Libri
Migranti, 25 storie di accoglienza che combattono gli stereotipi
"25 storie di solidarietà, accoglienza e autonomia", a cura dell’associazione Famiglie accoglienti, con la prefazione dell’arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi, raccoglie percorsi di vita straordinari di migranti arrivati in Italia. Dalle traversate drammatiche alle complesse trafile burocratiche, fino alla conquista di un futuro autonomo e dignitoso. Sono storie di chi ha trovato un lavoro, ha studiato, ha costruito una famiglia, diventando parte attiva e preziosa della nostra società
di Redazione

C’è la storia di Jan Nawazi che è fuggito dall’Afghanistan. Era il 1997, i talebani erano da poco saliti al potere per la prima volta. Jan ha sette anni e scappa insieme alla sua famiglia, fanno parte della minoranza sciita degli hazara.
Vivono in Pakistan e dopo in Iran. Poi, da solo e adolescente, Jan decide di raggiungere l’Europa. Attraversa le montagne, entra in Turchia. Sale su un gommone «uno di quelli che adesso compriamo in vacanza, per raggiungere la boa», e arriva su un’isola greca. Da lì ad Atene, da Atene a Patrasso. Dopo qualche tentativo riesce a superare l’Adriatico nascosto in un camion con altre diciotto persone. Li scoprono, lui è minorenne e viene una comunità di accoglienza. Oggi nel capoluogo dell’Emilia-Romagna, gestisce un ristorante con due sale adiacenti, due cucine, lo stesso menù: si chiama Kabulàgna, una sintesi tra la capitale dell’Afghanistan e il nome dialettale di Bologna.
O ancora c’è la storia di Boubacar Bah che nasce in Guinea nel 1995. Attraversa il deserto ed entra in Algeria. Ci mette quasi quindici giorni tra camion e pick-up. Lavora nei cantieri edili, vive alla giornata. Poi decide di andare in Libia e inizia a lavorare come operaio fino alla partenze successiva. Trascorre due mesi in una connection house, una struttura dove i trafficanti stipano le persone prima della partenza. È insieme ad altre mille persone. Arriva il giorno di attraversare il mare: «A bordo», dice, «eravamo 105. Io avevo molta paura. Il gommone si è sgonfiato quasi subito. Siamo stati fortunati: ci ha soccorso una ong. Ci ha portati in Sicilia». Da lì viene portato a Bologna, nel centro di accoglienza di via Mattei: «Avevo 19 anni, ero arrivato in Italia ed ero vivo». La destinazione successiva è un centro di accoglienza a Correggio e poi a Modena. Alla fine, grazie ad attivisti e avvocati, riesce a ottenere quel pezzo di carta a cui ha diritto.

Ma anche quella di João Hinamito, vive a Bologna da due anni. Trentunenne, è nato in Angola nella provincia del Cunene ed è arrivato in Italia nell’aprile del 2022. Per amore. Lavorava nel Sud del suo paese, verso il confine con la Namibia, per una ong spagnola chiamata Fundación Codespa. Dello stesso progetto finanziato dall’Unione europea faceva parte anche un’organizzazione italiana. «Facevo il tecnico agrario, mi sono laureato in Ingegneria agraria all’Universidade Mandume ya Ndemufayo di Ondjiva». È in queste attività che João conosce Giulia Giulietti, una pediatra italiana che lavora per il Cuamm. I due si innamorano e si fidanzano. La storia va avanti per un paio d’anni. Poi il progetto in Angola termina per entrambi. João decide di seguirla in Italia: «Avevo paura. Anche se sono partito in aereo ho dovuto lasciare la mia famiglia, i miei amici, tutta la mia vita per venire in un Paese di cui neanche parlavo la lingua». Per entrare in Italia João ottiene un visto turistico, che dura novanta giorni. Prima della scadenza, registra un contratto di convivenza con la fidanzata e chiede un permesso per motivi familiari. È valido cinque anni.
Le storie di Jan, Boubacar e João sono solo due tra i 25 racconti contenuti nel libro “25 storie di solidarietà, accoglienza e autonomia” curato dall’Associazione Famiglie Accoglienti e pubblicato dalla casa editrice di Altreconomia nella collana “Storie di libere scelte e stili di vita”, la prefazione del volume è a firma dell’arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi. «Le storie di questo libro sono un giubileo», scrive Zuppi, «ci incoraggiano a trovare speranza, a ritrovarla, a usarla, a liberarci dalla sottile anestesia della rassegnazione, quella che viene con lo scetticismo dell’età, con il cinismo della generazione, con il triste realismo di chi si sente in diritto o costretto a non credere più a niente. Occorre essere “lottatori della speranza”, come ebbe a dire papa Francesco in occasione dell’incontro con i profughi a Bologna».
L’Associazione Famiglie Accoglienti Famiglie è nata a Bologna nel 2018 con l’obiettivo di sostenere i migranti in difficoltà, in particolare i più giovani. L’organizzazione si fonda su una rete di famiglie impegnate in percorsi concreti di accoglienza e integrazione sociale. Oggi è attiva a Torino, a Bologna e in altre città italiane e offre aiuto attraverso varie forme di sostegno: dalla ricerca di abitazione o del lavoro, dall’istruzione al tempo libero. La missione dell’associazione non è solo quella di migliorare la qualità della vita delle persone più vulnerabili, ma anche – e soprattutto – di tutelarne i diritti, denunciando abusi, violazioni della legge e discriminazioni.
Sebbene l’Italia conti circa 5 milioni di migranti, il dibattito pubblico tende spesso a concentrarsi solo sugli aspetti negativi, come naufragi e sfruttamento. L’associazione ha voluto mettere in luce una realtà diversa: quella di persone che, pur affrontando enormi difficoltà, sono riuscite a trovare lavoro stabile, costruire una famiglia e crescere figli nati in Italia.
«L’idea del libro», dice Fabrizio Tonello, che ha scritto l’introduzione, «è nata proprio dalla necessità di mostrare questa realtà positiva e di contrastare la narrazione dominante. Nel 2024 i migranti nel mondo erano circa 300 milioni, cioè il 3,5% della popolazione mondiale. Una realtà che, negli ultimi anni, politici sciagurati hanno voluto trasformare in un problema di ordine pubblico, o addirittura di “invasione”. I migranti ci sono e ci saranno: come il riscaldamento globale, fanno parte di trasformazioni profonde che si possono accompagnare e gestire ma non negare o combattere con slogan truculenti. Ci sono e ci saranno: sono e saranno i nostri fratelli».
Nella foto di apertura João Hinamito e Giulia Giulietti
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