Autonomia differenziata

Meloni secreta il dibattito sui livelli essenziali delle prestazioni sociali

«Rigettatala nostra richiesta di accesso agli atti sui lavori del Comitato tecnico-scientifico (Clep), presieduto dal professor Cassese». Una decisione della Presidenza del Consiglio inspiegabile che rende ancora meno trasparente il dibattito sull'autonomia differenziata. La denuncia della segretaria generale di Cittadinanzattiva

di Anna Lisa Mandorino

Silenziosamente, ma senza battute d’arresto, il provvedimento sull’autonomia differenziata ha fatto già un bel pezzo di strada e approderà domani, 16 gennaio, all’esame delle aule parlamentari. Non c’è stato quasi dibattito su questa riforma istituzionale, come invece è accaduto sul premierato. Questo sull’autonomia differenziata è un provvedimento che impatterà sulla vita concreta e quotidiana delle cittadine e dei cittadini del nostro Paese e rivoluzionerà completamente gli assetti istituzionali. Eppure viene gestito dai partiti della maggioranza, quelli che lo vogliono assolutamente e quelli che non “dovrebbero volerlo”, come moneta di scambio per accordi politici o, addirittura, elettorali.

Da più parti, e in più occasioni, si sono sottolineate preoccupazioni rilevanti che riguardano questa legge. Preoccupazioni relative al metodo ma soprattutto al merito, per esempio all’importanza delle materie oggetto di autonomia, tra cui in particolare la sanità e la scuola, e alla vastità delle stesse. Solo a titolo di esempio, si ricorda che la proposta di autonomia differenziata avanzata dal Veneto riguarda tutte le 23 materie di tutela concorrente. Se facessimo l’ipotesi, estrema ma possibile, che tutte le Regioni chiedessero per sé forme di regionalismo asimmetrico così articolate, l’Italia, come Stato unitario, semplicemente non esisterebbe più e lo si sarebbe deciso senza alcun tipo di partecipazione popolare.

Ma c’è un altro nodo davvero delicato per le cittadine e i cittadini del nostro Paese ed è legato alla determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale, come previsti dall’articolo 117 della Costituzione ma mai definiti finora. La loro determinazione dovrebbe essere il pre-requisito per l’approvazione delle istanze di autonomia differenziata e, per metterli a punto, è stata istituita presso la Presidenza del Consiglio una Cabina di regia che ha, a sua volta, incaricato con funzioni istruttorie un Comitato tecnico-scientifico (Clep), presieduto dal professor Cassese, di individuare i Livelli essenziali delle prestazioni.

Ora, visto che il modo in cui si definiranno i Livelli essenziali delle prestazioni e l’allocazione delle risorse necessarie a renderli esigibili sono al momento l’unico antidoto ad un’autonomia differenziata che acuisca disuguaglianze e frammenti definitivamente il Paese, Cittadinanzattiva ha considerato imprescindibile che le cittadine e i cittadini siano informati e consapevoli su cosa stia maturando in relazione ai Lep e su quale strada stia prendendo la loro definizione.


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È per questo che nelle scorse settimane abbiamo indirizzato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri una istanza di accesso agli atti, chiedendo che fossero messi a disposizione dei cittadini i verbali delle riunioni del Clep e le relazioni conclusive dei lavori, in virtù della considerazione che non può essere questa una questione che i cittadini posso venire a conoscere a valle, ma che c’è necessità di un dibattito pubblico anche lungo tutta la fase ascendente dei provvedimenti.

Proprio quello di cui non ritiene esservi la necessità il Dipartimento degli Affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri che, sebbene in ritardo, ha risposto affermando che la costituzione del Clep, il suo funzionamento e i verbali che emette sono da ritenersi tra i documenti che afferiscono alla formazione di atti amministrativi, e pertanto ha rigettato la nostra richiesta così come, con analoghe motivazioni, ha fatto il Responsabile della Trasparenza.

Dal punto di vista formale la posizione espressa dalla Presidenza del Consiglio sarebbe attaccabile sulla base di una decisione del Tar relativa ad un’analoga istanza di accesso indirizzata al Comitato tecnico-scientifico Covid durante il periodo della pandemia e respinta dalla Protezione civile. In quel caso, il Tar ha rigettato il rifiuto di concedere gli atti dichiarando prevalente rispetto alle ragioni di carattere formale il particolare impatto sociale, sui territori e sulla collettività, dei provvedimenti interessati.

Ma, al di là degli aspetti formali, resta la questione di fondo: la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni, attesa da decenni, rappresenta non solo un nodo cruciale in sé per la infrastrutturazione dei servizi essenziali nel nostro Paese, ma anche l’unico strumento per non rendere l’autonomia differenziata un percorso di progressivo consolidamento delle fratture che caratterizzano ormai il nostro Paese specie in relazione ad alcuni servizi, a cominciare da quello sanitario.

Alcune delle indicazioni contenute nella risposta di diniego della Presidenza del Consiglio su questo punto non sono per niente rassicuranti. Si legge, per esempio, che la determinazione dei Lep avverrà non a partire da quali siano i bisogni concreti e attuali dei cittadini, ma da quale sia “la soglia di spesa costituzionalmente necessaria che costituisce nucleo invalicabile per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale”. Non sfugge l’ambiguità di queste parole nel momento in cui si ricorda in un altro passaggio della risposta che, come previsto dalla legge, tutto deve avvenire “comunque nell’ambito degli stanziamenti di bilancio a legislazione vigente”.

In altre parole, e a partire dagli elementi di spesa piuttosto che dai livelli di prestazione necessari, si ripercorre il dibattito, che fu già al tempo della fissazione dei Livelli essenziali di assistenza in sanità, su cosa debba intendersi per essenziali. E mentre in quel caso l’indicazione fu di intendere essenziali nel senso di necessari per tutti i cittadini e assolutamente da prevedere, qui si rischia che l’interpretazione sia nel senso di basilari, e cioè che vanno assicurati quelli minimi indispensabili.

O forse è solo la nostra interpretazione a lavorare in tal senso, dovendoci noi affidare all’immaginazione civica poiché ai documenti non ci è concesso l’accesso?

Foto: La Presse

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