Non profit
NIGERIA. “Calma apparente” dopo le violenze
La testimonianza di un cooperante di Apurimac
di Redazione
«La situazione a Jos è attualmente tornata sotto controllo, grazie al massiccio impiego delle forze armate. L’esercito è nelle strade, i check-point sono molto numerosi e presenti in ogni zona della città. Il coprifuoco di 14 ore (6 pm – 8 am) è stato operativo almeno fino a domenica 7 dicembre. La vita continua lentamente a riprendere, con il suo caos che si trascina dietro. Riaprono le attività commerciali, le banche, riprende quel mercato edilizio che anche in questo angolo del mondo ha vissuto il suo boom. Sembra che la città sia tornata alla calma precedente agli scontri. Ma la calma è solo apparente». Lo scrive un cooperante italiano di Apurimac Onlus, Leonello Fani, da Jos, capitale dello Stato di Plateau, che è stata teatro di violenze tra le due comunità, cristiana e musulmana, che si disputano la vittoria delle elezioni. Anche se l’Arcivescovo di Abuja, monsignor John Onaikeyan, ha sottolineato in una lettera che gli atti di violenza tra cristiani e musulmani, «non sono dovuti a motivi religiosi ma a interessi politici.
«Si continuano a contare i morti che hanno colpito tutte le etnie, le religioni e le forze politiche della città» continua Fani. «Un giornale locale apriva l’edizione di ieri con un titolo emblematico: abbiamo perso tutti. La spiegazione di ciò sta nei numeri: oltre 2 miliardi di naira (12,5 milioni di euro) di danni, un’economia devastata, una città che si vede piantata addosso semi di odio difficili da sradicare. I principali luoghi di aggregazione sono stati dati alle fiamme: oltre alle chiese e alle moschee, anche il mercato cittadino è stato distrutto, lasciando almeno 500 persone senza più niente in mano».
«Si è arrivati a quasi 600 vittime, un numero imprecisato di feriti e di sfollati, quelli costretti a lasciare la propria casa a causa degli scontri».
«Abbiamo perso tutti» continua il cooperante di Apurimac «le tre principali etnie contano i loro morti. Specie la Yoruba, che si divide storicamente tra musulmani e cristiani, si è vista attaccata su due fronti. Ma anche gli Hausa, a maggioranza musulmana, e gli Ibo, storicamente cristiani, piangono l’inutilità di quel che è accaduto. Gli scontri di Jos si sono trasformate in rese dei conti che affondano le proprie radici nel risentimento etnico, ingrediente essenziale al potente soffio che la politica spinge sul fuoco del conflitto. Abbiamo perso tutti: le comunità religiose presenti in città affrontano i loro fallimenti. I luoghi di preghiera si sono trasformati in serbatoi di uomini pronti alla battaglia, dimentichi del sacro del monoteismo che dichiarano di avere nel cuore. Ancora una volta, il vero Dio, il solo che spinge l’umanità ad agire, si incarna nell’avidità del potere e fa innalzare grida di vendetta contro chi vuole parte della ricchezza altrui».
«Ha perso e perderà chi rimane in silenzio, chi non proverà vergogna di quanto poteva essere fatto in precedenza e non è stato fatto» sottolinea Fani. «Oggi più che mai il lavoro che viene richiesto a Jos è quello lento e meticoloso per la ricostruzione di un tessuto di dialogo reciso in profondità. Questa diviene la priorità assoluta e la base per ogni azione futura. In altri posti del mondo e in altri paesi d’Africa, l’aver sottovalutato la portata di certi episodi ha condotto dritti, senza appello, al genocidio».
Apurimac in Nigeria
Apurimac, la Onlus dei missionari agostiniani, ha lanciato una raccolta fondi. «I fondi raccolti raggiungeranno indistintamente tutti i gruppi colpiti. Piccole distribuzioni dell’essenziale stanno già avendo luogo da parte agostiniana. Non si fa distinzione tra cristiani ed altri». Per info clicca QUI
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