Non profit
Manicomi: l’esperienza di Arezzo in un convegno
Domani alle ore 16. interviene Ascanio Celestini
di Redazione
Trent’anni fa l’approvazione della legge 180, che disponeva la graduale chiusura di tutti i manicomi italiani e l’affidamento della cura delle malattie mentali a specifici servizi extraospedalieri. L’Ospedale psichiatrico di Arezzo fu uno dei primi a chiudere (definitivamente nel 1989), grazie in particolare all’impegno del direttore Agostino Pirella che si pose l’obiettivo di ”aprire” la struttura sulla base dell’esperienza da lui condotta a Gorizia e a Trieste proprio con il padre della riforma psichiatrica, Franco Basaglia.
A meta’ degli anni novanta, l’Universita’ di Siena decise di ristrutturare i locali del manicomio di Arezzo – ormai abbandonati – per restituirli alla citta’ come sede della facolta’ di Lettere e Filosofia. E proprio la facolta’ aretina vuole ricordare il trentesimo anniversario della legge di riforma psichiatrica (1978) organizzando un incontro per martedi’ 7 ottobre, alle ore 16, presso la palazzina Donne (viale Cittadini), con l’attore e autore Ascanio Celestini, che negli ultimi anni ha visitato i luoghi degli ex manicomi raccogliendo memorie ed esperienze, sulle quali ha poi costruito lo spettacolo ”La pecora nera. Elogio funebre del manicomio elettrico” (in scena la sera, alle ore 21, e il giorno successivo alla stessa ora al Teatro Pietro Aretino). All’incontro interverranno anche Massimo Baioni, Laura Caretti e Patrizia Gabrielli, docenti della facolta’ di Lettere e Filosofia di Arezzo, oltre al preside Camillo Brezzi, docente di storia contemporanea.
«Negli anni Settanta – spiega il professor Brezzi – se da una parte agisce il terrorismo, dall’altra numerose sono le voci che sollecitano, sulla base di nuove forme di cultura politica, un assetto piu’ democratico della societa’ ed esprimono un desiderio di cambiamento. Esemplare in tal senso – prosegue Brezzi – e’ proprio la riforma della psichiatria. Basti pensare come da piccole esperienze, quali quelle di Gorizia e poi di Trieste con Franco Basaglia, o di Arezzo con Agostino Pirella, si metta in moto un processo culturale e sociale che affronta il problema della malattia psichiatrica, la sua cura e l’atteggiamento della societa’ nei suoi confronti, fino a trovare una soluzione alternativa alla tradizionale coercizione dei ”malati di mente” e alla demonizzazione della follia».
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