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Ma il G8 cos’è? Una scheda

Nasce nel 1975 a Rambouillet, ma allora erano in sei i Paesi partecipanti. Poi...

di Riccardo Moro

Per G8 o G7 si intende il “gruppo” che riunisce gli otto cosiddetti paesi più industrializzati del mondo: Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Canada e, quando si è in otto, Russia. Ad ascoltare la storia raccontata dai governi che ne fanno parte, l’abitudine a incontrarsi regolarmente è nata a Rambouillet nel 1975. Allora si ritrovarono in sei, cioè Francia e Germania, che promossero il vertice, insieme a Gran Bretagna, Stati Uniti, Giappone e Italia. L’idea era di riunire regolarmente i paesi più importanti economicamente per concordare insieme decisioni e comportamenti in una fase finanziariamente molto difficile. Si era infatti all’indomani della primi crisi petrolifera, che spinse violentemente in alto il prezzo del greggio. Questo ebbe ripercussioni notevoli sul sistema finanziario internazionale e fece arroventare i prezzi e l’inflazione. Da qualche anno gli accordi di Bretton Woods erano stati abbandonati, vale a dire che gli USA avevano definitivamente posto fine alla convertibilità del dollaro. Ciò aveva creato un’instabilità monetaria che, composta con l’impennata dei prezzi provocata dal petrolio, originò una fase economica piena di interrogativi, che nessuna nazione era in grado di fronteggiare da sola. Occorreva trovarsi, esaminare difficoltà e opportunità comuni, e porsi il problema di come i comportamenti, più o meno concordati, delle nazioni più ricche del mondo avrebbero avuto impatti anche sugli altri paesi. In qualche modo era una delle prime volte in cui si affrontava la dimensione della globalizzazione, riconoscendo che gli strumenti solo nazionali non erano più sufficienti. L’anno successivo, nel 1976, si aggiunse il Canada e dal 1977 venne invitato ai vertici anche il Presidente della Commissione europea. Per vent’anni il gruppo venne quindi chiamato G7. Negli ultimi anni alla riunione dei Capi di Stato e di Governo viene invitato il presidente russo e si parla dunque di G8. Tutti i numeri del “G” In realtà il G8 non è l’unica riunione di questo tipo. Sin dall’immediato dopoguerra diverse nazioni si autoconvocano per discutere di temi specifici, politici o economici. I cosiddetti “Quattro Grandi” ad esempio, cioè Francia, Gran Bretagna, Russia e Stati Uniti si trovavano per discutere di Berlino divisa o dell’Austria non ancora indipendente. Diversi altri gruppi di paesi si incontrano per affrontare soprattutto, ma non solo, temi economici. Così il G77, che dal 1964 raccoglie i paesi in via di sviluppo, 77 in origine e 133 oggi; oppure il G20, un tavolo di confronto permanente fra i paesi più ricchi e quelli emergenti; o il G24 che discute col Fondo Monetario Internazionale temi di interesse per i ventiquattro paesi invia di sviluppo che lo compongono, in rappresentanza dei 133 del G77. Come si vede è un turbine di gruppi, in cui la G sta appunto per Group. Negli anni settanta i “Quattro” non si riuniscono più e Gran Bretagna Francia Germania, Giappone e USA danno vita al G5. Per tutti la G in questo caso significa Great, cioè grandi. L’interpretazione non è ufficiale ma è ciò che pensano tutti gli osservatori. Si crea infatti una situazione strana in cui le questioni politiche sono affrontate dal G5 e solo qualcuna, in genere finanziaria, più tecnica, viene offerta alla discussione del G7. Dal 1985 non vi è più distinzione e viene convocato solo più il G7 e, recentemente, il G8. Perchè il Brasile no? Ma il G8 è davvero il gruppo dei paesi più ricchi? Dipende da che cosa significa ricchezza. Se si guarda al PIL, no. Messico, Brasile e Cina hanno normalmente, pur nelle variazioni di ogni anno, PIL più elevati di quello russo e di quello canadese. Non c’è in realtà un parametro oggettivo che individui i membri del G8. E in effetti la dizione che si usa più diffusamente è ‘nazioni più industrializzate’, che dal punto di vista tecnico non significa nulla: non c’è una misura dell’industrializzazione. Il G8, insomma, è davvero una riunione autoconvocata di otto nazioni del mondo. Quasi una riunione privata di capi di governo che hanno titolo di trovarsi solo perché il loro ruolo influenza la vita delle persone anche al di là dei confini delle loro nazioni. Non è il governo del mondo, tantomeno ha legittimità giuridica riconosciuta dalle leggi internazionali. I suoi documenti non hanno valore giuridico, ma solo politico. E’ ovvio che, trattandosi dei paesi più potenti, i documenti del G8 hanno un valore molto importante sul piano internazionale. Non per nulla i governi dei paesi membri ritengono le riunioni del G8 una occasione per fare lobbying internazionale: i paesi del G8, ad esempio, sommati insieme, hanno la maggioranza assoluta dei voti alla Banca Mondiale e al FMI. Convincere il G8 significa convincere Banca e Fondo. Abitudini del vertice Il G8 si trova normalmente all’inizio dell’estate, tra giugno e luglio, ogni anno in un paese diverso. E’ presieduto dal paese ospitante che nei mesi precedenti provvede a convocare le riunioni di preparazione. Il cammino di avvicinamento al vertice è svolto dagli sherpa, che, come i portatori himalaiani, si fanno carico di tutta la preparazione delle discussioni e dei documenti preliminari. Il summit occupa in genere un weekend. Il venerdì è impegnato dalla riunione dei Ministri economici, a cui generalmente non partecipa la Russia. La sera viene di consuetudine pubblicato il “Comunicato dei ministri economici del G7”. Il sabato invece si svolge l’incontro dei capi di stato e di governo, compreso quello russo, che occupa tutta la giornata. La domenica mattina, dopo gli ultimi aggiustamenti, il presidente di turno del G8, cioè il capo del governo ospitante, presenta ai giornalisti il comunicato finale, che prende in genere il nome dalla città presso cui il vertice viene svolto. Tra finanza e povertà Se si esaminano i communiqué degli ultimi anni si nota che i leaders hanno dedicato sempre minore attenzione ai conflitti, per rivolgere la loro attenzione invece alla questione della stabilità finanziaria internazionale. Molto spazio è stato dedicato alla architettura finanziaria e agli strumenti per ridurre le possibilità di riciclaggio di denaro sporco, una preoccupazione molto grave in tempi in cui l’accesso ai mercati finanziari è reso facilissimo dallo sviluppo dell’informatica e del web. Sempre maggiore attenzione è stata posta al debito internazionale e alle strategie di riduzione della povertà. E’ nel vertice di Colonia del 1999 che si sono create le condizioni perché una nuova stagione, ancora non sufficiente, ma assai migliore della precedente, si avviasse nei rapporti fra Nord e Sud del mondo, che ha portato Banca mondiale e Fondo Monetario Internazionale, nel loro incontro annuale dell’autunno successivo, ad abrogare i famigerati e fallimentari programmi di liberalizzazione selvaggia delle economie del Sud, chiamati “programmi di aggiustamento strutturale”, sostituendoli con le più credibili “strategie di riduzione della povertà”. Nel documento di Okinawa, al termine del vertice dell’anno scorso, colpiva l’assenza di riferimenti alle situazioni di guerra. Molto lunga era invece l’attenzione dedicata all’invecchiamento della popolazione. Forse un segnale che i leader del gruppo volevano dare ai propri cittadini e al mondo, quasi a dire che i conflitti e la guerra non preoccupano più. Un segnale, se così fosse, non proprio aderente alla situazione reale del pianeta. E lo sviluppo sostenibile? Quali sono i temi aperti in vista di Genova? Ancora il debito e la povertà. Il debito non è risolto a livello intenzionale e occorre un’azione più coraggiosa. Anche la lotta alla povertà richiede più determinazione e più risorse. Strettamente collegati, poi, sono atre questioni. I Paesi del Sud vengono invitati a combattere la povertà anche investendo per vendere nel mercato internazionale le loro merci. Ma non vi è efficacia se i loro prodotti incontrano barriere nei nostri mercati che li rendono non competitivi e, di fatto, invendibili. E’ il tema delle regole del commercio internazionale. E’ incoerente, poi, che per inseguire competitività internazionali si costringano donne e uomini di questi paesi a lavorare in condizioni di sfruttamento. Né ha senso che la competitività si ricerchi riducendo i costi, accontentandosi di tecnologie più convenienti, ma inquinanti. Non vi è reale riduzione della povertà se a fronte di un miglioramento di reddito peggiorano le condizioni lavorative e ambientali. E’ tuttora aperto, insomma, il dibattito sullo sviluppo sostenibile, che richiede adeguata programmazione per il Sud e coraggiosa assunzione di responsabilità nel Nord, avviando modelli di consumo diversi e più responsabili rispetto a quelli sviluppati sino ad oggi. L’iniziativa delle Ong Il governo italiano per affrontare questi temi ha presentato un documento intitolato Beyond Debt Relief (Oltre il debito), in cui si propone l’abbattimento delle barriere per i prodotti provenienti dal Sud del mondo e si prospettano alcune linee di intervento per le politiche scolastiche e sanitarie. Per discuterne con il mondo non governativo ha convocato la GNG Initiative (Genoa Non Governamental), una due giorni seminariale a Firenze, all’inizio del mese di aprile. Molte ONG italiane e internazionali criticano il documento perché lo reputano ancora largamente insufficiente. L’apertura di tavoli di discussione durante il cammino di preparazione del vertice è comunque un precedente positivo che sarebbe bene diventasse consuetudine nei prossimi anni.


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