Elezioni europee
Next Gen, non sia solo uno slogan
Dal 20 maggio a Roma ci sarà lo Youth 7, il G7 dei giovani: a tema la loro volontà di essere protagonisti. Quella della partecipazione dei ragazzi è una delle sfide cruciali anche per l'Europa che ci apprestiamo a votare. Le parole chiave? Youth Check e valutazione d'impatto generazionale. Ma cosa sono? E a cosa servono? Il punto
Più di trecento giovani di tutto il mondo stanno per arrivare a Roma per partecipare allo Youth 7 (Y7) Italia, l’engagement group ufficiale del G7. L’appuntamento è dal 20 al 24 maggio e i giovani provenienti da 10 Paesi diversi si confronteranno con le istituzioni, i rappresentanti delle organizzazioni internazionali e i manager di diverse aziende sui temi caldi dell’agenda al G7: sostenibilità ambientale e cambiamento climatico; innovazione e trasformazione digitale; new skills, imprenditorialità e futuro del lavoro; inclusione e pari opportunità sono i temi che più stanno a cuore ai giovani. Alberta Pelino, presidente della Young Ambassadors Society, l’ente che ha organizzato l’evento, ha affermato che «i giovani possono e devono dare un contributo importante, vogliamo essere i protagonisti del futuro che stiamo costruendo oggi».
Partecipazione, imperativo presente
«We are the present, not the future. We are here», c’è scritto in calce al documento Our rights, our future. The Europe We Want. La frase citata è di Valentina, 15 anni, una ragazza croata. Il report è stato redatto in vista delle elezioni europee del giugno 2024 e contiene le priorità dei bambini e dei ragazzi europei fra i 10 e i 18 anni, raccolte fra 9.200 ragazzi da 26 paesi, in un progetto di ChildFund Alliance, Eurochild, Save the Children, SOS Villaggi dei Bambini e Unicef. «Cari adulti, cari decision makers, le bambine e i bambini dell’Unione Europea hanno qualcosa da dirvi»: si parla di istruzione, clima, salute mentale… Con il 68% dei bambini che ritiene che i politici abbiano priorità diverse dalle loro: uno scollamento enorme. «Tutte le nostre raccomandazioni sono accomunate da un tema comune», dicono infatti, «coinvolgere bambini e giovani nel processo decisionale che determina la loro vita e il loro futuro».
Tutte le nostre raccomandazioni sono accomunate da un tema comune: coinvolgere bambini e giovani nel processo decisionale che determina la loro vita e il loro futuro. We are the present, not the future. We are here
I bambini e le bambine europei, nel documento “Our rights, our future. The Europe We Want“
La prima azione su cui il prossimo Parlamento e la prossima Commissione dovranno impegnarsi è questa, la partecipazione. Ossia garantire a bambini, ragazzi e giovani una partecipazione maggiore, sostanziale e non formale, ai processi decisionali. Tutti. All’indomani della Cop28 di Dubai per esempio, a cui hanno partecipato un centinaio di ragazzi – la delegazione più numerosa di sempre – adolescenti e giovani hanno avanzato la richiesta di essere presenti nelle delegazioni ufficiali e non solo negli eventi collaterali, per contare là dove si discutono gli accordi (ne abbiamo scritto qui). Uno sguardo necessario, dato che oggi, guardando gli investimenti dei quattro principali fondi di finanza climatica, solo il 2,4% usa la lente dei bambini.
Non è retorica né teoria: è un cambio di mindset che va ad impattare su tutti gli ambiti. Non è più il tempo di una partecipazione una tantum, serve un salto di qualità: from voice to choice.
La mia voce conta
#VoteforChildren, una coalizione di organizzazioni europee impegnate sull’infanzia, ha promosso anche un Manifesto in sette punti, che verrà consegnato a tutti i candidati. Chiede che la lotta alla povertà infantile e familiare rimanga una priorità politica per il Parlamento europeo, sostenendo l’attuazione, il monitoraggio e la valutazione della Garanzia infanzia; l’introduzione di una valutazione dell’impatto sui diritti dell’infanzia per ogni nuova proposta legislativa; la possibilità di tracciare e monitorare con chiarezza le spese relative ai diritti dell’infanzia, sia in Europa sia nei paesi membri. Tutti punti prioritari. Ma anche qui c’è la richiesta di investire tempo e risorse sulla partecipazione e – nello specifico – che il prossimo Parlamento europeo, per definire le sue politiche, utilizzi in modo sistematico la nuovissima piattaforma di partecipazione dei bambini dell’Ue.
Nel 2023, infatti, la Commissione europea ha lanciato la Eu Children’s Participation Platform, connessa alla Eu Strategy on the Rights of the Child: uno spazio sicuro dove i bambini e gli adolescenti possono dire la loro sulle leggi e le politiche che li riguardano. La prima consultazione (maggio-ottobre 2023) ha chiesto ai bambini cosa potrebbero fare gli adulti per aiutarli a sentirsi sicuri. La seconda, chiusa il 30 aprile 2024, ha messo a tema la democrazia e la partecipazione. Il 26 e 27 giugno scorsi poi la Commissione europea ha fatto la storia, organizzando una prima Assemblea generale co-creata e co-presieduta da bambini e adolescenti europei: hanno partecipato anche quattro italiani dei 60 membri della Consulta dei ragazzi e delle ragazze dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza-Agia. «I nostri ragazzi hanno scelto di partecipare al workshop sulla povertà infantile e hanno contribuito a scrivere delle raccomandazioni. Tre di loro stanno lavorando al progetto per la creazione di un nuovo sito web per la piattaforma europea», spiega Carla Garlatti, la Garante.
Sulla partecipazione dei bambini e delle bambine l’Europa si è mossa da qualche tempo e con decisione: «Tutte le ultime strategie sono partecipate, penso per esempio alla garanzia europea per l’infanzia del 2021, a quella per un’internet migliore del 2022 o alla nuova strategia per i diritti dell’infanzia 2022-2027. Anche in Italia però qualcosa si sta muovendo», sottolinea la Garante, che proprio a febbraio 2024 ha lanciato una piattaforma per la consultazione e il Consiglio nazionale delle ragazze e dei ragazzi, due strumenti che si affiancano alla Consulta attiva fin dal 2018.
Dalla partecipazione allo Youth Check
Il Piano Infanzia attualmente in vigore (è stato approvato nel 2021 e ha per sottotitolo Educazione, equità, empowerment), ha visto per prima volta il coinvolgimento di bambini e ragazzi nel processo di elaborazione del Piano stesso. Nel 2022 sono state approvato le Linee guida per la partecipazione di bambine e bambini e ragazze e ragazzi. Proprio sulla spinta della Child Guarantee, la strategia europea per prevenire e combattere la povertà e l’esclusione sociale dei bambini e degli adolescenti, anche in Italia è nato lo Youth Advisory Board, che comprende anche minori appartenenti ai gruppi più vulnerabili e che ha contribuito a definire il nostro piano d’azione nazionale per l’attuazione della Garanzia Infanzia. Anche DesTEENazioni – il bando da 250 milioni di euro per la realizzazione di sessanta centri aggregativi per adolescenti, appena presentato dal Governo e finanziato con la Garanzia Infanzia – è stato costruito insieme ai ragazzi.
«Ascolto e partecipazione sono temi centrali del mio mandato e dal 2021 chiedo che venga inserito nel nostro ordinamento un sistema di partecipazione a tutti i livelli, dal Comune allo Stato, affinché l’opinione dei giovanissimi sia sempre raccolta, quando vengono assunte decisioni che li riguardano. Non possiamo lamentarci della loro bassa partecipazione al voto, se fino al giorno prima da questa collettività democratica li abbiamo esclusi», sottolinea Garlatti.
Non possiamo lamentarci della bassa partecipazione al voto dei giovanissimi, se fino al giorno prima da questa collettività democratica li abbiamo esclusi
Carla Garlatti, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza
Il prossimo step? L’introduzione della valutazione d’impatto generazionale e dello Youth Check. «In Europa molti Paesi già hanno o stanno introducendo processi di Child Rights Impact Assessment-Cria e Child Rights Impact Evaluation-Crie, per una valutazione ex ante ed ex post dell’impatto su bambini e giovani di leggi, politiche, programmi e servizi. La rete europea dei garanti per l’infanzia e l’adolescenza lo chiede dal 2021. Finalmente anche in Italia si inizia a parlarne».
Perdere la ownership
All’indomani della pandemia da Covid-19, Ursula von der Leyen proclamò il 2022 Anno europeo della gioventù: un tributo alla resilienza dimostrata e l’invito a plasmare l’Europa del futuro. Lo slogan scelto fu “Voice your Vision”. Il 10 gennaio 2024 la Commissione Europea ha approvato una comunicazione che traccia il bilancio di quell’anno e scrive nero su bianco l’impegno a «introdurre lo Youth Check», per «garantire che gli effetti delle politiche dell’Ue sui giovani siano sistematicamente presi in considerazione al momento dell’elaborazione delle politiche». Un impegno che ora sarà la nuova Commissione a dover attuare. L’Italia, dal canto suo, nel decreto Semplificazioni approvato dal Consiglio dei Ministri del 5 dicembre 2023, ha previsto l’introduzione di una “valutazione d’impatto generazionale” di tutte le sue leggi.
«Approcci di valutazione ex ante delle politiche giovanili sono stati introdotti in alcuni paesi europei già a metà degli anni Duemila, fino ad arrivare all’esperienza tedesca del 2017, particolarmente interessante per la sua architettura fortemente collegata al processo legislativo», racconta Federico Mento, direttore di Ashoka Italia. «Lo Youth Check è uno degli strumenti possibili per il coinvolgimento delle giovani generazioni nella vita pubblica, un altro strumento interessante è quello che lavora sull’allocazione dei budget. Oggi molte politiche pubbliche hanno il problema della irrilevanza rispetto al target, abbiamo cioè spesso politiche che nonostante l’intenzione e le risorse stanziate non raggiungono l’obiettivo. Perché? Evidentemente perché quella politica non è stata disegnata in maniera adeguata. Il coinvolgimento dei giovani nel disegno delle politiche, fin dall’inizio, è una chiave importante per realizzare politiche rilevanti. Serve un cambio di prospettiva: non si tratta tanto di fare “consultazioni” dei giovani, ma di esser disponibili a “perdere la ownership” del processo. Questo è dirimente».
Oggi molte politiche pubbliche nonostante l’intenzione e le risorse stanziate non raggiungono l’obiettivo. Il coinvolgimento dei giovani nel disegno delle politiche è importante per realizzare politiche rilevanti
Federico Mento, direttore di Ashoka Italia
Che cosa sono la valutazione di impatto generazionale e lo Youth Check
Il “papà” della valutazione di impatto generazionale in Italia è Luciano Monti, docente di Politica dell’Unione europea all’Università Luiss e direttore dell’Osservatorio Politiche giovanili della Fondazione Bruno Visentini. Nel giugno 2021 il governo Draghi lo chiamò a coordinare il Comitato per la Valutazione dell’Impatto Generazionale delle politiche pubbliche, che un anno dopo ha adottato le Linee Guida per la valutazione dell’impatto generazionale delle politiche pubbliche. Monti è stato anche advisor del Cese per la stesura del parere “Cooperazione nel settore della gioventù – SOC/759” approvato il 15 giugno 2023 (relatrice ancora un’italiana, Nicoletta Merlo), dove si legge che «il Cese ritiene essenziale che tutte le leggi, gli atti aventi forza di legge, le politiche, le strategie, i programmi, le misure e gli investimenti pubblici degli Stati membri siano sottoposti a una consultazione per accertare l’impatto dell’Ue sui giovani e ad una valutazione d’impatto». Monti sottolinea come dello Youth Check ci sia bisogno «in tutti i paesi» e a «tutti i livelli», dallo Stato al livello locale, per esempio per il documento unico di programmazione del Comune. Nel documento del Cese si fa anche «un passo avanti operativo», perché si chiarisce che non ha senso fare una valutazione su tutte le norme: «Ci sono misure intenzionalmente generazionale, misure evidentemente antigenerazionali e misure neutre. La proposta è quella di concentrarci sulle potenzialmente generazionali: la valutazione d’impatto generazionale nella mia testa deve diventare come la valutazione d’impatto ambientale, una garanzia del fatto che le azioni non rechino danno ai giovani. Il punto è individuare quali sono le misure potenzialmente generazionali da attenzionare».
Parma e Bologna, prime in Europa
La metodologia che Monti ha messo a punto con la Fondazione Bruno Visentini, la prima realtà in Italia a dedicarsi alla misura del divario generazionale, ha trovato la sua prima declinazione a Parma: «Parma è la prima realtà non solo in Europa ma anche in ambito Ocse ad applicare lo Youth Check a livello di ente locale. Bologna farà lo stesso a breve. I giovani sono chiamati non solo a collaborare nel valutare le norme adottate, ma a contribuire a scriverle. Gran parte della sfida sta nell’individuare indicatori di risultato, non meramente di spesa: la Vig infatti si basa sulla disponibilità di dati di outcome, ma in Italia ancora non ne abbiamo molti», spiega il professore. Quanto al livello statale e alla Vig prevista dal decreto Semplificazioni, Monti auspica che «nel dibattito parlamentare si chiarisca che la Vig deve preoccuparsi non solo delle generazioni future ma anche delle attuali giovani generazioni. L’intensità delle difficoltà che i giovani già oggi devono superare per aprire le tre porte della vita – casa, lavoro, possibilità di una genitorialità responsabile – sono infatti enormi: se nel 2006 il divario generazionale era “un muro” alto 1 metro, nella pandemia quel muro è diventato alto 1,44 m e oggi è 1,33 m».
Il coinvolgimento è parte della soluzione
Per Maria Cristina Pisani, presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani, «l’introduzione della valutazione d’impatto generazionale in Italia può essere una novità importante. I criteri di valutazione della VIG non devono guardare però solo al criterio dell’efficienza, ma rispondere soprattutto al criterio di rilevanza, anche sull’esempio delle esperienze degli altri Paesi europei e dell’impegno annunciato anche dalla Commissione Europea, qualche settimana fa, sulla implementazione dello Youth Check. In Austria, ad esempio, tutte le nuove proposte legislative e regolamentari sono valutate per le potenziali conseguenze sulle nuove generazioni attraverso il coinvolgimento del Consiglio nazionale dei giovani austriaco, in rappresentanza anche delle organizzazioni giovanili». Sono le vulnerabilità strutturali del contesto in cui i giovani si trovano a lottare per la propria emancipazione, che rendono necessario questo strumento: una leva «anche per recuperare fiducia nel futuro. L’ascolto e l’attenzione verso i bisogni giovanili è proprio il primo necessario passo per ricostruire la fiducia delle giovani generazioni nei confronti delle istituzioni», sottolinea Pisani.
Se i problemi dei giovani rimangono significa che per affrontarli serve un approccio che vada oltre il contributo tecnico: serve il coinvolgimento giovanile. Questo approccio è fondamentale per affrontare efficacemente le sfide attuali
Maria Cristina Pisani
«Anche per questo ritengo che serva un approccio complessivo, che vada di pari passo con la Legge quadro per le politiche giovanili: quando abbiamo iniziato a lavorarci, assieme al ministro Abodi, l’abbiamo concepita come uno strumento utile a comprendere ed affrontare le criticità vissute da questa generazione e a definire strategie di intervento misurate e pluriennali». Il fatto che queste criticità permangono, pur essendo state oggetto di attenzione economica – basti pensare ai Neet – rende evidente la «mancanza di una valutazione e monitoraggio delle politiche che hanno impatto diretto e indiretto sulle giovani generazioni», dice Pisani. Se i problemi dei giovani rimangono significa che per affrontarli «serve un approccio che vada oltre il contributo tecnico: serve il coinvolgimento giovanile. Questo approccio è fondamentale per affrontare efficacemente le sfide attuali».
Abbiamo dedicato il numero di VITA magazine “L’Europa da rifare” ai più rilevanti temi sociali da approfondire in vista delle elezioni europee del prossimo giugno. Uno dei capitoli è dedicato ai più giovani, con le sei sfide perché “Next Gen” non sia solo uno slogan. Se sei abbonata o abbonato a VITA puoi leggerlo subito da qui. E grazie per il supporto che ci dai. Se vuoi leggere il magazine, ricevere i prossimi numeri e accedere a contenuti e funzionalità dedicate, abbonati qui.
Foto Claudio Furlan / Lapresse
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.