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Missione con la “m” maiuscola

Nono posto. Maurizio Scelli, commissario Cri.

di Andrea Tornielli

E’ di costituzione apparentemente gracile, ma battagliero e decisionista, abituato a organizzare e a comandare. è arrivato alla Croce Rossa dopo essere stato il responsabile nazionale dell?Unitalsi e aver guidato centinaia di pellegrinaggi dei malati a Lourdes. Maurizio Scelli, 43 anni, abruzzese di Sulmona, in realtà doveva diventare un calciatore professionista: a metà degli anni 70 era tenuto d?occhio da importanti club nazionali. Ma un grave incidente durante una partita lo costringe ad abbandonare il sogno della sua vita. «Era il 1977 e mentre giocavo presi un calcio violentissimo alla bocca dello stomaco, subendo un trauma anche al fegato e al pancreas». Qualche anno dopo, la madre lo obbliga a seguirlo per un pellegrinaggio a Lourdes. A malincuore accetta. L?incontro con i malati lo sconvolge e diventa volontario Unitalsi. Organizza non solo pellegrinaggi, ma anche crociere e week end a Disneyland per bambini malati. Poi arriva l?incarico alla Cri, vissuto come una missione, che lo «lancia» sulla scena internazionale: è lui a guidare i convogli umanitari nelle città irachene assediate, è lui l?inviato cui vengono consegnate Simona Pari e Simona Torretta. «Senza mancare di rispetto al Consiglio dei ministri che mi ha nominato Commissario straordinario, quando l?11 maggio 2003 sono arrivato a Bagdad e appena messo in piedi l?ospedale da campo ho visto morire davanti ai miei occhi tre bambini, a distanza di mezz?ora l?uno dall?altro, ho capito che Qualcuno con la «Q» maiuscola, da lassù mi aveva mandato in Iraq».


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