interpersonali che si sviluppano nel gruppo. Rappresentarlo come una società solo perché ha in comune un sistema di leggi e un mercato dove si scambiano le merci, è una pericolosa mistificazione che ha avuto inizio con la modernità. Paradossalmente le società moderne sono diventate soltanto società giuridiche e società di mercato senza alcun riferimento alla cultura materiale e al suo continuo trasformarsi nella vita vissuta degli uomini e delle donne.
Questo capovolgimento ha impedito di cogliere l’intima connessione tra le pratiche dello stare insieme che strutturano la società, e l’insorgenza di regole e principi condivisi. La condivisione, infatti, non si realizza a partire dal discorso giuridico sulle regole e sulla loro razionalità discorsiva, ma sulla basa di quel con-sentire che implica sempre il primato delle pratiche effettive su ogni astratta concettualizzazione. L’astrazione della società, che appare sempre più correlata all’astrazione dell’economia, sembra giungere al proprio compimento con la trasformazione dei rapporti interpersonali in rapporti mediati dalle nuove forme di comunicazione. Il nuovo matrimonio tra economia monetaria e sviluppo delle comunicazioni mediatiche rende l’individuo una pura maschera, priva di riferimento a qualsiasi volto concreto di uomo o di donna.

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