Mondo
Meglio conoscere che essere conosciuti
Il mondo è cambiato, il fundraising ancora no
di Redazione
Molte organizzazioni non profit italiane possono essere considerate delle vere e proprie Ferrari in termini di raccolta fondi, hanno cause e contatti importanti. Solo che non riescono a rendersene conto. Ciò proprio perché non hanno mai avuto bisogno di ricorrere ad attività strutturate di questo tipo, poiché il mondo (che era assai diverso qualche anno fa) riconosceva il loro gigantesco lavoro e le ringraziava con numerose donazioni, in modo quasi automatico.
Se vogliamo fare un paragone, questa situazione può essere descritta un po’ come un cammino in montagna, prima di una ferrata. Fino a ieri, “l’attacco della ferrata” (cioè la raccolta fondi) si incontrava quasi subito, dopo l’inizio della camminata. In tal modo, le persone potevano donare “senza fatica” poiché sembrava la cosa più conveniente da fare, riconoscendo immediatamente il valore della causa. Ora il lavoro è diventato più complicato. È come se prima “dell’attacco della ferrata” ci volessero tre o quattro ore di cammino (posizionamento, ricerca dei target, prospect donatori ecc.). Poi, finalmente, si riesce ad avviare la raccolta fondi. Purtroppo, però, oggi le persone arrivano stanche “all’attacco della ferrata”… e non sanno più riconoscere immediatamente il valore delle cause. Tutto diventa, quindi, più difficile. Oggi bisogna accompagnare il donatore nelle 3-4 ore di cammino e, solo successivamente, “attaccare la ferrata” (fare raccolta fondi).
Vent’anni fa le organizzazioni di maggiore successo erano quelle che chiedevano di più e si facevano conoscere meglio (cioè erano più visibili); oggi, invece, le organizzazioni che fanno più raccolta fondi sono quelle che conoscono meglio i propri donatori.
La prospettiva è completamente rovesciata: ecco, dunque, quella che scherzosamente definirei la rivoluzione “fundraisiana”.
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