Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

Mauritania: un collaboratore del giornale Le Calame sequestrato dai servizi segreti

La Francia ne aveva chiesto l'estradizione, ricevendo un rifiuto dalla Corte Suprema della Mauritania. Ma dopo la sua uscita dal carcere dove era stato rinchiuso, Mansour Tawfiq, intellettuale e collaboratore del settimanale indipendente Le Calame, è stato rapito e sequestrato dai servizi segreti mauritani. Dal 9 dicembre, né la sua famiglia né i suoi avvocati sono riusciti ad entrare in contatto con lui. L'appello del Direttore di pubblicazione di Le Calame, Ahmed Ould Cheikh.

di Ahmed Ould Cheikh

Si chiamava Ian de Grange. Dopo essere approdato in Mauritania ed essersi convertito all’Islam, è diventato Mansour Tawfiq. Ian è nato all’inizio degli anni ’50, in un piccolo villaggio della Bretagna, una terra dove i suoi antenati, giunti dalla Scozia, si erano installati alcuni secoli fa in fuga probabilmente da una delle innumerevoli guerre che stavano destabilizzando l’Europa.

Con la maturità in tasca e un milione di idee in testa, Ian sceglie il mestiere di insegnante che svolgerà per oltre dieci anni. All’inizio degli anni ’90, preso da una crisi adolescenziale tardiva, manda tutto all’aria e parte per la grande avventura. A bordo del suo furgone, viaggia in tutta la Francia per vivere una seconda gioventù. Spinto da non so quale istinto, lascia però la sua terra natale per l’Africa, in cerca di spiritualità. Spende qualche mese in Senegal, per poi scoprire la Mauritania. Il periodo trascorso sotto il sole sarà di breve durata, perché decide di tornare in Francia. Ma la tentazione è troppo forte. Rifa le sue valigie e sbarca nel nostro paese. Scelgie Maata Moulana, un villaggio fondato negli anni ’50 e situato nel sud-est della Mauritania che significa “il dono di Dio”. E’ l’inizio di una lunga storia d’amore con la Mauritania.

Ateo, Ian de Grange (oggi Mansour Tawfiq) trova nell’Islam le riposte alle domande esistenziali che si è sempre posto, buttandosi a capofitto nella ricerca e nella scrittura.

Ahmed Ould Cheikh, Direttore di Le Calame

Ateo, Ian trova nell’Islam le riposte alle domande esistenziali che si è sempre posto, buttandosi a capofitto nella ricerca e nella scrittura. Nel 2006, il suo libro “Gens du Livre” ottiene il Premio mauritano Chinguetti [attribuito ogni anno ai mauritani e agli stranieri che hanno contribuito alla ricerca sugli studi islamici, scientifici e letterari], sucessivamente pubblica un secondo studio sullo Wakf*, di cui diventa grande esperto. Ma non gli basta. Spinto dalla curiosità, iniziare a collaborare con la stampa, prima con Horizons e La Tribune, poi dal 2008 con Le Calame nel quale occupa il posto di correttore di bozze. Da allora, è diventato parte integrante della nostra redazione e si investe anima e copro nel giornale affinché possa uscire ogni settimana con meno refusi possibili. Non solo. Con il passare degli anni, ha contribuito alla linea editoriale di Le Calame con articoli e opinioni sempre apprezzati dai nostri lettori.

Due mesi fa, un gruppo di poliziotti sono sbarcati a casa a Maata Moulana, dove tutti conoscono Mansour e lo apprezzano. Il villaggio è sotto schock, alcuni uomini rifiutano di vederlo partire da solo e decidono di imbararcare sulle auto della polizia che li porteranno a Nouackchott. Nella capitale, Mansour viene consegnato alla brigata anti-stupefacenti; lo stesso giorno un giudice decide di mandarlo in carcere, in attesa che la giustizia si pronunci su una richiesta di estradizione giunta dal tribunale di Tolosa, in Francia, sulla base di una convenzione giudiziaria tra i due paesi. La vicenda riguarda uno scandalo sessuale risalente agli anni 90-91. Dopo alcuni giorni, la Corte Suprema decide di rifiutare la richiesta di estradizione al motivo che i fatti sono ormai prescritti e che nel frattempo il prevenuto è diventato musulmano e che non può, in base alla legge islamica, essere estradato verso un paese che islamico non è. La Corte ordina quindi la liberazione fissata il 9 dicembre scorso, ma non appena uscito dal carcere, un pick-up della polizia lo recupera per condurlo in una destinazione ignota. La sua famiglia e i suoi avvocati rimangono svariati giorni senza avere notizie di Mansour. Saranno in seguito informati che si trova nei locali della direzione generale della sicurezza nazionale. Da allora, non filtra più nulla.

La polizia, che ha ricevuto l’ordine di arrestarlo, non sa ufficialmente perché lo ha fato e non lo ha nemmeno interrogato. Gli avvocati non possono entrare in contatto con il loro cliente. In un paese che si vuole democratico. Dove le libertà fondamentali devono essere naturalmente rispettate, la rapina e l’incarcerazione di un individuo al di là di una semplice custodia cautelare si chiama detenzione arbitraria. Sono pratiche di un’epoca che pensavamo chiusa, ma con la quale dobbiamo ancora convivere. Quando la giustizia è schiava degli ordini e che il sistema di sicurezza si trasforma in strumento di repressione, quale sarebbe la definizione migliore per il regime nel quale viviamo? “Chi denuncia il male diventa complice del male”, diceva Martin Luther King. Oggi invito a denunciare questo male, è l’unico diritto che ci è rimasto. Prima che sia troppo tardi.

Clicca qui per leggere la versione originale publicata su Le Calame.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA