Welfare
Minori senza giustizia
Infanzia I tribunali minorili alzano bandiera bianca: «Siamo al collasso»
di Redazione
Solo 29 sedi in tutta Italia. Che oggi si dovrebbero occupare anche di stranieri e hanno la competenza su 80mila figli nati da coppie di fatto. «Il nostro bacino d’utenza si è enormente ingigantito», denuncia il magistrato Piercarlo Pazè. Tanto che i processi possono durare anche tre anni.
«Un lasso non compatibile con le necessità dei bambini» D opo più di 70 anni di onorata carriera, i tribunali minorili alzano bandiera bianca. I numeri danno la misura del disagio che una delle più importanti istituzioni al servizio dei minori sta vivendo: solo 29 sedi in tutto il Paese, spesso coincidenti con l’intera regione, con competenze penali, civili e amministrative in continuo aumento e in fisiologica “collisione” con quelle dei tribunali ordinari e dei giudici tutelari.
Concentrando l’attenzione solo sull’area civile, che è quella che vive le maggiori criticità, basti pensare che da queste 29 sedi, nel 2006, sono stati emessi 30mila provvedimenti a tutela di bambini e adolescenti (tra pronunciamenti relativi alla limitazione o regolamentazione della potestà genitoriale, affidamenti, provvedimenti d’urgenza).
Il paradosso
Ma, insieme al maggior carico di lavoro, è soprattutto l’aumento esponenziale delle competenze a preoccupare i giudici minorili, che il 25 ottobre scorso, dal congresso nazionale dell’Associazione italiana magistrati per i minori e la famiglia, hanno lanciato l’allarme: «Si è enormemente ingigantito il bacino d’utenza», spiega Piercarlo Pazé , magistrato e direttore della rivista Minorigiustizia . «Da un lato per l’ingresso di nuove competenze, come quella relativa ai minori stranieri, dall’altro per l’ampliamento di quelle tradizionali: in primis, la gestione delle separazioni delle coppie di fatto con figli. Si tratta ormai della metà di tutti i procedimenti civili aperti davanti al tribunale dei minori. Una materia delicata, in cui è necessario decidere dell’affidamento dei bambini e, dal 2007, anche del mantenimento economico da garantire agli stessi». Considerato che i figli nati da coppie di fatto sono 80mila l’anno, e che il tasso di litigiosità e di fragilità di queste famiglie è più alto che nei matrimoni civili e religiosi, si può pensare che le pratiche a carico dei tribunali minorili siano ormai nell’ordine di svariate migliaia l’anno.
Ma qui emerge uno dei più cocenti paradossi del sistema giudiziario italiano. Divorzi e separazioni di coppie coniugate (con o senza figli) sono infatti di competenza del tribunale ordinario. Il tribunale minorile interviene invece per decidere della sorte dei bambini di coppie non sposate. «Diventa sempre più incomprensibile questa divisione di ruoli, anche alla luce delle nuove e rivoluzionarie norme sull’affidamento condiviso dei figli», riflette Pazé.
Sempre più pressante, dunque, è la richiesta di un organo unico in grado di farsi carico di tutto il settore, con giudici preparati in modo esclusivo alla materia minorile e una diffusione sul territorio che ne consenta la piena operatività. «È un traguardo che affidiamo al legislatore e che abbiamo sottoposto al sottosegretario alla Giustizia, Alberti Casellati che sta lavorando a un testo di riforma che introduca un tribunale unico per il settore», sottolinea Maria Rita Verardo , presidente dell’Aimmf. «Alla Casellati abbiamo chiesto che questo organismo possa mantenere la dicitura “minorenni”, come elemento distintivo, che preservi quella cultura minorile costruita in tanti anni di lavoro e punti a un’alta specializzazione dei suoi addetti, che continui a valorizzare il ruolo dei magistrati onorari e possa mantenere uniti i settori penale e civile».
I principi del “giusto processo”
Un lavoro non da poco, cui è stato tentato di dare forma già a partire dagli anni 70, senza risultati. Ma forse i tempi sono maturi: «Gli avvocati hanno sempre tentato di promuovere la creazione di sezioni specializzate per la famiglia nell’ambito dei tribunali, i giudici si sono convinti in tempi più recenti», commenta l’avvocato Gianfranco Dosi , presidente dell’Osservatorio nazionale per il Diritto di famiglia, che non nasconde l’importanza di un altro traguardo, quello della riforma processuale. «Il tribunale dei minori si caratterizza per una significativa scarsità di regole», spiega, «appena 4-5 articoli su un totale di 700 del Codice di procedura civile. Questo significa avere meno pastoie e una più “umana” flessibilità nella decisione del futuro di un bambino. Però è anche necessario che comincino ad essere poste regole e garanzie ineliminabili».
Come applicare le regole del “giusto processo” in ambito minorile? È una sfida ancora aperta. «In parte è già attuato», interviene la Verardo, «ma senz’altro il giusto processo in ambito minorile necessita di correttivi. Qui si parla soprattutto di affetti. Il minore è il dominus del processo ma quasi mai, nonostante la situazione, i suoi sentimenti sono contrapposti ai genitori. Già il concetto di “giusta durata” di un processo non può applicarsi e non è commisurabile ai tempi di un bambino».
Un processo che può andare da un mese fino a tre anni «non è ancora giusto», rimarca Pazé, «la lentezza della giustizia minorile è ingiustificabile. È una responsabilità comune di giudici e servizi sociali: a volte dipende da una difficoltà di rapporto tra le due realtà, ma di certo va risolta. Anche riconoscendo ai servizi, come avviene all’estero, una maggiore e chiara capacità d’intervento».
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