Welfare

Niente fiocchi blu, grazie. I bambini con disabilità e il coronavirus

L'abilità segue a Milano 200 bambini con disabilità, di cui molti con autismo. Il carico della cura di un bambino con disabilità oggi è tutto sulle famiglie: «Non diamo “compiti” da fare a casa, al centro c’è la linea telefonica aperta con i genitori, per la consulenza pedagogica e l’ascolto, per monitorare il benessere di tutta la famiglia», dice il direttore. «Oggi il primum è la protezione della vita, ma per le persone con disabilità questo non può essere fatto con le stesse strategie del resto della popolazione. Al tavolo dell'emergenza doveva sedersi anche chi si occupa di welfare»

di Sara De Carli

Niente fiocco blu, grazie. Carlo Riva, direttore di L’abilità, commenta così la proposta circolata nei giorni scorsi di mettere un fiocco blu al braccio delle persone autistiche e dei loro accompagnatori, per palesare a tutti la loro necessità di uscire di casa e fare qualche passo. «Il nastro blu ha ragione di essere al pari del fiocco rosa per il tumore al seno o di quello rosso per la lotta all’Aids se ce lo appuntiamo tutti al petto come simbolo della lotta per i diritti delle persone con disturbo dello spettro autistico, affinché abbiano il rispetto dei loro diritti e della loro dignità. Diverso è il fiocco inteso come qualcosa che marchia, segna e distingue dalle alle altre persone». L’abilità è un’associazione nata nel 1998 a Milano per progettare e gestire servizi innovativi con al centro il bambino con disabilità, il suo benessere e la sua famiglia, promuovendo il diritto al gioco e una nuova cultura della disabilità e dell’inclusione. Seguono 200 bambini fra gli 0 e i 10 anni, di cui molti con autismo.

«I decreti ministeriali e i documenti di Regione Lombardia hanno avuto il riconoscimento per il loro bisogno di poter uscire di casa, questo va detto. Hanno la necessità di uscire e vivere il territorio, perché la loro vita è connotata da routine, da un’agenda rigida e la rottura dell’agenda – ossia della routine costruita – può provocare comportamenti-problema come un maggiore isolamento, autoaggressività o eteroaggressività o iperattività… permettere di uscire e rivivere il contesto territoriale fa star bene. Nella Giornata mondiale per la consapevolezza sull'autismo ricordiamoci che la vita di queste persone ha bisogni particolari, che si sono manifestati con forza in occasione di questa emergenza che ha limitato ciò che è necessario per loro buona inclusione. Quei bisogni resteranno anche passata l’emergenza».

A causa dell’emergenza sanitaria in atto, L’abilità è stata costretta a chiudere 6 dei suoi servizi, interrompendo così un importante supporto con un impatto grandissimo sui progetti educativi dei bambini, con una perdita di oltre 2.500 ore di attività educativa diretta sui singoli bambini, solo fino al 3 aprile. Tutto il personale educativo si è messo al lavoro per scoprire nuove modalità di interagire a distanza con le famiglie: il Centro Agenda Blu, servizio educativo dedicato ai bambini con disturbo dello spettro autistico, fornisce supporto telefonico h24 alle famiglie per sostenerle nelle situazioni di criticità e dare consigli rispetto a possibili attività educative da svolgere a casa; lo staff del Centro diurno disabili, L’officina delle abilità, invia ai genitori le attività da svolgere in casa; lo staff educativo dello Spazio Gioco offre consulenze pedagogiche ai genitori che lo richiedono e stanno inviando manuali che con giochi e suggerimenti, perché il gioco è un’esperienza vitale per tutti i bambini. Continuano anche a distanza i colloqui con la psicologa del servizio Spazio famiglie, aperto per l’occasione anche a famiglie non iscritte all’associazione. Non si è mai fermato invece il lavoro della comunità “La casa di L’abilità”, dove risiedono bambini con gravissima disabilità.

Abbiamo cercato subito di attivare qualcosa che potesse salvaguardare la relazione fra il bambino e il suo educatore, seppure in maniera indiretta. A dispetto di quel che si sente dire in questi giorni, per i bambini con disabilità una educativa a distanza è molto difficile, sia per i contenuti, sia per la relazione sia per la comunicazione stessa

Carlo Riva

«Abbiamo cercato subito di attivare qualcosa che potesse salvaguardare la relazione fra il bambino e il suo educatore, seppure in maniera indiretta», spiega Riva. «È stato molto faticoso perché a dispetto di quel che si sente dire in questi giorni, per i bambini con disabilità una educativa a distanza è molto difficile, sia per i contenuti, sia per la relazione sia per la comunicazione stessa. Con un bambino con una sindrome dello spettro autistico è difficile perché spesso non riesce ad attivarsi vedendo qualcuno a video, oppure uno con disabilità intellettiva che non ha i tempi di concentrazione adeguati, uno con tetraparesi spastica ha bisogno di vicinanza corporea. Ma pensiamo ai contenuti: progetti educativi sul tema dell’autonomia, del favorire una comunicazione efficace, per diminuire i comportamenti-problema…».

La strada scelta da L’abilità è quella della «triangolazione costante con il genitore e del monitoraggio costante del benessere della famiglia. Non diamo “compiti” da fare a casa, per ricalibrare a casa quel che facciamo. Si tratta di pensare attivitòà ad hoc per ogni singolo bambino, aggiornandole nel tempo in base ai tempi, alle capacità emotive, alla tenuta dei genitori e del bambino stesso. Per questo al centro c’è la linea telefonica aperta fra il genitore e i nostri coordinatori, per la consulenza pedagogica e l’ascolto: si può dire che c’è una relazione quotidiana, al massimo ogni 2 o 3 giorni. Ancor di più questo vale per le persone con autismo, con le difficoltà che comporta l’accettazione di una routine che cambia».

Fra le iniziative realizzate da L’abilità c’è anche “The Right Box”, una scatola di giochi composta ad hoc per ciascun bambino, che stanno inviando a domicilio. «L’abilità lotta da sempre per il diritto al gioco dei bambini con disabilità, questo diritto va salvaguardato anche in questo tempo di emergenza in cui un po’ tutti identifichiamo i beni di prima necessità: per noi uno di questi è il gioco». The Right Box è una scatola studiata per ciascun bambino, che contiene giochi, libri di lettura e materiale didattico appositamente preparato dalla équipe pedagogica di L’abilità. Le scatole vengono consegnate da una rete di volontari già allertati per la consegna di beni di prima necessità come alimenti e farmaci: 40 sono già arrivate a destinazione, ma l’obiettivo è di consegnarle a tutti i 200 bambini che frequentano i servizi di L’abilità, in questo momento sospesi.

Oggi la cura è a 360 gradi, non c’è più alcun tempo per sé, è evidentemente un sovraccarico fisico e di pensiero. Per questo abbiamo attivato una linea con la nostra psicologa, che attraverso il telefono o skype fa colloqui di sostegno psicologico o psicoeducativo. È aperta anche a non soci

Come stanno vivendo le famiglie di bambini con disabilità questi giorni? «I genitori sono prima di tutto preoccupati che loro figlio si ammali: quando c’è una disabilitò complessa e grave, spesso si hanno compromissioni a livello deglutizione, respirazione… la prima preoccupazione è questa. La seconda è che questo tempo non intralci la crescita e lo sviluppo psicomotorio del bambino, che non sia l’interruzione di percorsi tanto faticosamente avviati. Le difficoltà arrivano dalle famiglie con bambini autistici, da quelle in smart working che devono lavorare e contemporaneamente gestire il bambino in una stimolazione che prima facevano altri e i genitori che lavorano fuori, magari nel sociosanitario, con la paura di portare a casa il virus e di far ammalare tutti», risponde Riva. Il carico in effetti ora è tutto sulle famiglie: il tempo della scuola, del progetto educativo, di quello riabilitativo, oltre che tempo di cura per il bambino con disabilità sono infatti momenti di sollievo per il resto della famiglia, dal punto di vista mentale, emotivo, fisico. «Un tempo per risollevarsi dalla cura continua, banalmente lavorando, curando la casa, gli altri fratelli, dedicandosi a sé… Oggi invece la cura è a 360 gradi, non c’è più alcun tempo per sé, è evidentemente un sovraccarico fisico e di pensiero. Per questo abbiamo attivato una linea con la nostra psicologa, che attraverso il telefono o skype fa colloqui di sostegno psicologico o psicoeducativo. È aperto anche a non soci, a tutte le famiglie di bambini con disabilità che sentono la necessità di un confronto con una persona competente. Al momento non abbiamo avuto segnalazioni di grosse crisi, ma i dati possono cambiare col tempo, innanzitutto in base alla tenuta del bambini, poi perché la crisi data dal sommarsi delle fatiche e soprattutto del non riuscire a vedere la fine dell’emergenza… Quindi – tornando all’inizio – Il tema non è tanto di inviare materiale a casa, per non stare senza far nulla ma quello di monitorare costantemente l’andamento del benessere di tutto il nucleo familiare».

Il tema fondamentale – per Riva è che «quando il ministro della salute, dell’economia e la Protezione civile si siedono attorno a un tavolo per organizzare l’emergenza, lì deve sedersi anche chi si occupa di welfare e disabilità, perché se è vero che oggi il primum è la protezione della vita, questa cosa per le persone con disabilità non può essere fatta con le stesse modalità e strategie del resto della popolazione. Non dico che serva un corridoio preferenziale, ma uno specifico, che riconosca che loro hanno bisogni specifici, perché ogni persona ha sua condizione particolare che richiede risposte particolari. Tutto questo invece è stato lasciato in sospeso».

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