Morti bianche
Morti sul lavoro, l’Italia non si arrenda allo sdegno rituale
Un cambiamento sostanziale sulla sicurezza. Anche culturale. È quanto chiede Marco Bentivogli, già a capo dei metalmeccanici della Cisl, dopo l'incidente ferroviario sulla linea Torino-Milano, costato la vita a 5 operai
di Alessio Nisi
La disattenzione della politica, lo sdegno rituale, un pezzo del Paese ormai anestetizzato che non dà segni di vita e considera quasi inevitabili morire o farsi male sui luoghi di lavoro. Quei decessi che il lessico comune chiama “morti bianche”. Ma che poi bianche non sono, perché i cinque operai a Brandizzo avevano un’anima e un corpo. Avevano un colore. E dei nomi. Il più giovane tra i deceduti, Kevin Laganà, aveva 22 anni ed era originario di Vercelli. Insieme a lui hanno perso la vita Michael Zanera, 34 anni, di Vercelli, Giuseppe Sorvillo, 43 anni, nato a Capua ma residente a Brandizzo, Giuseppe Saverio Lombardo, nato a Marsala e residente a Vercelli, Giuseppe Aversa, 49 anni, di Chivasso.
Marco Bentivogli, 53 anni, ex sindacalista della Federazione italiana metalmeccanici aderente alla Cisl (la Fim), cofondatore e coordinatore nazionale di Base Italia, prova a fare qualche metro indietro rispetto ai binari della Torino-Milano. Quello che emerge è uno scenario desolante: sconcerto, dolore, approssimazione, la tecnologia che c’è, “siamo all’avanguardia” si dice, ma poi nessuno si occupa di formare chi con la tecnologia ci deve lavorare. E poi ancora: la cultura della sicurezza, che nelle scuole dovrebbe essere insegnata e che invece risulta assente meno che ingiustificata, le leggi che ci sono, sono pure avanzate, ma vanno applicate.
Il risultato? La linea dei morti sul lavoro, che dal 1990 continua a salire, i numeri dell’Inail (nel 2022 sono state 1090 le persone che hanno perso la vita nelle fabbriche, nei cantieri, nei campi, nei magazzini, sui mezzi di trasporto, 697.773 gli infortuni. Nei primi sei mesi del 2023 sono già 450 le vittime e 296.665 i feriti), lo strazio dei familiari. «Cinque ragazzi morti, altrettanti feriti. È una vera e propria strage, intollerabile sotto tutti i punti di vista», dice Bentivogli.
Bentivogli, lei chiede un salto di qualità nella prevenzione
Dagli anni Novanta in poi il numero dei morti sul lavoro non riesce a scendere. In ogni incidente sul lavoro ci sono dinamiche diverse. Bisognerà verificare lo stato del semaforo e dell’autorizzazione.
Il nostro Paese, si dice, ha uno dei sistemi di segnalamento più avanzati al mondo. Si dice
Quello che è accaduto è inaccettabile. Anche dal punto di vista tecnico.
Dicevamo del salto di qualità
La tecnologia può esserci di aiuto anche in fatto di trasparenza. Contemporaneamente servono più controlli sui luoghi di lavoro. In questo caso intravedo una procedura completamente sbagliata.
In che senso?
I binari, quando si svolgono azioni di manutenzione, devono essere completamente morti.
Lei chiede anche più attenzione e silenzio per i 5 ragazzi morti
Più attenzione rispetto al dibattito pubblico. Una vicenda come quella della scorsa notte fa capire quali sono le cose importanti che meriterebbero spazio, rispetto ai proclami. Anche rispetto agli attestati di sdegno: servirebbe piuttosto che ognuno facesse la propria parte.
Sicurezza sul lavoro, da dove comincerebbe?
Credo sia necessario un piano di lungo periodo con azioni che coinvolgano anche le scuole. È fondamentale introdurre moduli sulla sicurezza per lavoratori e datori di lavoro. Non si può morire, o farsi male o danneggiare la propria salute sui luoghi di lavoro.
Che cos’è la pratica dei cosidetti “quasi infortuni”?
Nel settore metalmeccanico tutte le volte che si sta per verificare un incidente e qualche elemento lo scongiura si ferma il lavoro e si analizza il problema. Nelle aziende in cui questa pratica è costante c’è stata una riduzione degli incidenti.
In apertura Marco Bentivogli in una foto di Valerio Portelli per LaPresse.
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