Verso il referendum
Manfredonia (Acli): «Mobilitiamo energie dal basso e riportiamo il lavoro al centro»
Così il presidente nazionale delle Associazioni cristiane Lavoratori Italiani – Acli, Emiliano Manfredonia, sul referendum in programma 8 e 9 giugno. Per i 4 quesiti sul lavoro, spiega, «abbiamo lasciato libertà di voto, invitando però tutti ad una partecipazione consapevole, informata e ad un confronto ampio». Mentre sulla cittadinanza: «Cinque anni di residenza legale e continuativa in Italia sono un tempo adeguato per riconoscere il legame di una persona con il nostro Paese»
di Alessio Nisi

un’opportunità per riportare il lavoro e i diritti civili al centro dell’agenda politica. In un periodo segnato da crescenti disuguaglianze e da una diffusa sfiducia, «è essenziale mobilitare energie dal basso e far capire a tutti i cittadini che il cambiamento passa da ogni loro singola decisione, da ogni loro più piccolo passo». Così il presidente nazionale delle Associazioni cristiane Lavoratori Italiani – Acli, Emiliano Manfredonia, interviene sul referendum su lavoro e cittadinanza, in programma 8 e 9 giugno, spiegando che per questa ragione, sul lavoro, «come Acli non abbiamo promosso direttamente le ragioni del sì o le ragioni del no». Mentre sul quinto quesito, sulla cittadinanza, chiarisce: «Cinque anni di residenza legale e continuativa in Italia sono un tempo adeguato per riconoscere il legame di una persona con il nostro Paese».
Presidente Manfredonia, una riflessione sullo strumento del referendum in relazione ai 4 quesiti sul lavoro e a quello sulla cittadinanza.
Il referendum rappresenta uno strumento importante di democrazia diretta perché da la possibilità ai cittadini di essere parte attiva nelle decisioni legislative del Paese. Certo, ha i suoi limiti: non può introdurre nuove leggi né fornire soluzioni complete, ma può aiutare a indirizzare il dibattito pubblico e a modificare provvedimenti che non rispondono più alle esigenze sociali. In questo contesto, 5 quesiti referendari proposti dalla Cgil affrontano temi fondamentali e in linea con i nostri valori: la dignità del lavoro, la giustizia sociale e l’integrazione.
Come Acli avete dato indicazione di voto?
Per quanto riguarda il quesito sulla cittadinanza, abbiamo deciso di sostenere chiaramente il sì. Crediamo che ridurre il requisito di residenza da 10 a 5 anni sia una scelta sensata, già adottata in altri Paesi europei, e che possa promuovere una maggiore inclusione sociale. Per i 4 quesiti sul lavoro invece abbiamo lasciato libertà di voto, invitando però tutti ad una partecipazione consapevole e informata e ad un confronto ampio, anche attraverso incontri pubblici e momenti di approfondimento nei vari territori. Il nostro impegno è sostenere il dibattito democratico, evitando semplificazioni e guardando al futuro del lavoro.
Entriamo nel dettaglio dei primi tre quesiti referendari sul lavoro: disciplina dei licenziamenti illegittimi, indennità e contratti a termine
I tre quesiti toccano punti nevralgici della disciplina del lavoro così come modificata dal Jobs act. Il primo riguarda la possibilità di reintegra nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo, oggi fortemente limitata nel settore privato. Il secondo cerca di rivedere i criteri di determinazione dell’indennizzo economico, che rischia spesso di non essere dissuasivo. Il terzo pone l’attenzione sull’abuso dei contratti a termine, che ha prodotto una precarizzazione strutturale. Come Acli, riteniamo importante discutere a fondo questi temi, perché il lavoro non può essere ridotto a una merce: è un’esperienza umana fondamentale. Serve una nuova cultura del lavoro che rimetta al centro la persona e la sua dignità, e che riformi con lungimiranza e giustizia l’attuale normativa.
E sul quinto quesito, sulla cittadinanza?
Come Acli abbiamo deciso di sostenere apertamente questo referendum. Cinque anni di residenza legale e continuativa in Italia sono un tempo adeguato per riconoscere il legame di una persona con il nostro Paese. Parliamo di persone che lavorano, pagano le tasse, mandano i figli a scuola, partecipano alla vita sociale delle nostre comunità. Riconoscere loro la cittadinanza significa rafforzare il senso di appartenenza, ridurre precarietà e insicurezza, e contrastare derive illegali o marginali. Certo, avremmo voluto qualcosa di ancora più coraggioso, come lo ius soli. Ma questo quesito va nella direzione giusta: quella di una società più inclusiva e più coesa, come auspicano la Costituzione e la Dottrina sociale della Chiesa.
Presidente, una previsione.
Invece di fare previsioni, preferisco lanciare un appello. Spero che molte persone decidano di andare a votare e che l’indifferenza non abbia la meglio e poi vorrei anche lanciare un appello alla politica affinché non si metta a giocare sul quorum perché sappiamo quanto sia difficile superare la soglia del 50% degli elettori, cosa che ci impegna ancora di più a riformare in modo positivo gli strumenti di partecipazione dei cittadini, ma valuti con attenzione una mobilitazione che al di là dei singoli contenuti dei quesiti interroga la politica tutta a riprendere in mano i temi della cittadinanza e del lavoro. Questi referendum rappresentano una chiamata alla responsabilità di tutti. Il voto non è solo un gesto formale, ma un atto di partecipazione attiva alla vita civica e solo attraverso una democrazia viva e partecipativa si possa costruire un Paese più giusto.
In apertura foto di ufficio stampa Acli
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