Non profit
Nidi, non profit low cost
infanzia In Liguria le strutture gestite dal privato costano il 46% in meno delle comunali
di Redazione
7.399 euro per posto bambino contro 13.760.
«Il contratto di lavoro
delle cooperative sociali consente una gestione
più efficiente e flessibile
degli orari», spiega
Laura Fiaschi, vicepresidente del
consorzio Pan I l giudizio finale non c’è. E non perché manchino gli elementi per pronunciarlo. Spetta agli enti locali, osservano infatti i relatori nelle conclusioni, scegliere la modalità di gestione più conveniente per gli asili nido comunali. Un’idea, tuttavia, i magistrati contabili della sezione regionale della Corte dei conti se la saranno fatta. Come chiunque, del resto, dia un’occhiata al rapporto e ai prospetti che hanno elaborato. In Liguria, infatti, gli asili nido comunali gestiti in proprio dai Comuni costano quasi il doppio di quelli affidati alle organizzazioni private. Ogni posto-bambino, per l’esattezza, costa 13.760 euro. Contro i 7.399 dei nidi del terzo settore e i 10.877 delle strutture miste, gestite cioè in parte dai Comuni e in parte da terzi fornitori di servizi (la mensa, ad esempio, le pulizie o anche gli educatori). In tutto 39 strutture così gestite: 9 in proprio dagli enti locali, 25 con modalità mista, 5 in toto da terzi. L’indagine riguarda gli anni scolastici dal 2003 al 2006. E riserva non poche sorprese.
Rapporto educatori-bambini
Il primo indicatore preso a riferimento è il rapporto fra educatori e bambini. Nei nidi amministrati direttamente dalle municipalità ci sono 4,5 bambini per educatore, in quelli misti 4,6, nelle strutture affidate ai privati invece 5,9. Numeri, ad ogni modo, al di sotto della soglia massima (6 bambini) fissata dalla Regione. «Il contratto di lavoro del pubblico impiego è più rigido di quello delle cooperative sociali e determina una minor flessibilità ed efficienza nella gestione dell’orario. Questo costringe le amministrazioni a utilizzare più personale di quanto ne usi il terzo settore», spiega Claudia Fiaschi , presidente di Cgm e vicepresidente del Consorzio Pan, il network nazionale di servizi per l’infanzia (280 affiliati) realizzato da Banca Intesa, Cgm, Federazione dell’impresa sociale di Compagnia delle Opere e il Consorzio Drom di Legacoop. Il contratto, più flessibile, è anche meno remunerato di quello pubblico. Da qui i costi più contenuti degli asili gestiti da terzi. Il personale delle cooperative sociali, tuttavia, fa meno assenze (93,9% di presenza in servizio) rispetto a quello comunale (88,8%).
La Corte, inoltre, esamina la spesa per la mensa e le pulizie. Pur non indicando dati disaggregati per le tre modalità di gestione (propria, mista, di terzi) fornisce comunque dei numeri interessanti. Il pasto, ad esempio, costa 9 euro se gestito dal Comune, 7 se esternalizzato (in tutto o in parte). Le pulizie, invece, 191 euro a metro quadro se effettuate con personale proprio, 127 se date in appalto.
Sullo sfondo gli obiettivi di Lisbona
Altro capitolo interessante: l’aggiornamento del personale: 26 ore all’anno negli asili comunali, 31 in quelli a gestione mista, 38 nelle strutture affidate a privati. Un dato, quest’ultimo, che i magistrati mettono in relazione con «l’esigenza di colmare un presunto gap professionale degli educatori “esterni” rispetto a quelli del Comune». L’opinione è condivisa solo in parte da Fiaschi. «Credo che il personale del terzo settore sconti, più che un gap di competenze, un gap di esperienza personale. Mentre nei nidi comunali operano donne anche cinquantenni che lavorano da più tempo e che hanno vissuto l’esperienza della maternità, nel privato sociale opera invece personale che ha 25-30 anni e che spesso non ha avuto ancora figli». Infine, le rette. Ammontano a 1.286 euro annui negli asili gestiti in proprio, 1.594 in quelli affidati a privati, 1.689 dove cooperano Comuni e terzi. Una disomogeneità nella compartecipazione ai costi che la Corte commenta così. «Appare sorprendente che l’importo medio della retta e la percentuale di compartecipazione alla spesa risultino tendenzialmente inferiori proprio per quegli asili che hanno costi maggiori». Cioè quelli gestiti direttamente dai Comuni. Gli asili affidati al terzo settore, dunque, come strategia per ridurre i costi e raddoppiare l’offerta in vista della copertura del 33% del servizio fissata dalla strategia di Lisbona? I magistrati non si sbilanciano. Fanno notare, tuttavia, che le diverse modalità di gestione dipendono anche da situazioni di fatto «che risultano difficilmente modificabili». La presenza, cioè, di personale comunale di ruolo. Che non può essere certo mandato a casa.
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