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Morte cerebrale, cattolici divisi
Dopo l'articolo dell'Osservatore Romano è il tema su cui intervengono tutti i giornali di oggi
di Redazione

Sintesi a cura di Franco Bomprezzi
È sicuramente un nervo scoperto nella società civile italiana: a che punto si è sicuri che la vita è terminata? Un articolo sull’Osservatore Romano infatti scatena una polemica vibrante, prontamente registrata dai quotidiani in edicola oggi.
- Inoltre la Rassegna stampa di oggi si occupa di:
- Finte separazioni e Ici
- Bullismo
- Mafia
- Scuola
MORTE CEREBRALE
Repubblica, in prima di spalla, dà conto del pezzo apparso sull’Osservatore Romano: “La morte cerebrale non è la fine della vita”. I pezzi sono poi alle pagine 12 e 13. Orazio La Rocca ripercorre il fatto, in realtà smontandolo: la posizione non è del giornale ma di Lucetta Scaraffia, storica, che l’ha assunta in un pezzo sui 40 anni del Rapporto di Harvard (che modificò la definizione di morte, da allora non più basata sull’arresto cardiocircolatorio). Padre Fedele Lombardi, portavoce del Papa, spiega che: «l’interessante e autorevole articolo non può essere considerato una posizione del magistero della Chiesa. è un contributo alla discussione e all’approfondimento». Diversa la posizione del cardinale Javier Lozano Barragan, “ministro” della sanità vaticana, che condivide «totalmente l’editoriale del giornale pontificio perché richiama criteri e suggerimenti che noi portiamo avanti, essendo convinti che la dichiarazione di fine via deve tener conto della ricerca scientifica internazionale». Maurizio Mori, presidente Consulta di bioetica, è netto: «sulle questioni di fine vita la Chiesa non è più in grado di dare risposte ai nuovi problemi, diffonde inutile panico». Accanto intervistina al primario del Niguarda (che si è detto disponibile a staccare il sondino a Eluana Englaro): “Defanti: la confusione è inevitabile l’esistenza è priva di confini chiari”: riferendo di due casi di due donne incinte tenute in vita per mesi fino al parto, accenna al fatto che sarebbe più corretto parlare di punto di non ritorno (non è ben chiaro cosa sia).
Marcio Reggio sente Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti: “Ma la scienza non ha dubbi quelle regole valgono ovunque”. Il titolo dice tutto. Da aggiungere che secondo Nanni Costa non c’è pericolo di confondere l’encefalogramma piatto con lo stato vegetativo permanente, durante il quale «le cellule sono soffrenti ma vive, mandano segnali elettrici, il soggetto respira da solo, ha riflessi cranici».
C’è poi la testimonianza di Federico Finozzi, 33 anni, trapiantato di fegato: “Troppi malati in attesa di speranza così si uccide la loro unica speranza” è il titolo del pezzo nel quale si sente anche Vincenzo Passarelli, presidente Aido che teme confusione «in un paese dove gli organi donati bastano per un terzo delle persone che hanno bisogno». Ignazio Marino, “Un atto irresponsabile” (richiamo in prima e poi a pagina 29): ripercorre le tappe che hanno portato all’attuale definizione di morte (6 ore di osservazione dell’encefalo). Tale definizione «non fu solo il frutto di un confronto tra scienziati, ma soprattutto la prima dichiarazione di bioetica condivisa che ebbe un impatto concreto sul mondo». Marino richiama Giovanni Paolo II (che in un congresso scientifico disse, nel 2000, che «l’avvenuta morte di un individuo produce inevitabilmente dei segni biologici, che si è imparato a riconoscere in maniera sempre più approfondita e dettagliata») e conclude: «credo che il modo di definire la fine della vita sia corretto scientificamente ma sostengo soprattutto che se qualcuno nutre dei dubbi li esponga nelle sedi appropriate… In caso contrario, insinuare l’ipotesi che un individuo che fino ad oggi viene definito morto, non lo è più, è un atto irresponsabile che rischia di mettere in pericolo la possibilità di salvare centinaia di migliaia di vite grazie alla donazione di organi».
La Stampa dà rilievo in prima pagina all’articolo dell’Osservatore romano che mette in dubbio il criterio della morte celebrale per definire la fine della vita di un individuo, condizione (ed è questo uno degli aspetti più delicati) per il trapianto di organi. Tale criterio venne stabilito dal “Rapporto Harvard” 40 anni fa ma oggi, sostiene la giornalista membro del Comitato di bioetica, è rimesso in discussione da nuove ricerche. «Anche la Chiesa, consentendo il trapianto di organi, accetta implicitamente questa definizione di morte, ma con molte riserve» ha scritto ancora la Scarrafia «per esempio, nello Stato della Città del Vaticano non è utilizzata la certificazione di morte cerebrale». La Stampa riporta la posizione del presidente degli anestesisti-rianimatori ospedalieri italiani, Vincenzo Carpino: la legge italiana è una delle migliori al mondo e stabilisce accertamenti precisi, «la morte cerebrale è la morte dell’individuo» riafferma Carpino. «La categoria è comunque aperta al confronto se dovessero emergere nuove evidenze scientifiche».
Nell’approfondimento a p.4-5 La Stampa dedica un altro articolo al documento che anestesisti, neurologi e pneumologi italiani presenteranno oggi a Torino: un decalogo per prolungare la sopravvivenza e migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da malattie neuro-muscolari. Prima di arrivare a casi come Welby e Coscioni, dice il presidente della Società europea di terapia intensiva Marco Ranieri, bisogna applicare tutte le conoscenze e le terapie sviluppate oggi dalla ricerca scientifica, cosa che non viene fatta in modo adeguato. La Stampa intervista il neurologo che ha in cura Eluana, Carlo Alberto Defanti, che distingue tra persona e organismo: «Persona è
colui che sa di esistere. Che è in contatto con la realtà, prova sensazioni ed emozioni. Organismo è ciò che ha perso tali consapevolezze». Però anche secondo il medico non è sufficiente che uno o più organi non funzionino più per decretare la morte di un individuo e «la morte avviene solo con l’arresto cardiocircolatorio», la morte cerebrale è stata fissata come «punto di non ritorno» e metterla in discussione significa mettere in discussione anche tutta l’attività dei trapianti.
Il Corriere della Sera dedica una colonna di spalla in prima, con il pezzo del vaticanista Luigi Accattoli che riassume l’articolo dell’Osservatore Romano. Il tema è sviluppato a pagina 6. Interessante il pezzo di Adriana Bazzi che ricorda l’importanza della svolta di Harvard del ’68 (anno pieno di ogni cosa…) con il passaggio dal cuore al cervello per determinare il momento della morte. Adesso è chiaro, come spiega Luigi Beretta, professore di anestesia e rianimazione al San Raffaele di Milano, che la morte cerebrale non necessariamente significa la morte del corpo: “Se parliamo di corpo e non di individuo è così”. Di spalla due interviste brevi di Margherita De Bac a un cattolico, Francesco D’Agostino, presidente onorario del Comitato nazionale di Bioetica (che in buona misura conferma la validità scientifica della certificazione di morte cerebrale), e a un laico, Claudia Caporale, anche lei membro del comitato nazionale di Bioetica. Interessante la sua affermazione: “Sarei pronta a ridiscutere il principio della morte cerebrale purché se ne parli in modo sereno, responsabile, scientifico”.
Avvenire relega in un box a pagina 11 la polemica. Sintetizza l’articolo della Scaraffia e chiude con la precisazione arrivata ieri da padre Federico Lombardi: «le riflessioni pubblicate sull’Osservatore Romano sono ascrivibili all’autrice del testo e non impegnano la Santa Sede, non si tratta di un atto magisteriale né di un documento di un organismo pontificio». Il box sta in una paginata in cui campeggia la foto di Eluana e il titolo: «Lo stato vegetativo? Mai è possibile definirlo irreversibile»: si tratta di un’intervista a Giuliano Dolce, esperto di neuroriabilitazione, ribadisce che scientificamente lo stato vegetativo non può mai essere definito irreversibile e precisa che se anche ci fosse una legge, se Eluana avesse lasciato delle volontà scritte e togliessimo i trattamenti, lei non morirebbe perché non è malata ma affetta da una disabilità gravissima. Un altro box dà conto della posizione di Adriano Pessina, direttore del Centro di bioetica della Cattolica, che aveva costretto Scienza e Vita a ritrattare la sua apertura a una legge; Pessina ribadisce che «una legge rischia di configurarsi come possibile apertura all’eutanasia».
“E’ ora di discutere i trapianti” è il titolo in copertina de il Giornale. Il servizio è a pagina 6. Il Giornale sulla questione intervista Paolo Becchi, ordinario di filosofia all’università di Genova, autore del libro “La morte cerebrale e il trapianto di organi” che ha scatenato il dibattito di ieri su l’Osservatore romano. Si aspettava questa polemica? «Lo speravo. Da oltre 10 anni mi occupo dell’argomento e vengo trattato come reazionario». Nel libro «Metto in evidenza che la morte cerebrale è un’invenzione creata ad hoc per i trapianti… che è una buona causa quando si tratta di cadaveri». «Occorre trovare una giustificazione etica ai trapianti, non dire che quelle persone sono morte». «Mi considero cattolico, non praticante. Non voglio sparare né sui medici, né sul Vaticano. Voglio mettere in luce le contraddizioni del sistema». Controcanto affidato a Francesco d’Agostino, presidente onorario del comitato di bioetica. Nell’intervista si legge: «Quando il cervello si spegne, il corpo perde la sua unità e muore». «Un criterio per accertare il decesso è necessario. L’alternativa è il caos».
Il Manifesto si occupa della “provocazione” di Lucetta Scaraffia sull’Osservatore Romano nella spalla di pag.5. Matteo Bartocci riporta le reazioni negative del mondo scientifico, tra cui quella di Mario Riccio, anestesista, protagonista del caso Welby, che teme che si ripeta il caso Celentano: nel 2001 un monologo del molleggiato mise in dubbio il valore della morte cerebrale: «Dopo la trasmissione di Celentano le donazioni di organi calarono in modo impressionante. Molte persone che avevano visto la tv non si fidavano più dei medici e negavano l’assenso all’espianto. Molte persone sono morte in attesa di un cuore o un fegato per le sciocchezze di uno show televisivo». Francesco Paolo Casavola, presidente del Comitato di bioetica, non entra nel merito ma si limita a dire: «Della questione della fine della vita se ne occuperà sicuramente il Comitato nazionale di bioetica. Nella riunione del 26 settembre chiederò di inserire l’argomento in agenda in modo da avere un pronunciamento chiaro su un tema così rilevante».
Ai temi etici il Sole 24 Ore dedica la pagina dei commenti, facendo il punto sugli 11 progetti di legge sul testamento biologico depositati in Parlamento, che però potrebbero presto essere “superati” da un testo di legge della maggioranza (ma non di iniziativa governativa) che sarebbe quasi pronto. La presentazione avverrebbe senza colpi di mano: sarebbe infatti già in corso un’intensa opera di dialogo con i teodem del Pd per piantare paletti precisi e possibilmente condivisi sul tema del fine vita. Quali? Sembrerebbe due: 1) idratazione e alimentazione non sono cure mediche 2) l’ultima parola sullo staccare la spina spetterà sempre al medico. Di spalla, un commento all’articolo dell’Osservatore Romano: il confine della morte cerebrale – si dice – è oggetto di discussione anche all’interno della Chiesa, che lo accetta nel caso dei trapianti, ma è anche cauta nell’affermare che con lo spegnersi del cervello si spenga automaticamente anche la persona.
E inoltre sui quotidiani di oggi:
Finte separazioni
Repubblica – Dossier: “Sgravi, bollette meno care e Ici Il divorzio diventa un affare”. Sarebbe simulato il 5% delle separazioni (specialmente al Centro Nord). Lo scopo è risparmiare: «sconti ed esenzioni sono facili e consistenti se il reddito non si cumula con quello del coniuge», sintetizza Valentina Conte. La separazione è consensuale, rapida e poco costosa (circa 1500-2000 euro).Bullismo
Repubblica/2 – Pagine milanesi: “Arriva la patente a punti per combattere il bullismo”: all’istituto Curie, istituto tecnico, il preside introduce questo documento: ogni penalità un punto in meno, alla fine telefonata ai genitori (che potranno anche controllare on line le assenze dei figli). Sentono una prof, Angela Greco, che dice: «Anche in casi gradi come quelli di bullismo spesso rimaniamo allibiti dall’atteggiamento dei genitori, che difendono i figli o li coprono».
Mafia
Avvenire – Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia, tira le somme a un anno dal lancio della campagna di espulsione degli imprenditori che pagano il pizzo. Sono state aperte 51 posizioni, 10 associati sono stati espulsi, una trentina sono sotto esame e comunque sospesi, una decina si sono allontanati volontariamente. 64 imprenditori invece collaborano. Punta di diamante è Gela, mentre Palermo sembra un po’ restia. Lo Bello dice: «È aumentata la percezione del fenomeno mafioso come fattore che impedisce lo sviluppo economico e civile. Oggi le imprese stanno sul mercato internazionale, non hanno interesse a continuare a una cultura clientelare dove si inserisce la mafia».Scuola
il Manifesto – Copertina dedicata a Mariastella Gelmini, a cui viene affibbiato l’appellativo di “somara unica”. Quella dell’introduzione del maestro unico, infatti, secondo il Manifesto è “una controriforma, una stretta economica travestita da didattica”.
Ici abolita Italia Oggi – Servizio su un effetto perverso dell’abolizione dell’Ici. Il comune di Santa Margherita ha registrato un boom all’anagrafe, frutto di separazioni fittizie di coppie che in questo modo, trasferendo la residenza di uno dei due coniugi al mare hanno beneficiato dell’abolizione Ici in quanto prima casa. A quanto pare il fenomeno riguarda molte località turistiche. Ricchi e pezzenti…
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