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Minori stranieri non accompagnati: ecco gli errori da non rifare

L'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza ha incontrato 50 ragazzi ospitati nel Sistema di accoglienza e integrazione, in diversi comuni italiani. Dal loro ascolto ha steso un rapporto, che offre le raccomandazioni per gestire al meglio l'arrivo e l'inclusione dei più giovani

di Veronica Rossi

Pazienza e nostalgia. Sono queste le parole che i minori stranieri non accompagnati utilizzano di più per parlare della propria esperienza in Italia. Hanno provato solitudine e paura quando si sono ritrovati soli, in una città sconosciuta, senza poter contare su nessuno, alcuni costretti a dormire al freddo in un parco per settimane prima di entrare nel sistema di accoglienza. Nonostante questo, è forte il desiderio di riscatto, di costruirsi un futuro nel nostro Paese, di trovare un lavoro, di fare una famiglia, di consolidare relazioni interpersonali e di completare il loro processo di inclusione. Per quanto la mancanza delle zone di origine e dei propri parenti si faccia sentire in maniera importante.

Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, ha incontrato negli scorsi mesi i ragazzi ospitati nelle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione – Sai, gestite da Comuni di tutta la Penisola: Amelia (Terni), Aradeo (Lecce), Bologna, Pescara e Rieti, per parlare con loro, ascoltare le loro testimonianze e le loro opinioni. La Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1989 e ratificata dall’Italia nel 1991, riconosce infatti come un diritto fondamentale l’ascolto delle opinioni dei minori nei processi decisionali che li riguardano. Questo deve valere anche per gli oltre 21mila minori stranieri non accompagnati presenti nel nostro Paese, che sono in continuo aumento: alla fine del 2022, infatti, erano il 63,5% in più rispetto all’anno precedente e il 183,7% in più rispetto al 2020. Si tratta di bambini e adolescenti (il 44,4% ha 17 anni) che affrontano situazioni delicate e che hanno particolarmente bisogno di essere visti e ascoltati.

Le visite della garante, realizzate i collaborazione con l’Associazione nazionale Comuni italiani – Anci, il Servizio centrale – struttura di coordinamento del Sai, l’Agenzia Onu per i rifugiati – Unhcr e il Fondo delle nazioni unite per l’infanzia – Unicef, sono sfociate nella pubblicazione Ascolto e partecipazione dei minori stranieri non accompagnati come metodologia di intervento, che riporta il punto di vista dei ragazzi e, a partire da esso, formula nelle conclusioni una serie di raccomandazioni. Le attività di ascolto e partecipazione hanno coinvolto 50 persone, di cui 46 di minore età (con un’età media di 17 anni) e quattro neomaggiorenni; in prevalenza erano maschi, fatta eccezione per due ragazze provenienti dalla Somalia.

«Non si può più attendere per completare l’attuazione della legge 47/2017 (la cosiddetta Legge Zampa, che avrebbe dovuto mettere a sistema l’accoglienza dei msna, ndr)», dice Garlatti, «il sistema di prima accoglienza deve essere realizzato in maniera strutturale e non più come risposta alle emergenze che di volta in volta si presentano. È inoltre urgente adottare il decreto che disciplina il primo colloquio del minorenne che fa ingresso sul suolo italiano: è un passaggio che si attende dal 2017 e che è fondamentale per assicurare i diritti del minore e per aiutarlo a raggiungere in maniera celere e sicura la sua destinazione. A ogni ragazzo devono essere assicurati tre diritti: la presunzione di minore età, la collocazione in una struttura riservata esclusivamente ai minori e un tutore volontario».

A ogni ragazzo devono essere assicurati tre diritti: la presunzione di minore età, la collocazione in una struttura riservata esclusivamente ai minori e un tutore volontario

Carla Garlatti

Secondo quanto emerso dal report, è indispensabile velocizzare le procedure amministrative per ottenere il permesso di soggiorno e rendere uniformi le prassi su tutto il territorio nazionale. I ragazzi oggi devono aspettare anche sei mesi prima di avviare un percorso di inserimento: questo, secondo le loro stesse testimonianze, genera ansie, timori e frustrazioni, oltre a una più generale incomprensione dei meccanismi burocratici. È soprattutto quest’ultimo il motivo per cui occorre garantire la presenza in ogni fase del percorso di un mediatore culturale, che possa colmare le difficoltà di comprensione e affrontare le paure del minore.

Per le stesse ragioni andrebbe assicurata la tempestiva nomina del tutore volontario, importante figura di riferimento per i ragazzi nel sistema di accoglienza italiano. Questo aspetto, tuttavia, rimane critico: dall’ascolto dei minori è emerso infatti che ci sono ancora casi nei quali, per la scarsità di volontari, i tribunali attribuiscono la tutela a sindaci o avvocati. Si tratta di figure che – per quanto importanti – si trovano a occuparsi di un numero elevato di minori e quindi non possono costituire un vero punto d’appoggio per i ragazzi durante il loro percorso di integrazione.

Per promuovere un processo inclusivo è poi fondamentale creare occasioni di socializzazione e aggregazione con la comunità; importante è anche agevolare l’apertura di un conto corrente bancario intestato al minore straniero, nei limiti della legge. Per chi ha raggiunto la maggiore età, poi è necessario rendere omogeneo in tutta Italia il ricorso al prosieguo amministrativo, che costituisce uno strumento di accompagnamento inclusivo all’età adulta.

Carla Garlatti

«Ho promosso questo ciclo di visite», racconta Garlatti, «con l’obiettivo di ascoltare i ragazzi. Ho incontrato giovani che sognano di lavorare e di farsi una famiglia nel nostro Paese, ma che non smettono di chiamare casa. Perché, come hanno confessato, sentono la mancanza della madre. Alcuni mi hanno riferito episodi di diffidenza da parte degli italiani, altri si sono mostrati sorpresi per il ruolo che la donna ha nella nostra società, altri ancora hanno condiviso sentimenti di solitudine e paura. La parola che più volte hanno pronunciato per descrivere la loro reazione alle difficoltà è stata ‘pazienza’. Sono ragazzi che vanno supportati nel loro difficile percorso di inserimento e in questo un ruolo importante può essere giocato dall’affidamento familiare: questo istituto va adeguatamente valorizzato quale misura preferenziale di accoglienza, perché migliora e semplifica il processo di integrazione e inclusione sociale».

«I minori stranieri non accompagnati rappresentano un tema fondamentale per i territori, ancora di più in questo momento storico, in cui i Comuni sono impegnati ad accogliere sempre più minori soli, con necessità e complessità diverse», afferma il sindaco di Prato, Matteo Biffoni, delegato Anci all’Immigrazione e Politiche per l’integrazione. «Il modo in cui un Paese decide di organizzarsi per proteggere i minori non accompagnati dice molto sul livello complessivo di attenzione alle fragilità e ai minori. Il Sai continua a svolgere un ruolo importante per la protezione dei minori, garantendo un futuro che passa attraverso una presa in carico attenta alle esigenze dei ragazzi e dei bambini che arrivano nel nostro Paese, pienamente integrata nei servizi di welfare. Il Report delle visite Sai dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza viene pubblicato in un momento in cui il tema dei minori soli è di grande attualità ed è centrale tra le questioni che preoccupano di più i territori. L’occhio esterno e attento dell’Autorità, che ringrazio ancora per il lavoro svolto, ci aiuta nell’impegnarci a garantire condizioni sempre più adeguate ad accompagnare i minori nel loro percorso di inclusione. Confermiamo che è necessario adottare politiche strutturali di accoglienza di tutti i minori, abbandonando le soluzioni emergenziali che non consentono di lavorare nel pieno interesse dei ragazzi».

«I minori stranieri non accompagnati, adolescenti arrivati senza figure adulte di riferimento, sono particolarmente esposti a rischi», dice Nicola Dell’Arciprete, coordinatore della Risposta in Italia dell’ufficio Unicef per l’Europa e l’Asia centrale. «Per tutti loro, il diritto all’ascolto e alla partecipazione, riconosciuto dall’articolo 12 della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, è fondamentale per capirne il percorso, rilevarne i bisogni e garantire il necessario supporto nel paese di accoglienza. Questo rapporto sarà particolarmente utile a tutti gli attori dell’accoglienza per assicurare che in tutte le strutture per i minorenni, e in tutti i processi che li riguardano, i giovani possano dire la loro e avere, infine, una risposta pensata su misura dei loro bisogni e delle loro aspirazioni»

«Questo esercizio, al quale abbiamo partecipato con entusiasmo, conferma quanto ci sia ancora da fare per assicurare il pieno rispetto dei diritti dei tanti bambini e bambine, ragazzi e ragazze, che arrivano in Italia», dichiara Chiara Cardoletti, rappresentante Unchr per l’Italia, la Santa Sede e San Marino, «a cominciare da una loro corretta individuazione, presupposto per una protezione effettiva, fino all’accoglienza immediata in luoghi dedicati dove possano essere assicurate loro tutte le garanzie ed i diritti previsti dalla legge. Questa iniziativa ci ha permesso di ascoltare con attenzione la loro voce per comprendere al meglio fragilità, esigenze e prospettive. Siamo convinti che rappresenti il giusto approccio per giungere a soluzioni concrete e che rispondano ai bisogni reali di ragazzi e ragazze».

In apertura lo sbarco a Lampedusa del 18 settembre 2023, foto di Cecilia Fabiano/LaPresse


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