Welfare
Myanmar: nuove rivelazioni di Amnesty su repressione militare
Tragica testimonianza sulla devastazione di un monastero nel nord del paese
di Redazione
Il 26 settembre i carri armati dei generali fecero irruzione nel monastero di Myitkyina, nel nord dell’ex Birmania, devastando tutto cio’ che era sul loro cammino; i monaci furono pestati: molti di loro furono portati in carcere, e non sono piu’ tornati.
E’ la terribile testimonianza raccolta e diffusa da Amnesty International sul blitz militare nel Myanmar che ha decimato i religiosi dell’antico monastero, ridotti da 142 a undici, tra quelli arrestati e i compagni entrati in clandestinita’. Nel corso dell’assalto U Thilavantha, un monaco di 35 anni, fu picchiato selvaggiamente ed e’ poi morto in carcere. Di seguito, la testimonianza rilasciata ad Amnesty da uno dei sopravvissuti. “Intorno alle 5 del pomeriggio del 25 settembre le autorita’ hanno tagliato le linee telefoniche. Poco dopo le 9 di sera hanno sfondato l’ingresso principale del monastero con i carri armati, come se avessero circondato e stessero assalendo un obiettivo nemico. Alcuni soldati si sono appostati fuori dall’edificio, altri hanno fatto irruzione all’interno.
Non c’erano solo i militari. Ad aiutarli c’erano i poliziotti e i membri di ‘Swan Arrshin’ e dell’Usda (formazioni paramilitari filo-governative, ndr). Hanno cominciato a picchiare i monaci. Appena ne incrociavano uno lo pestavano. Ci hanno ordinato di metterci contro il muro, percuotendo chi non obbediva”. “Diciotto di noi sono riusciti a fuggire attraverso il tetto del monastero, e a nascondersi nei dintorni. Solo la mattina dopo abbiamo avuto il coraggio di rientrare. I militari avevano abbandonato l’edificio, ma sentivamo ancora dei rumori venire dall’interno. Quando siamo entrati, abbiamo visto la devastazione: porte rotte, sangue sui pavimenti.
I monaci che non erano stati portati via si erano riuniti al secondo piano. Io ho continuato a girare: c’era distruzione ovunque. Poi ho saputo che uno dei monaci arrestati era morto per i pestaggi subiti durante l’interrogatorio. Lo abbiamo saputo il 27 o il 28 settembre, non ricordo il giorno esatto”.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.