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Medio Oriente

Maya, cooperante evacuata da Gaza: «In ansia per chi resta»

Maya Papotti è provata, ma sta bene. Chiara Saccardi, responsabile Azione contro la Fame per il Medio Oriente: «Mancano acqua, cibo, medicine e carburante»

di Alessio Nisi

Gaza

Maya Papotti, cooperatrice internazionale che lavora per l’organizzazione internazionale Azione contro la fame, sta bene e sta rientrando in Italia. Era nella Striscia di Gaza. Papotti è riuscita a raggiungere l’Egitto. Ora con il primo volo utile è pronta a tornare in Italia. «È un sollievo perché la situazione a Gaza è stata davvero difficile, ma sono molto preoccupata per il resto del team e per la popolazione. Dopo aver lavorato lì per mesi e aver vissuto in prima persona questa terribile crisi, io e i miei colleghi abbiamo una visione chiara della risposta umanitaria che deve essere attivata con urgenza», le prime parole di Maya.

Quadro in evoluzione

Mercoledì circa 400 civili hanno attraversato il varco di Rafah, l’unico collegamento via terra tra la Striscia di Gaza e l’Egitto: la prima evacuazione di civili dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas. «Il primo momento in cui hanno aperto il valico per far uscire delle persone», dice Chiara Saccardi, responsabile Azione contro la Fame per il Medio Oriente. Finora infatti era stato solo permesso il passaggio di alcuni aiuti umanitari dall’Egitto verso la Striscia di Gaza, ma non quello di persone verso l’Egitto. Per gran parte della giornata di ieri tutte le connessioni telefoniche e a Internet nella Striscia di Gaza sono risultate interrotte. Le interruzioni delle comunicazioni hanno reso ancora più difficoltoso il lavoro di chi presta soccorso ai civili palestinesi, che da settimane sono anche senza energia elettrica. «Maya è molto provata, il viaggio dalla frontiera al Cairo è stato molto lungo, ma sta bene». È «preoccupata per i nostri colleghi che rimangono lì e per la situazione globale disastrosa della popolazione». Una situazione che Saccardi definisce «di estrema difficoltà, in primo luogo per la sicurezza» dovuta ai combattimenti e ai bombardamenti «molto intensi».

Condizioni estremamente dure

«Dallo scoppio del conflitto, siamo stati costantemente in contatto con Maya e la sua famiglia, collaborando con le autorità competenti, che ringraziamo vivamente per gli sforzi compiuti per riportarla a casa», fa sapere Azione contro la Fame. «Siamo sollevati per questa notizia, ma non possiamo dimenticare coloro che sono ancora a Gaza, cercando di sopravvivere tra le bombe, il cibo che scarseggia, l’acqua e l’elettricità limitate. Le condizioni sono estremamente dure e rimaniamo profondamente preoccupati per la loro sicurezza».

La riposta umanitaria

Acqua, accesso al cibo, servizi igienici. A Gaza le organizzazioni internazionali lavorano per dare una risposta umanitaria nel mezzo della crisi. «Non essendoci entrate di beni in modo continuo e sufficiente», spiega Saccardi, «la popolazione manca di acqua, cibo, medicine e carburante».

Il problema dell’acqua

Grande attenzione e preoccupazione è legata alla mancanza di accesso all’acqua. Si stima che siano disponibili fra 1 e 3 litri d’acqua ad abitante in relazione alle zone, per 2,3 milioni di persone che vivono a Gaza, metà delle quali sono bambini. «La mancanza di acqua, e quindi la limitata igiene, espone la popolazione a malattie. I bambini con meno di 5 anni sono quelli più esposti e stanno già manifestando problematiche di salute collegate alla mancanza e alla scarsità dell’acqua, come scabbia e diarrea».

Il nostro auspicio è che si possa negoziare un cessate il fuoco e che la situazione di violenza possa fermarsi. In quel caso potremmo dare soccorso alle persone con necessità più urgenti

Chiara Saccardi – responsabile Azione contro la Fame per il Medio Oriente

Inoltre, questa quantità rischia di diminuire di giorno in giorno con l’esaurirsi delle scorte e del combustibile utilizzato negli impianti di desalinizzazione. Di fronte a questa situazione, la maggior parte delle famiglie di Gaza ricorre a fonti di acqua inquinate.

Foto di in apertura è di Mahmud HAMS / AFP. Nel testo, la prima foto è di MOHAMMED ABED / AFP, le altre di Azione contro la Fame


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