Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Solidarietà & Volontariato

Magnesio

Settimo appuntamento con i racconti dell’estate: Vincenzo Gambardella

di Vincenzo Gambardella

Ora lo vedo il sangue, lo vedo il fuoco che avvampa di notte, dietro alla chiesa di San Lorenzo. È il 10 agosto e ricordo la vena bluastra di un ragazzino, la vena che segna obliquamente la sua tempia e quella del padre, nello stesso punto. Loro fanno la spola dalla barriera di legno ai mortai, dai mortai alla barriera di legno, lanciandosi sotto la pioggia di scintille dei fuochi artificiali, al limite del buio e della scarpata. Hanno la stessa magrezza, la stessa fisionomia longilinea; corrono a turno accendendo le micce con un mozzone di sigaretta, uno solo, che si scambiano da una mano all?altra, mentre il cielo crepita di scoppi. Loro non guardano in alto, a testa bassa tengono d?occhio la distanza che li separa dal mortaio e si gettano a capofitto tra il fumo rosso o viola livido. Il magnesio risplende e fa pieno giorno, fa luce piena e bianchissima; al magnesio si somma il carbonato, il nitrato, il cloruro di mercurio, il solfato di bario, per ottenere le varie gradazioni del verde, le tonalità del giallo, del blu. I due artificieri si piegano ritmicamente sui fuochi al suolo che sibilano e tracciano una linea fiammante, orizzontale. Le gambe del padre e del figlio adesso appaiono ingrandite sulla muratura, sono ombre monumentali, cinematografiche, tagliate dallo scorcio della parete. Lo vedo quel viso e mi s?imprime negli occhi, per sempre: il viso del figlio mentre chiede affannato una sigaretta, mentre invoca – rivolto al pubblico – una sigaretta; lui ha in faccia il sudore, il sangue, il sangue e la polvere che gli scontornano i lineamenti. Quel sangue è del padre e forma una miriade di gocce sulla sua camicia; il padre è in ginocchio dietro la protezione di legno, si versa una bottiglia di alcol sopra la ferita, poi arrotola una benda intorno alla mano. Il figlio intanto corre sulla spianata, accende i bengala, fa partire una, due, tre granate, le esplosioni si espandono a raggiera, occupano uno spazio enorme nel cielo; il rimbombo fa eco ogni volta in un punto diverso e riverbera da qualche altra parte, un po? più lontano. Il padre l?osserva il ragazzo, l?osserva in silenzio, al limite del buio e della scarpata; quando il figlio ritorna ha il fiato in gola e la vena che segna la tempia è più marcata sotto pelle, più evidente di un lampo. Hanno trasformato il sangue in fuoco e il fuoco in stelle; c?è stato bisogno di questo, di questo mutamento della polvere scura in fantasia di luci e detonazioni, in meraviglia celeste. Il padre si rinfresca presso una fontanella e dice che nemmeno lo guardava il figlio suo quando è nato, nemmeno voleva guardarlo, perché era una bocca in più, una bocca che mangiava e urlava e pretendeva, come se non fosse mai venuta la guerra, come se non ci fosse mai stata la fame. L?uomo estrae dalla tasca un pettine piccolo, lo bagna appena appena nel rivolo d?acqua della fontana e compie col braccio tre movimenti precisi intorno alla testa. Il nero dei suoi capelli risalta, è un manto lucido e corvino; il figlio ha lo stesso colore intenso della chioma, lo stesso riflesso netto. Le distinguo bene le due teste in mezzo alla folla, hanno il ritmo altalenante di chi va avanti e indietro, di chi va su e giù per la piazza a caricare di cassette il motocarro. È un carico pesante che puzza di ferro e di zolfo. Il figlio avvia il motore e attende il padre che s?intrattiene nella chiesa; fra tanti rasi e stucchi e cristalli c?è un Cristo schiodato con la corona di Re, un Cristo che sembra inciso in un tronco sottile, tant?è secco e macilento; le ossa Gli si vedono attraverso il costato, il padre Gliele conta tutte, Gliele conta una ad una, arrivato all?ultima costola pensa alla prossima piazza, al prossimo cielo, saldati assieme da una scia bianco-argentea di magnesio. Chi è Gambardella: dalle belle arti all’arte della parola Prosegue la serie dei racconti inediti scritti per ?Vita? sul tema ?Genitori e figli?, questa settimana tocca a Vincenzo Gambardella. Nato a Napoli nel 1955, Gambardella si è trasferito da giovane a Milano, dove abita tuttora. Si è diplomato presso l?Accademia delle Belle Arti di Brera e insegna materie artistiche. Collabora all?organizzazione degli incontri con scrittori, nell?ambito del seminario ?L?officina del racconto?, presso il Centro Culturale di Milano. Suoi racconti sono stati pubblicati sulle riviste letterarie ?TempOrali? (n.11, maggio 1992), ?Il Racconto? (n. 8, gennaio 1994; n. 22, aprile-maggio-giugno 1996), ?Nuovi Argomenti? (n. 4, luglio-settembre 1995; n. 10, gennaio-marzo 1997), ?ClanDestino? (n. 1 1996) e sui settimanali ?Vita? (n. 30, luglio 1995; n. 29, luglio 1996) e ?Parole? (n. 14, novembre 1995). Un suo racconto è stato letto nel corso del programma radiofonico ?Tutti per uno? (Radio Uno, 14 luglio 1996). Per il tema di quest?estate, ?Genitori e figli?, sono già stati pubblicati i racconti di Luca Doninelli (?Mio figlio è un messicano?), Davide Rondoni (?Il ragazzo dei cento giornali?), Bruno Rinaldi (?Marco e Filippo?), Raul Montanari (?Un bacio al mondo?), Sandro Onofri (?L?attesa?), Erri De Luca (?Il pollice Arlecchino?). Nei prossimi numeri sarà la volta di Chiara Zocchi, Aurelio Picca, Dario Voltolini, Tiziano Scarpa, Paola Capriolo ed Enzo Fontana.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA